Doctor Brzezinski waging war against the Russians, Kyber Pass, Pakistan, a few kilometres from the Afghan border on February 3rd,1980. What happened there was reported byThe Washington Post, February 4th 1980.
Foto: www.globalresearch.ca
Mike Whitney scrive che Brzezinski rinuncia all’impero americano perché con l’articolo “Toward a Global Realignment”(Verso un nuovo allineamento) “ha fatto una rapida svolta a U e ha abbandonato il piano egemonico degli Stati Uniti”. E aggiunge: “Purtroppo, è improbabile che l’approccio più cauto di Brzezinski sarà seguito dal candidato presidenziale favorito Hillary Clinton, che è una convinta sostenitrice dell’espansione imperiale attraverso la forza delle armi.” “…la Clinton è ancora completamente impegnata ad ampliare l’egemonia degli Stati Uniti in tutta l’Asia. Non capisce i rischi che ciò comporta per il paese o per il mondo. E’ intenzionata a continuare con gli interventi fino a quando il titano combattente Stati Uniti si immobilizzerà di colpo, cosa che, a giudicare dalla sua retorica iperbolica, accadrà probabilmente dopo un po’ di tempo durante il suo primo mandato.”(1)
Si può consentire sulla pericolosità della posizione della Clinton, espressione, neppure tanto politicamente mediata, del complesso industriale militare; porta avanti il vecchio progetto imperiale non aggiornato, e, se la classe dirigente non le porrà le briglie, creerà una situazione pericolosissima, per l’America e per il mondo. Ma non esiste alcuna conversione a U di Brzezinski. Si tratta di un cambiamento tattico e non strategico, di un raggiustamento del vecchio progetto di dominio, adattato a una situazione in cui la potenza USA non è più incontrastata, e tendente a soggiogare, nell’immediato, il Medio Oriente e i paesi in via di sviluppo, a mantenere sotto controllo l’Europa vassalla, a dividere Russia e Cina facendo riemergere vecchie rivalità, cercando così di contenere il relativo declino americano. Certo, non si esprime più con la brutalità di un tempo, come nel passo delle “Grande Scacchiera” (1997), che Whitney cita “ Per dirla in una terminologia che richiama l’età più brutale degli antichi imperi, i tre grandi imperativi della geostrategia imperiale sono di prevenire la collusione e mantenere la dipendenza sulla difesa tra i vassalli, tenere i tributari docili e protetti, e impedire che i barbari si uniscano”(p.40). Paesi tributari, nella versione attuale, sono quelli costretti a comprare materiale bellico, come gli F 35, per niente sicuri e utilizzabili solo contro paesi mal armati, e in senso più generale, tutti coloro che permutano beni reali ricevendo in cambio biglietti verdi dal valore intrinseco uguale a zero. Il crollo del dollaro sarà la più grande bancarotta fraudolenta di tutti i tempi.
Brzezinski ha cambiato il linguaggio, non chiama più gli europei vassalli, ha fatto passi avanti nell’ipocrisia, pur senza raggiungere i vertici di virtuosismo di Obama. Ma non ci caschiamo. Se B. meno di 20 anni fa ci chiamava vassalli, non è credibile se oggi ci chiama alleati. E, se leggiamo bene il suo progetto, sotto le espressioni più caute, si cela la vecchia arroganza imperiale.
Il vecchio piano egemonico non è stato cestinato, ma solo aggiornato.
Brzezinski comincia con un tono biblico ed espone 5 verità: “”Mentre finisce la loro epoca di dominio globale, gli Stati Uniti devono prendere l’iniziativa per riallineare l’architettura del potere globale.”
Pone cinque verità fondamentali:
La prima di queste verità è che gli Stati Uniti sono ancora l’entità politicamente, economicamente e militarmente più potente del mondo, ma, dati i complessi cambiamenti geopolitici negli equilibri regionali, non sono più la potenza imperiale globale.” (Towards a Global Realignment, Zbigniew Brzezinski, The American Interest) (1)
Non seguiremo B. sul Monte Sinai, ed esporremo in modo informale le sue posizioni, con le critiche.
Sulla via del dominio USA, Brzezinski trova due ostacoli : la forza militare russa e la potenza economica cinese, per ora non ancora tradotta in potenza bellica. Una guerra mondiale sarebbe troppo pericolosa, e quindi bisogna addomesticare le due potenze, offrendo soluzioni, nell’ambito del consenso di Washington, mescolate a minacce. Non si tratta di trovare accordi tra grandi stati. Ad ognuna delle due potenze vengono fissati d’autorità un percorso e relative zone d’influenza. Quello di Brzezinski non è tanto un messaggio alla Russia e alla Cina, quanto piuttosto una traccia di programma per il governo degli Stati Uniti, un’indicazione su come conservare, sia pure in una forma diversa, l’egemonia mondiale.
La Russia – dice – se agisce saggiamente, può diventare una nazione leader in Europa. Oggi è in contrasto con paesi un tempo appartenenti al suo impero, paesi islamici nel sud ovest dell’ex URSS, nonché con l’Ucraina, la Bielorussia, la Georgia e paesi baltici. Deve diventare parte integrante dell’Europa. Se non lo facesse, non sarebbe in grado di sostenere una crescente pressione territoriale- demografica della Cina, sempre più incline a chiedere la revisione dei trattati ineguali che Mosca impose a Pechino nei tempi passati. L’avvertimento alla Russia sulle possibili rivendicazioni territoriali cinesi, può essere interpretato in questo modo: è vero che la Cina non ha nessun interesse a disseppellire queste questioni, ma ci sono milioni di cinesi all’estero e su quelli la propaganda di gruppi nazionalisti finanziati da Washington potrebbe avere un forte impatto. Creando zizzania tra i due paesi, il formidabile blocco economico –politico –militare rappresentato dalle due massime potenze concorrenti degli USA potrebbe essere incrinato. Vedremo se il prossimo governo accoglierà questo suggerimento, ma non lo leggeremo nel programma ufficiale. Per queste operazioni, ci sono la Cia, le Ong di Soros, la stampa e le TV compiacenti e c’è la propaganda online con legioni di troll.
Brzezinski non fa proposte a Cina e Russia, dà ordini, facendo intravedere le minacce. La Russia deve rinunciare a diventare una potenza mondiale, restare una potenza regionale, europea. Ma proprio gli USA, preparando il golpe ucraino, con Soros e Victoria Nuland, hanno scavato il solco tra Russia e Europa. Ma a una Russia post Putin, cioè più disposta a farsi condurre da Washington, sarebbe consentito di riavvicinarsi all’Europa.
La Cina –riprende B. – è in crescita, anche se più lenta rispetto a quella di una volta. Alla Cina si prospetta di diventare il partner principale dell’America nel contenere il caos che dal Medio Oriente si diffonde verso l’esterno. Se non è contenuto, si estende ai territori meridionali e orientali della Russia, e le parti occidentali della Cina. In altre parole: se non collaborate con noi, sappiamo dove spedire i jihadisti. Più strette relazioni tra la Cina e le repubbliche dell’Asia centrale, gli stati dell’Asia sud-occidentale (in particolare il Pakistan) e soprattutto con l’Iran, sono gli obiettivi naturali dei cinesi. ”Ma dovrebbero anche essere obiettivi di accordi sino-americani globali.” B. non ritiene che la Cina per il momento costituisca una sfida vera e propria per l’America, ma chiede che non resti passiva di fronte alla crisi del Medio Oriente.
Si noti bene: perché la Cina possa sviluppare i suoi rapporti con Pakistan, India e stati musulmani occorrono accordi con Washington, il placet. La Cina può collaborare, sviluppare accordi economici, progetti con questi stati se accetta una forma di sovranità limitata. Pensate un po’ se Putin avesse detto agli Europei: potete commerciare con l’Africa del nord previo accordo con Mosca. O avesse detto a Washington: più stretti rapporti degli USA con l’America latina sono gli obiettivi naturale degli americani. Ma dovrebbero essere obiettivi di accordi USA Russia globali. Queste parole, se applicate all’America suonano assurde, ma Brzezinski può permettersi di rivolgerle alla Cina, e sentirsi pienamente integrato nella tradizione dell’imperialismo americano, che ha sempre spergiurato sul libero commercio e la libertà dei mari, ma ha noleggiato terroristi e cosiddetti pirati somali, suscitato guerre per procura, sia per impedire la realizzazione di una moderna Via della seta, sia per evitare una crescente integrazione economica tra Mosca e Berlino.
B. sorvola sul fatto che il caos in Medio Oriente l’hanno creato Stati Uniti e alleati, sulle connivenze tra USA – e il cocco degli USA Israele – con Al Qaida e l’ISIS. Pechino è molto prudente nel mandare truppe all’estero, Brzezinski pensa di attirarla in questo vespaio – la Russia c’è già fino al collo- indurla a gettare uomini e denaro in un pozzo senza fondo, come già stanno facendo molti alleati europei.
L’Europa – dice B. – non è una potenza globale. Può prendere l’iniziativa “in materia di minacce transnazionali, per il benessere globale e anche la sopravvivenza umana”. E’ allineata ed è il sostegno dei fondamentali interessi degli Stati Uniti in Medio Oriente, e il ruolo europeo nella NATO è essenziale per una risoluzione della crisi tra Russia e Ucraina.
Come si vede, l’Europa, asservita agli USA, svolge il ruolo del Coro delle voci bianche. Non chiama più gli europei “vassalli”, ma è chiaro che la classe dirigente USA sa bene quale è il significato della retorica europeista. La UE è un contenitore perfettamente complementare alla Nato, e serve a mantenere i singoli paesi culturalmente e politicamente allineati e a perseguire gli interessi degli Stati Uniti. Lo dice chiaramente. Possiamo dedurne che, quando la potenza USA si sarà ridimensionata –processo cominciato, ma non ancora giunto alla fase cruciale – la UE si sfascerà.
Se Brzezinski avesse avuto un reale progetto di cambiamento, avrebbe dovuto cominciare dalla NATO, questo gigantesco organismo, sempre più parassitario, che inghiotte sempre nuove risorse e costringe tanti stati a presidiare zone lontane migliaia di chilometri, non per propri interessi politici o economici, ma per quelli di Washington.
Il risveglio politico violento tra i musulmani – continua B – è, in parte, una reazione tardiva alla repressione delle potenze europee.
Dopo una breve elencazione dei principali genocidi della storia, quello spagnolo nelle Americhe, inglesi in India, francesi, belgi, italiani in Africa, olandese in Indonesia, russo in Asia, per gli USA, riconosce colpe per lo sterminio dei pellerossa e per il Vietnam. Sull’Afghanistan ha la faccia di dire che, mentre l’URSS avrebbe ucciso tra il 1979 e il 1989 circa un milione di civili, gli USA in 15 anni ne avrebbero ucciso solo 26.000 e in Iraq, negli ultimi 13 anni, solo 165.000 . La disparità del numero dei morti sarebbe dovuta “in parte ai progressi tecnologici che hanno portato a un uso più produttivo della forza e in parte anche a un cambiamento nel clima normativo del mondo”. E’ falso, perché la tecnologia riduce i morti delle potenze che possiedono tali armi, non nei paesi aggrediti. Nel 1991, soldati iracheni in fuga furono bombardati e i loro cadaveri si fusero con l’asfalto. Bush padre fece bombardare le fogne di Baghdad – e per tale prodezza passerà alla storia – sapendo benissimo che ciò avrebbe provocato epidemie a non finire. Nella successiva invasione barbarica, quella di Bush figlio, la città di Falluja subì un trattamento che ricorda quello di Hiroshima e Nagasaki, – la popolazione ridotta a carne da uranio impoverito e da fosforo bianco- non solo si uccisero indiscriminatamente uomini, donne e bambini, ma le radiazioni hanno creato infiniti tumori e malformazioni, per generazioni e generazioni.
I vecchi vituperati esponenti dell’Ancien régime, che si dividevano i popoli e ogni tanto bombardavano qualche città, erano dilettanti rispetto a questi macellai dell’imperialismo.
Per B. la cooperazione con Russia e Cina può contenere il terrorismo e fare pressioni per l’uso responsabile della forza da parte di più stati ( Iran, Turchia, Israele ed Egitto). Quest’ultimo dovrebbe anche essere il principale destinatario del sostegno europeo.( Sissi, il Pinochet egiziano, presunto laico, dipendente finanziariamente dalla monarchia saudita). Quanto all’Arabia Saudita, l’inclinazione a favorire il fanatismo wahhabita del governo saudita, “solleva seri dubbi per quanto riguarda la capacità dell’ Arabia Saudita di svolgere un livello regionale significativo ruolo costruttivo”.
Si potrebbe dedurre che la tendenza dei governi USA a favorire – con la partecipazione diretta di Brzezinski – lo jihadismo in Afganistan, contro la repubblica afgana e l’URSS; la connivenza successiva, in Asia, Africa e nella penisola balcanica con Al Qaida e poi con l’ISIS “solleva seri dubbi per quanto riguarda la capacità USA di svolgere un ruolo costruttivo”. Chi avesse dubbi, può cercare le foto di Brzezinski accanto a Bin Laden, mentre caricava il fucile. Oppure quelle di McCain con i dirigenti dell’ISIS, osservare chi sono i jihadisti che hanno aiutato la Clinton, Sarkozy, Cameron e l’amico traditore di Gheddafi, Berlusconi, a travolgere il regime libico; e legga le dichiarazioni, non solo di giornalisti, ma di veterani americani, generali francesi, vescovi siriani e irakeni, che illustrano i rapporti strettissimi tra USA e jihadismo. Comodo dare la colpa solo all’Arabia Saudita e alla Turchia. Gli USA, il capobanda imperialista, può permettersi di scaricare le colpe sui complici, sui vassalli, sui Quisling.
Abbiamo visto che le strutture militari nel progetto di B. restano sostanzialmente invariate. Ma anche in campo borghese a non pochi la NATO comincia ad apparire un peso intollerabile. Un articolo di Bruce Fein sul giornale The Huffington Post, citato da l’antidiplomatico e da Come Donchisciotte, dice: “Washington non deve mandare i propri soldati a rischiare la vita per difendere l’Estonia, Lettonia, Lituania, Croazia e Albania, dove il loro unico dovere è quello di proteggere i cittadini degli Stati Uniti” “”La nostra adesione alla NATO contraddice alla Dichiarazione d’Indipendenza e della Costituzione, che sostiene di non finanziare neanche con un centesimo imperi o alleanze confuse. Si afferma inoltre che il governo deve garantire i diritti inalienabili alla vita, alla libertà e prosperità ma non cercare nemici all’estero” “…gli Stati Uniti dovrebbero fare un museo con la NATO, insieme ad altri manufatti dell’impero nordamericano”.(3) Ci auguriamo che in questo museo ci sia, in bella vista, la statua in cera di Brzezinski.
Note
1) “La scacchiera spezzata. Brzezinski rinuncia all’Impero americano” di Mike Whitney. 28 agosto 2016
Fonte: http://vocidallestero.it/2016/08/27/counterpunch-la-scacchiera-spezzata-brzezinski-rinuncia-allimpero-americano/.
2) “Strategic Vision,Toward a Global Realignment” Zbigniew Brzezinski
Appeared in: Volume 11, Number 6, Published on: April 17, 2016
Strategic Vision
3) “La NATO dovrebbe essere parte del museo dell’impero statunitense”, Come Donchisciotte 1 Settembre.
“The United States Should Withdraw from NATO”, Bruce Fein,
The Huffington Post, 29/8/2016.
Fonte: http://www.pane-rose.it/files/index.php?c3:o49221