Il commentatore sportivo Bob
Ballard è stato licenziato da Eurosport per aver suggerito umoristicamente che
forse le nuotatrici australiane vincitrici della 4×100 non erano ancora
arrivate per la premiazione perché “le donne se ne stanno in giro a truccarsi”.
Questa è la frase come riportata dalle agenzie, non avendola io ascoltata
direttamente. Credo, tuttavia, che il senso possa cambiare poco. Una battuta
intollerabilmente sessista? Una battuta di fronte alla quale semplicemente non
ridere. Né più né meno, mi pare, a voler essere minimamente equilibrati. Una
ressa di commenti in Rete mostra che la misura del licenziamento appare a dir
poco eccessiva (eufemismo…) a livello diffuso. Non c’è nulla di cui
sorprendersi, visto che il politicamente corretto è una ideologia calata
dall’alto. Per la verità da tempo appare sempre più stucchevole e risulta
evidente per un numero crescente di persone il suo zelo moralistico. I giochi
olimpici in corso offrono la sensazione che ci troviamo in presenza del momento
di massima esposizione: una prova di forza e di debolezza allo stesso tempo,
perché l’ideologia tiene nonostante i suoi vistosi eccessi e la sua grottesca
mancanza di raziocinio. Quali sono, dunque, le ragioni alla base di questa
tenuta?
Il politicamente corretto è sempre più demenziale e platealmente ridicolo, forse persino a sé stesso, in fondo, se pensiamo al parziale oscuramento sul proprio canale YouTube disposto dal COI (Comitato Olimpico Internazionale) del video della cerimonia d’apertura dei giochi olimpiaci. Eppure, il politicamente corretto è difficile da scalfire, perché irradia direttamente dalle grandi centrali di produzione dell’ideologia, dunque dall’anglosfera in primis. È imposto dall’alto e fatto proprio soprattutto dalla borghesia autoreferenziale, o da quanti aspirano ad appartenervi; dal ceto medio materialmente impoverito, allo stesso tempo post-borghese e iper-borghese prodotto della società signorile di massa, che del politicamente corretto ha interiorizzato le pose progressive ed emancipatrici. L’occidente che affoga nel politicamente corretto, inducendo e dirottando solo al proprio interno una domanda di uguaglianza completamente fasulla ed esteriorizzata (che si accompagna non a caso alla crescita dei divari e delle diseguaglianze reali, cioè socio-economiche e alla sottrazione di diritti sociali), è allo stesso tempo razzista e guerrafondaio verso l’esterno. Questo binomio dovrebbe essere chiarificatore. Del resto il capitalismo tecno-finanziario collassato su sé stesso non può che sorreggersi strutturalmente sulla rappresentazione del nemico esterno come Male assoluto da distruggere; una rappresentazione che viene continuamente rinnovata nella concreta personificazione secondo la necessità del momento (prima l’Islam, poi Putin ecc.) senza che vari lo schema di fondo. Proprio all’apice della sua retorica progressiva ed emancipatrice, l’occidente tecno-capitalistico e politicamente corretto scarica la sua furia sterminatrice sui punti deboli del sistema, vedi Gaza. Ostenta libertà, dunque; costruisce una liturgia neoliberale di massa della libertà individuale mentre avalla e giustifica la carneficina di decine di migliaia di inermi.
Non ci vuole molto a capire che
il politicamente corretto, cioè il catechismo neoliberale che esalta la libertà
individuale come valore assoluto e unico, risolvendosi interamente nei diritti
cosmetici, mentre comprime e svuota i diritti sociali, è l’ideologia di un
occidente sempre più angusto e ripiegato su sé stesso. E, poiché i sudditi
somigliano sempre al potere che li plasma, i sudditi del potere tecnocratico,
che si realizza compiutamente nel nuovo ordine digitale, sono affetti dallo
stesso ripiegamento narcisistico. In altri termini, l’ordine digitale culmine
dell’ideologia mercantile sortisce l’effetto di presentare l’illimitata
estensione della libertà individuale, e dunque i desideri, come diritti. Ma i
desideri trasformati in diritti non sono certamente diritti sociali e non sono
nemmeno, a guardare bene, diritti civili. Sono, e non possono essere altro, che
diritti cosmetici, cioè meri diritti dell’apparire (che io di certo non
contesto…) sostitutivi dei diritti sociali. Così il politicamente corretto è l’ombrello
che deve coprire e legittimare il punto di massima espansione dell’ideologia
mercantile, o meglio la sua perpetuazione nonostante la sopraggiunta e
certificata crisi di tutte le sue promesse. Il politicamente corretto è,
insomma, l’apparato ideologico per eccellenza dell’occidente
tecno-capitalistico, fondato sulla mercificazione di ogni aspetto dell’umano (il
cui esito ultimo è il transumanesimo), e che nelle relazioni internazionali
adotta, sotto dettatura degli Stati Uniti, la prospettiva unica di un
atlantismo fanatico, ottuso e perdente.
Al culmine, oggi, tanto della
sua efficienza che del ridicolo, probabilmente il politicamente corretto si
sgonfierà da solo in capo a una decina d’anni, quando sarà venuta al pettine e
diventata palese anche per i più ingenui la serie degli insuccessi strategici dell’occidente
ultra-atlantista e guerrafondaio che ha deciso di puntare i piedi contro il
multipolarismo, determinando un inevitabile tracollo dei livelli materiali
delle società di una Europa servilmente ridottasi a colonia.
Il problema vero, per noi, è cosa si sarà seminato nel frattempo. La risposta sia alla sinistra liberal e politicamente corretta che alla destra conservatrice o reazionaria, entrambi avversari, sta nella ripresa, all’interno delle società europee, di processi conflittualistici e nella costruzione della loro efficace rappresentanza politica.
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