L’aggressione imperialista alla Siria
baathista presenta una triplice regia: pianificazione israeliana, addestramento
ucraino e supporto logistico turco, con l’amministrazione Biden garante della
dottrina della “guerra eterna”. Ankara, nel tentativo di scongiurare la
dissezione neocoloniale interna, ha rilanciato l’espansionismo neo-ottomano
cambiando nuovamente casacca; il presidente Erdogan, un cleptocrate
anticomunista cresciuto come picchiatore nei quartieri periferici di Istanbul,
è ritornato ad essere il “cane pazzo” della CIA, ciò che è sempre
stato.
L’aggressione dei sionisti-revisionisti
al Libano e degli ucraino-nazisti al complesso militare post-sovietico
ha trovato la propria sintesi in Siria: non si tratta d’una semplice guerra
contro Iran, Libano, Siria e Russia, ma dell’estensione della dottrina della “guerra
eterna” all’Asse della Resistenza, appoggiata logisticamente dalla
componente antimperialista dell’esercito regolare russo. La Siria baathista è,
quantomeno dal 2011, terreno di scontro fra l’unipolarismo USA e la transizione
verso il multilateralismo. Perché Erdogan, il sicario “pazzo” della CIA,
odia Bashar al-Assad? Mentre Assad resisteva ai colpi dell’imperialismo USA, si
è scoperto un leader rivoluzionario, proprio come l’aveva percepito Hugo
Chavez. La rivoluzione del nuovo Partito Baath è una lotta di
liberazione nazionale dall’Occidente collettivo, ma anche una lotta
d’emancipazione contro l’oscurantismo religioso incarnato dalla Confraternita
assassina dei Fratelli Musulmani (di cui il cleptocrate Erdogan fa
parte) e dal nazi-sionismo ebraico.
Mentre Erdogan è sempre stato una pedina
della Nato, Assad non si è limitato a sostenere la transizione al
multipolarismo, ma come Fidel Castro ed Hugo Chavez sostiene una
modernizzazione tendenzialmente anticapitalista del Sud Globale,
consapevole che “il socialismo non è la socializzazione della miseria”.
Il legittimo presidente siriano ha compreso come il perseguimento del Pubblico
Interesse non poteva soffrire di nessuna corruzione, un po’ come fecero suo
padre Hafez al-Assad, Ahmed Ben Bella, Nasser ed i teorici del panarabismo
laico. Erdogan è un cleptocrate che vive nel banditismo e nella corruzione: mercante
d’armi per conto di Netanyahu e finanziatore di un sistema di propaganda
islamista, il bandito di Ankara persegue un duplice obiettivo, destabilizzare
la Siria baathista e spaccare il fronte di solidarietà verso la Palestina.
Scrive l’analista strategico Thierry Meyssan:
“Il nome
“Diavolo” si riferisce etimologicamente al doppio discorso che tiene.
Il presidente al-Assad ha quindi smontato lo slogan delle “primavere
arabe”, immaginato dal Dipartimento di Stato per piazzare i Fratelli
Musulmani ovunque al potere in tutto il Nord Africa, nel Levante e nel Golfo.
Ovunque l’asservimento all’imperialismo seguiva le bandiere coloniali, quella
della monarchia wahhabita dei Senussi in Libia, quella del mandato francese in
Siria, mentre paradossalmente reclamavano “la Rivoluzione” a fianco
dei tiranni di Riyadh e di Doha.” 1
Sostenendo
contemporaneamente la sovversione islamista contro il Partito Baath e la
causa palestinese, Erdogan ha finanziato media all’apparenza antisionisti
(arrivando correttamente a parlare di “fascismo digitale” israeliano),
ma nei fatti avversi all’Asse sciita della Resistenza. In Occidente, i
sostenitori della causa palestinese presentano questa triplice divisione:
- I sostenitori dell’Asse
della Resistenza: dai Guardiani della Rivoluzione alle Brigate Al
Qassam palestinesi; dal Baath siriano ai marxisti del “Fronte
popolare di liberazione della Palestina” (FPLP).
- Gli oppositori
clerico-sunniti: moschee, centri islamici, movimenti oscurantisti filo-Erdogan
e pro-wahabiti i quali configurano una sorta di sionismo rovesciato.
- Gli anarco-libertari: le
Brigate anarchiche della Nato che operano nel nord della Siria. Dal
2014, su mandato franco-statunitense ed israeliano, i separatisti del PKK/YPG
hanno espropriato le popolazioni autoctone dei loro beni, colonizzando una
porzione del territorio della Siria sovrana. Per Damasco si tratta di
colonialismo; gli Occidentali chiamano ciò “rivoluzione”.
I media pro-Erdogan sono
funzionali alla “guerra cognitiva” della Nato, perché allontanano
i sostenitori della Resistenza palestinese dall’Asse della Resistenza,
un’alleanza geopolitica eterogena, ma orientata verso la costruzione del mondo
multipolare su basi radical-socialdemocratiche. Dopo una attenta disamina delle
relazioni internazionali, Erdogan ed il PKK/YPG diventano due facce
della stessa medaglia: la dottrina della “guerra eterna”, un piano di
dissezione neocoloniale che nega su basi anarcoidi l’idea stessa di “Stato
nazionale”.
Leggiamo dall’ultimo
comunicato del Partito Comunista Siriano:
“Per affrontare
efficacemente questa brutale aggressione è necessario aumentare la coesione di
tutti i fattori nazionali siriani e il sostegno dei popoli liberi del mondo al
popolo siriano nella sua battaglia decisiva. È inoltre necessario compiere
sforzi per rafforzare gli elementi di solidità e difesa della patria –
militari, politici, economici e sociali – compreso l’abbandono immediato delle
tendenze liberali nell’economia e una rottura completa con esse.” 2
La situazione richiede la
centralizzazione del sistema economico, la democratizzazione del settore
pubblico in funzione anti-burocratica e l’organizzazione dei Comitati popolari nelle
aree rurali, là dove necessario anche armati. La Siria baathista, spostando il
proprio governo a sinistra ed aprendo al sindacalismo socialista, ha già
dimostrato di poter resistere alla dottrina della “guerra eterna”.
Il PKK/YPG rimettendo
in discussione “i fattori nazionali siriani”, in questa congiuntura
storica, si colloca in rotta di collisione col Partito Comunista Siriano.
Bashar al-Assad ha dimostrato di essere l’unico leader politico capace di
resistere ad una aggressione congiunta da parte dell’Occidente collettivo. Sarà
lui a guidare il nuovo campo antimperialista nell’area mediorientale.