Morire sul lavoro: Sebastian Galassi

Sebastian Galassi la sera del primo ottobre, sabato, è morto investito da un Suv, o meglio il Suv lo ha sbalzato, è rimasto stordito in terra, un’altra auto lo ha ucciso. Era un giovane rider, uno dei non pochi ammazzati sul lavoro.

I rider uccisi durante il lavoro in Italia sono tutti giovani uomini, questo non fa la differenza, il lavoro che uccide è un male a prescindere dal genere. I morti sul lavoro sono quasi tutti uomini, nessuno sembra ricordarlo, il capitale nasce grondante di sangue, sudore e sporcizia, come affermava Marx, tale è rimasto. Sangue dei morti e la sporcizia dei media e della politica che a gran voce riportano a tamburo battente le immagini delle donne iraniane che vorrebbero occidentalizzare l’Iran.

Nessuna parola sul rider morto sul lavoro e sullo sciopero tenuto a Firenze per denunciare la condizione dei rider. Il PD con il suo Segretario annuncia il congresso,  Letta promette capigruppo donne e una protesta davanti all’ambasciata iraniana per difendere il diritto delle donne, tutto tace sul fronte di guerra del lavoro.

La sconfitta elettorale del PD, fortilizio della borghesia liberista e benestante, è nel disprezzo verso i lavoratori, nell’indifferenza verso la condizione dei precari e l’abbrutimento antropologico. Il PD è il braccio armato del liberismo. La sua funzione è di rendere nulla l’opposizione. L’opposizione alle destre in nome dei diritti si svela con la farsa dei diritti delle donne, purché non siano lavoratrici o precarie. I diritti individuali per censo sono l’orizzonte della sinistra di governo. Se c’è da difendere lavoratrici e lavoratori iL PD è il partito che non c’è. Gioca facile, in quanto le sempiterne dichiarazioni sui diritti civili violati non cambiano il sistema, e specialmente, sono la foglia di fico con cui coprire la quotidiana violenza che subiscono i lavoratori e le lavoratrici.

 

Razzismo esteriore

La morte del rider Sebastian Galassi non ha prodotto discussioni all’interno del PD, era solo un precario, per cui nella logica liberista era solo un mezzo. Il liberismo è profondamento razzista, è per il“razzismo esteriore”. Evola invocava il razzismo interiore, una presunta superiorità dello spirito, il liberismo onora il “razzismo esteriore”, si vale per il censo e per il capitale che si possiede. Nulla ha valore, l’essere umano è solo “esteriorità proprietaria”.

La fine tragica del giovane è stata completata dall’email di licenziamento e dalle successive scuse virtuali alla famiglia. I giovani lavoratori, in  particolare, sono gestiti dal calcolo spietato di algoritmi e piattaforme da cui i potentati economici traggono i loro immeritati guadagni: sangue, sudore e sporcizia sono qui. Scuse virtuali per aver licenziato un giovane che non si era presentato al suo “gratificante lavoro” perché morto. Era solo un numero. Il licenziamento della multinazionale spagnola per la quale lavorava portava la dicitura “condotta inappropriata”.

Il  lavoratore, 26 anni, aveva cominciato a lavorare anche la sera, in quanto 600 euro non erano sufficienti per la sua autonomia. Sangue, sudore e sporcizia, ripeto, sfruttare giovani uomini e giovani donne con un algoritmo che calcola i tempi di consegna e gestisce-controlla il lavoro. La piattaforma  penetra nei corpi e li modella in funzione del plusvalore, non vi è vita più umiliante. La violenza liberista è sotto i nostri occhi, il male si espande nell’indifferenza e con la complicità di una politica schierata sempre con il più forte.

Il liberismo ha rovesciato ogni parametro etico: la condotta inappropriata è del lavoratore il quale deve subire il quotidiano stupro di un sistema che ha eretto la violenza a normalità. Il dramma che si aggiunge all’immenso dolore per innumerevoli vite cadute sul fronte del lavoro è l’assenza di un partito di riferimento. Il 5 ottobre a Firenze i rider hanno scioperato, lo slogan era “Basta col cottimo, basta col morire per una consegna”. L’iniziativa è meritoria, purtroppo proteste isolate non possono che condurre a risultati minimi. Solo un grande movimento nazionale ed europeo che raccolga i lavoratori e le lavoratrici può ribaltare una condizione asfissiante. Non possono che tornare in mente le parole  con cui Marx chiude Il “Manifesto del Partito Comunista”:

“I proletari non hanno nulla da perdere in essa fuorché le loro catene. E hanno un mondo da guadagnare. PROLETARI DI TUTTI I PAESI, UNITEVI”.

Per unirsi bisogna uscire dal linguaggio liberista, bisogna abbattere le barriere dell’individualismo e del nichilismo di cui si nutre il turbocapitalismo. La liberazione non può che passare per la “porta stretta” del riorientamento gestaltico.

FOTO - La protesta dei rider dopo la morte del 26enne Sebastian

Fonte foto: Firenze Today (da Google)

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