Satnam Singh

Satnam Singh, lavoratore indiano, è morto dopo un terribile incidente sul lavoro. Schiacciate le gambe e con un braccio tranciato di netto è stato abbandonato per strada con il braccio. Il macchinario per il taglio del fieno glielo ha amputato.

L’economia criminale che sfrutta gli uomini e li abbandona dopo averli fatti a pezzi è l’immagine vera del nostro tempo. Il corpo martoriato di Satnam Singh ci parla di una società criminale nella sua essenza e nella sua modalità di relazionarsi. Lo spirito del tempo ci viene incontro in questa tragedia e attende di essere guardato in pienezza e in verità.

Al G7 abbiamo visto la politica dello spettacolo e ancora l’abbiamo scorta al gay pride. Essa è distante dalla vita, dalla realtà e dalla verità. È una nuova Versailles, il cui mondo è separato dal mondo reale dai cancelli dorati e acuminati.

La politica diserta i luoghi del lavoro legale e illegale, in quanto sono stati consegnati agli imprenditori, ovvero ai padroni della vita, dei corpi e della morte dei lavoratori. Ci sono  le responsabilità dei singoli, di coloro che non hanno difeso la sicurezza sul lavoro di un uomo che voleva una vita migliore, ma vi sono terribili responsabilità politiche e sociali che svelano cosa si nasconde dietro la retorica “i nostri valori” che sempre più spesso sentiamo ripetere. Ecco i nostri valori… ad un giovane lavoratore è stato tolto tutto. La dignità di essere umano è stata calpestata nel momento in cui tutti siamo più fragili, ovvero nell’esperienza del dolore, in questo caso di un dolore atroce. Letteralmente fatto a pezzi è stato abbandonato come fosse un oggetto non più utile che si lascia per strada. Cartesianamente i lavoratori sono ormai per i padroni solo res extensa da usare e abbandonare.

Non ci sono le femministe per strada a protestare in nome della dignità di ogni vita, non c’è la sinistra, sempre pronta a salire sui carri del liberismo, essa si mantiene ben distante da simili tragedie sempre più ordinarie, in fondo ha scelto il liberismo.

La solitudine di quest’uomo deve turbarci, la sua morte ci parla della nostra morte morale che si ammanta quotidianamente di belle parole sui diritti, ma in realtà contano solo i soldi tintinnanti e se li sappiamo ascoltare quei tintinnii sono grida di dolore, sono fame di giustizia, sono il sangue versato che non trova parola e giustizia. La barbarie è tra di noi, nel frattempo si continua con il gossip, la politica è ridotta a competizione tra dame che servono l’imperatore e si spartiscono le poltrone in prima fila.

La sinistra marxista ha un futuro, se sarà capace prima ancora di concettualizzare e di analizzare le tendenze socio-economiche,  di sentire lo scandalo per coloro che innocenti cadono nel tritacarne del liberismo. Dobbiamo riconquistare l’immaginazione empatica, non è sufficiente la sola razionalità critica, poiché senza l’ascolto dell’ingiustizia patita dagli innocenti la razionalità non diviene  potenza emancipativa. L’immaginazione empatica era la passione che metteva le ali a Marx, Engels e a tutti coloro che hanno pensao un mondo migliore, dove ogni uomo vale quanto qualsiasi altro uomo.

Chi crede, accendesse una candela per Satnam Singh, chi non ha fede conservasse il ricordo emotivo di quest’uomo. Tutti siamo chiamati a denunciare la normalità della violenza in cui siamo caduti, ciascuno di noi può fare poco o tanto, ma l’insieme non potrà che portare fuori dalla barbarie.

Fonte foto: da Google

2 commenti per “Satnam Singh

  1. fernandez
    20 Giugno 2024 at 18:00

    Questo è uno dei pochissimi siti di SINISTRA che ancora consulto perchè parla senza paura di SINISTRA MARXISTA e LENINISMO Internazionale senza cadere nella truffa gender arcobaleno antifascista ma ponendo al centro la Fratellanza Proletaria e della Forza lavoro^^^^!!^ da scolpire queste rappresentazione e questi pensieri…Non molliamo Compagni

    “La sinistra marxista ha un futuro, se sarà capace prima ancora di concettualizzare e di analizzare le tendenze socio-economiche, di sentire lo scandalo per coloro che innocenti cadono nel tritacarne del liberismo. Dobbiamo riconquistare l’immaginazione empatica, non è sufficiente la sola razionalità critica, poiché senza l’ascolto dell’ingiustizia patita dagli innocenti la razionalità non diviene potenza emancipativa. L’immaginazione empatica era la passione che metteva le ali a Marx, Engels e a tutti coloro che hanno pensao un mondo migliore, dove ogni uomo vale quanto qualsiasi altro uomo.

    Chi crede, accendesse una candela per Satnam Singh, chi non ha fede conservasse il ricordo emotivo di quest’uomo. Tutti siamo chiamati a denunciare la normalità della violenza in cui siamo caduti, ciascuno di noi può fare poco o tanto, ma l’insieme non potrà che portare fuori dalla barbarie.

  2. Enza
    24 Giugno 2024 at 14:31

    Ho difficoltà a trovare le parole. Mi vergogno profondamente e sono arrabbiata, oltre ad essere addolorata per ciò che è stato fatto a questo giovane. In questi giorni, ne ho discusso a lungo con persone, come noi, turbate e commosse per la morte del lavoratore indiano.
    Purtroppo, questi schiavisti, agiscono indisturbati, alla luce del sole. Qualcuno ha visto il film Spaccapietre? O ha visto da vicino le baraccopoli di Rosarno, San Severo? O si è fermata nei punti in cui i furgoni dei caporali caricano e scaricano ogni giorno migliaia di braccianti, anche italiani? Come mai non li vede nessuno delle forze dell’ordine o tra gli ispettori del lavoro? Non si sa che dal nord al sud, la realtà dello sfruttamento è diffusa e sfacciata? Si vada per esempio in Piemonte, durante la raccolta dell’uva, delle nocciole. Ma lo schiavismo spietato è in ogni campo e ogni regione. E sia con governi liberal/ progressisti, sia con esecutivi di destra.
    I padroncini del povero Satnam, sono recidivi e ancora a piede libero. Lo hanno condannato a morte, tra urla di dolore, terrore e sangue.
    Non riesco a pensarci.
    Per quanto mi riguarda, insieme ad alcuni compagni, abbiamo segnalato a chi di competenza, situazioni di sfruttamento di nostra conoscenza. Niente. Non è successo niente.

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