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Ieri sera sulla terza rete è andata in onda una puntata di RAI Storia condotta da Paolo Mieli dedicata agli ultimi mesi di vita della Germania nazista.
Il documentario si è soffermato in particolar mondo sulle presunte atrocità che l’Armata Rossa, durante la controffensiva, avrebbe commesso nei confronti della popolazione civile tedesca e in particolare sulle donne.
Secondo il documentario circa 200.000 tedeschi sarebbero stati giustiziati sommariamente perché accusati di essere dei nazisti (anche se non lo erano) e circa due milioni le donne tedesche stuprate dai soldati sovietici, incoraggiati dagli ufficiali, dai vertici del partito, dell’esercito e addirittura da Stalin in persona. Quest’ultimo avrebbe pronunciato una frase (che è stata letta dalla voce fuori campo che commentava) che più o meno diceva:”Che volete che sia se i nostri ragazzi, dopo tanto orrore e violenza subita dal nostro popolo, si divertono un po’ con qualche ragazza tedesca…”.
Non solo. Secondo la versione fornita dal documentario gli ufficiali e i commissari politici si assicuravano che ciascuna di queste donne fosse stuprata da tutti i soldati del reparto e che nessuno restasse escluso dalla “festa” (secondo una sorta di logica socialista, verrebbe da dire…).
Ora, non escludo affatto che ci siano stati da parte dei soldati sovietici degli atti di brutalità e di violenza nei confronti della popolazione civile tedesca (quale esercito non si è mai reso responsabile di atrocità in qualsiasi contesto di guerra?…), ma questo non ha nulla a che vedere con una ricostruzione storica chiaramente e spudoratamente faziosa, naturalmente con precise finalità politiche.
Intanto il macroscopico ingigantimento del fenomeno. Fino a pochi anni fa veniva sostenuto da più fonti che gli stupri commessi dai soldati russi nei confronti di donne tedesche fossero stati circa 100.000; ora invece si parla di 2.000.000 (due milioni). Tendo a diffidare di queste “statistiche” che oscillano fra numeri così incredibilmente diversi fra loro, raccolte da chi e in che modo, non è dato sapere. Ma non è questo il punto, anche se si fosse trattato di un solo caso di violenza sessuale, sarebbe stato comunque gravissimo.
La questione è un’altra e mi viene alla mente una frase del celebre film “Apocalypse now” pronunciata dal protagonista, un agente della CIA incaricato di uccidere un colonnello americano che aveva disertato e che aveva messo in piedi un suo piccolo esercito personale di indigeni nella giungla cambogiana. Mentre legge il capo di accusa nei confronti del colonnello, l’agente resta interdetto. Il colonnello, infatti, durante un’azione di guerra, aveva scoperto delle spie vietkong tra le fila di un reparto di soldati sudvietnamiti (alleati degli americani) e le aveva fatte fucilare sul momento e senza processo. L’agente della CIA commentava basito:”Accusare di omicidio un uomo in questo contesto (la guerra del Vietnam) è come fare la multa per eccesso di velocità alle mille miglia di Indianapolis”. E’ ovvio che si trattava di una forma di ipocrisia, specie per chi scaricava milioni di tonnellate di bombe sui civili e faceva largo uso della tortura e gettava i prigionieri vietkong dagli elicotteri.
Con questo non intendo in alcun modo giustificare gli atti di violenza che sicuramente le truppe sovietiche hanno commesso in Germania né tanto meno strizzare l’occhio allo stalinismo. Ma se si affrontano certi argomenti senza contestualizzarli si fa una lucida operazione di manipolazione e deformazione della realtà nonché di disinformazione. Oltre, a mio parere, ad enfatizzare e ingigantire i fatti accaduti, il documentario ometteva di raccontare ciò che i russi hanno subito durante il conflitto. La guerra dei nazisti contro l’URSS era infatti una guerra di sterminio, come dichiarato dallo stesso Hitler. L’obiettivo era quello di ridurre il popolo russo in schiavitù e ovviamente di sterminare coloro che si fossero opposti. La guerra fu condotta con una ferocia inaudita da parte dei nazisti, appunto perché ideologicamente e psicologicamente armati da una ideologia che considerava i russi come degli esseri inferiori, con quali conseguenze non è difficile immaginare. L’invasione e l’occupazione nazista è costata al popolo russo circa 20 milioni di morti (chi dice 17, chi 25, chi 27…), la gran parte civili, più decine e decine di milioni di feriti, mutilati, fucilazioni di massa, città rase al suolo oppure assediate e ridotte alla fame (durante l’assedio di Leningrado ci sono stati episodi di cannibalismo per la disperazione, cioè gente che si è nutrita di cadaveri), tre milioni di soldati sovietici furono fatti prigionieri e lasciati morire di fame e di stenti nei campi di prigionia, e ovviamente un paese letteralmente devastato.
Difficile non considerare drammaticamente naturale e scontata la reazione, che può sicuramente essere stata fuori controllo in alcuni casi, da parte dell’esercito di un paese e di un popolo che sapeva di essere considerato alla stregua di selvaggi barbari inferiori e conseguentemente trattato.
Omettendo di spiegare tutto ciò, senza fornire un quadro complessivo della situazione in cui anche quelle violenze dei soldati russi sono avvenute, quel documentario ha di fatto e secondo me volutamente voluto offrire una immagine distorta delle cose.
Paolo Mieli, alla fine della trasmissione, non poteva non comunicare (se non altro per decenza…) che l’attuale governo russo (e prima ancora quello sovietico) nega recisamente quelle accuse e sostiene che siano frutto di una certa propaganda occidentale che vorrebbe considerare i russi alla stregua di barbari.
Questa modalità di ricostruzione della storia non è affatto casuale. La storia la scrivono i vincitori e non i vinti, come noto. E ridurre l’esercito di un paese e di un popolo che al prezzo di sofferenze indicibili ha liberato l’Europa dal nazismo ad un branco di stupratori e assassini è funzionale all’operazione storico-ideologica che vuole equiparare nazismo e comunismo, fascismo e antifascismo, e contestualmente cancellare i crimini e i genocidi di massa compiuti dal colonialismo e dall’imperialismo delle potenze occidentali in tutto il mondo nell’arco di secoli. Ed è sempre così che il XX secolo, quello caratterizzato dalle grandi rivoluzioni e dai movimenti di liberazione nazionale e anticolonialisti in tutto il mondo viene derubricato come il secolo del “totalitarismo”, del “male assoluto”.
E non è neanche casuale, ovviamente, dati i tempi che viviamo, che a tal fine si sia insistito tanto sulla vicenda degli stupri di massa e scientemente organizzati di cui si sarebbe resa colpevole l’Armata Rossa. Quale modo migliore oggi, della violenza sessuale, per criminalizzare un popolo e un paese. Selvaggi, asiatici, bolscevichi e (maschi) stupratori. Peggio di così non si potrebbe.
Anche questa, ragazzi, è campagna elettorale…
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