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La percentuale delle donne uccise in Italia complessivamente, quindi non solo dal partner o in ambito familiare ma in qualsivoglia circostanza, come si evince da questo articolo in cui vengono riportati i dati dell’ISTAT e che consigliamo di leggere, è dello 0,47 su 100.000 abitanti.
Da rilevare come la percentuale delle donne uccise in Italia sia peraltro inferiore a quella degli altri paesi europei: si va dallo 0,75 della Francia e della Germania allo 0,50 della Spagna e allo 0,64 della Polonia (sempre su 100.000, ovviamente).
Numeri e percentuali che possono essere definiti in un solo modo: insignificanti. Non solo, negli ultimi anni (il dato è del 2014) il fenomeno, per ciò che riguarda il caso italiano, è calato sensibilmente, passando dallo 0,65 del 2002 allo 0,47 del 2014.
In tutto ciò, gli uomini uccisi sono quasi tre volte tanti, pari (in Italia) all’ 1,11 su 100.000 (1,65 nel 2003).
Su queste percentuali, cioè sostanzialmente sul (quasi) nulla, è stato costruito il fenomeno del cosiddetto “femminicidio”.
La mia personale opinione è che nessuno studioso di sociologia e/o di statistica degno di questo nome prenderebbe mai in considerazione quelle percentuali per trarne la conclusione che siamo di fronte ad un’emergenza sociale o meglio, di genere. Infatti, per quanto anche una sola vita umana abbia un valore assoluto a prescindere, dobbiamo prendere atto che i numeri di cui sopra sono assolutamente fisiologici. A meno di non pensare di poter eliminare ogni forma di violenza dal mondo; intento nobilissimo al quale bisogna in linea teorica tendere, ma è evidente che non può essere quello il parametro di riferimento per stabilire la veridicità o meno di una presunta emergenza.
Stando così le cose, resta a questo punto da capire per quali ragioni il sistema mediatico-politico, senza eccezioni, da “destra” a “sinistra”, ha costruito questa gigantesca “bolla” mediatica priva di alcun fondamento reale.
La mia risposta, per punti, a tale quesito:
a) dirottare l’attenzione delle masse popolari dalle problematiche sociali – crisi economica, precarietà, disoccupazione, mancanza di lavoro, diseguaglianza crescente, impoverimento di larghi strati sociali, peggioramento delle condizioni di vita ecc. – alle cosiddette “tematiche di genere”, contribuendo, in questo modo, a disinnescare il potenziale conflitto sociale che da tali contraddizioni potrebbe scaturire;
b) dividere le masse sostituendo il potenziale conflitto di classe con quello fra i sessi, all’interno del quale, naturalmente, quello maschile è individuato come quello nemico, dal momento che gli uomini, tutti, in quanto tali, per lo meno secondo la narrazione femminista, vivrebbero una condizione di supremazia (sulle donne) e di privilegio garantita loro dalla cultura patriarcale e maschilista di cui l’attuale sistema capitalista sarebbe tuttora intriso.
c) depistare ideologicamente le donne, persuadendole che il loro nemico non è il sistema capitalista e imperialista dominante, bensì gli uomini, o meglio, i maschi. Il nemico non è più, quindi, il padrone, il capitalista, le banche, la finanza, le multinazionali, gli stati imperialisti, l’UE, la NATO, il sistema mediatico al loro servizio, ma l’uomo che si ha in casa, a partire, naturalmente, dal proprio marito o compagno, considerato come un “oppressore per definizione e ormai anche come un potenziale “femminicida”;
d) paralizzare psicologicamente gli uomini in seguito ad un sistematico processo di colpevolizzazione e di criminalizzazione e in tal modo disinnescare la loro potenziale capacità antagonistica.
Tutto ciò è stato naturalmente possibile in quanto l’ideologia femminista o “neo femminista” è stata completamente assorbita dal sistema politico-mediatico dominante, fino a diventare una sola cosa.
E’ singolare osservare come anche e soprattutto coloro (mi riferisco ad una certa “sinistra radicale” e, drammaticamente, anche “antagonista” o presunta tale) che, giustamente, sostengono (e noi con loro) che il sistema mediatico sia uno strumento di lucida e scientifica disinformazione e manipolazione della realtà finalizzato alla costruzione di un immaginario fasullo (nonché di relativa falsa coscienza), assumano come Verità Assoluta tutto ciò che viene loro proposto in tema di “questioni di genere”.
Per dirla in parole ancora più semplici, quegli stessi organi di “informazione” che sarebbero preposti ad una lucida e scientifica opera di deformazione della realtà e di depistaggio ideologico (e noi siamo convinti che lo siano), diventano, come per incanto, i dispensatori della Verità quando si tratta di “questioni di genere”. Per cui, se i media ci spiegano ad esempio che si va a bombardare in Libia o in Iraq per portare democrazia e diritti umani oppure che l’occupazione sta crescendo o che l’economia è in ripresa, si dice – giustamente – che stanno manipolando la realtà. Quando invece ci spiegano che sarebbe in corso una sorta di genocidio del genere femminile, altrimenti detto “femminicidio”, ci starebbero raccontando la Verità, solo la Verità, nient’altro che la Verità.
Una bella contraddizione, mi pare di poter dire. Come è infatti possibile che un sistema mediatico scientemente finalizzato alla manipolazione delle menti si trasformi in una sorta di messaggero della Verità Assoluta, soltanto in un ambito specifico, e cioè quando c’è di mezzo la questione della relazione fra i sessi? Il sistema è forse per metà conservatore e per l’altra metà rivoluzionario?
I compagni e gli amici della “sinistra radicale e antagonista”, quando qualcuno prova a fargli notare la contraddizione, diventano sordi, orbi e muti. Forse per vivere in pace, come diceva quel famoso proverbio siciliano?
Fonte: http://www.uominibeta.org/editoriali/chi-e-sordo-orbo-e-tace-campa-centanni-in-pace-e-nella-menzogna/