La “politica al tramonto” è il titolo di un bel libro del filosofo della politica, Mario Tronti. Mai titolo (ma vale anche per il libro) fu più attuale per descrivere il presente.
L’incarico a Draghi ufficializza e, anzi, faremmo meglio a dire, consacra, la fine della politica e della democrazia sostanziale. Perché un conto è il liberalismo e un altro la democrazia. Sono due concetti ben diversi che sono stati unificati per un certo periodo storico – diciamo dalla fine della seconda guerra mondiale fino al crollo del blocco sovietico e alla nascita dell’UE – e che ora tornano a separarsi.
E il bello (si fa per dire…) è che tutte le forze politiche hanno sostanzialmente plaudito alla “scesa in campo del Salvatore”, da quelle tradizionalmente di governo (PD e Forza Italia) a quelle che millantavano di essere “antisistema”, cioè la Lega e il M5S.
Draghi è stato trasformato in una sorta di Messia, colui che dall’alto dei Cieli della Finanza europea e mondiale sceglie di farsi carne per poterci salvare, cioè per liberarci dalle pastoie di una politica (con la p minuscola) litigiosa, rissosa, meschina e, naturalmente, incapace di governare. Insomma, nei momenti più difficili, la politica si fa, deve farsi da parte, per lasciare il posto alla finanza e alla tecnocrazia. E’ il trionfo dell’economico sul politico. La politica, quella con la p minuscola, interpretata alla perfezione – va riconosciuto – da tutti gli attuali esponenti politici, nessuno/a escluso/a, auto decreta la sua morte, la sua sostanziale e riconosciuta inutilità, e lo fa anche con una certa enfasi, declamando, paradossalmente (ma neanche più tanto, arrivati a questo punto…), le lodi del suo becchino.
Siamo di fronte ad un processo, sia chiaro, che non nasce ieri o ieri l’altro ma dura da molto tempo – diciamo dal crollo del cosiddetto “socialismo reale” (e di tutto quello che ha trascinato con sé) – ed è stato preparato con cura.
“La fine delle ideologie”, “il capitalismo come fine e meta ultima della storia”, “l’andare oltre le vecchie e superate categorie di destra e sinistra”, “il conflitto di classe è un anticaglia del passato”. Questi ed altri sono stati i mantra ripetuti sistematicamente durante questi ultimi trent’anni e nessuno o quasi si è sottratto a questo coro ditirambico ripetuto in forme ossessive.
Nello stesso tempo, le “vecchie” (perché così considerate dal “nuovo” che avanza…) categorie della politica, ormai da tempo consegnate alla famosa critica roditrice dei topi, sono state sostituite dalle nuove filastrocche del pensiero “debole postmodernista e politicamente corretto”: diritti civili (interpretati a senso unico e loro “esportazione” manu militari laddove necessario…), celebrazione del femminile e contestuale criminalizzazione del maschile (meglio conosciuto come femminismo), esaltazione della tecnica (in tutti i sensi, quindi morte della Politica con la P mauiscola e del dibattito filosofico ridotto a carosello di opinioni), “governismo” (riduzione dell’azione di governo all’applicazione di decisioni già prese in altre sedi, extra e sovra nazionali).
Il “sistema” ha provveduto anche a costruirsi una (finta e ad esso funzionale) opposizione che si è incarnata nelle forze cosiddette “populiste e sovraniste”, per lo più di destra. Sulla categoria del populismo (che è molto vasta ed articolata…) ci sarebbe da discutere molto e non posso farlo in questa sede. Diciamo che nel nostro caso specifico si tratta di un populismo reazionario, interclassista, sovranista” (solo a parole…), che fa leva e fa di tutto per alimentare quella “pancia” qualunquista, individualista, egoista e anche molto provinciale che specialmente in questo paese non è mai morta e che torna a galla, ingigantita, nelle fasi di “caduta verticale del tasso di coscienza e di politicizzazione”, come quella che stiamo vivendo.
Il M5S, un movimento nato già con grandi contraddizioni al suo interno ma espressione di un legittimo malcontento sociale e popolare, è ormai all’anticamera della sua estinzione. Mi dispiace per tutte quelle persone che ci hanno creduto in buona fede ma le cose stanno, a mio parere, in questo modo. Nato con velleità “anti sistema” si ritrova ora a dover appoggiare la massima espressione che quello stesso sistema è in grado di produrre, cioè il governo di un banchiere, di quello che oggi è forse il più importante tecnocrate in circolazione. Ha contribuito anch’esso a diffondere la filastrocca – qualunquisticamente interpretata – del superamento delle categorie di destra e di sinistra. La verità vera è che la “destra” esiste, è viva, vegeta e occupa l’intero arco delle attuali forze politiche, anche se articolate e declinate su posizioni politiche diverse e soprattutto in forme culturali/ideologiche diverse. E’ la SINISTRA (cioè una forza realmente Socialista e autenticamente alternativa all’attuale ordine sociale, con le sue contraddizioni, vecchie e nuove), con le maiuscole e senza le virgolette, che non esiste più.
Il “governissimo” che sta per nascere non fa che formalizzare quello che nei fatti era già avvenuto da tempo, e cioè la morte della politica e della dialettica politica, quindi della democrazia sostanziale.
Esistono, potenzialmente, lo spazio e soprattutto le ragioni per la costruzione ex novo di quella forza Socialista, realmente alternativa, di cui sopra. Ma al momento sono solo, appunto, potenziali.
Fonte foto: Starting Finance (da Google)