L’aeroporto di
Malpensa è stato dedicato a Silvio Berlusconi. I giovani dem raccolgono firme per “detitolare”
l’aeroporto. Si valuta il ricorso al TAR e si organizzano manifestazioni. Di Palma (Enac) ha dichiarato: “Stupito dalle
polemiche, negli Usa hanno dedicato un aeroporto a Kennedy”. Insomma, ancora
una volta, va in onda la Versailles italiana. Le sinistre al suono della parola
Berlusconi ritrovano l’unità, i giovani dem si organizzano sulle piattaforme
per “lo scandalo”, mentre la sinistra sostiene la guerra che si finanzia
tagliando i diritti sociali. La solita Italia della “politica minima” e “senza
ideali”. Un aeroporto dedicato ad un
uomo condannato per frode fiscale e che non è stato un fulgido modello di trasparenza
è sicuramente anomalo, ma in linea con la politica trasversale ad ogni partito
finalizzata a difendere i particolarismi e le oligarchie. Il paragone con
Kennedy potrebbe far sorridere, malgrado il Presidente degli Stati Uniti sia anch’esso
personaggio discutibile tra ombre e luci. In tutto questo marasma resta fuori
il paese reale sempre più precario e sempre più sotto lo zoccolo di ferro
dell’aziendalizzazione totalitaria. In questo clima da Versailles o da
scollatura schizoide dal “crudo vero” taluni propongono di titolare l’aeroporto
ad una donna. Si risponde al divorzio con la realtà mediante il politicamente
corretto. Si resta prigionieri delle grammatiche del potere che utilizzano
certi temi dal facile consenso irriflesso per essere “popolari”, mentre la
nazione reale è lacerata da contraddizioni e da violenza. Per ritornare nella
realtà si potrebbe proporre di dedicare Malpensa ad un lavoratore morto sul
lavoro. Un lavoratore preferibilmente “uomo”, solo perché i morti sul lavoro
sono in gran parte uomini che svolgono attività manuali. Nel 2023 i morti sul
lavoro sono stati 1041, 86 donne riportano le statistiche. Ogni vittima è
meritevole egualmente della nostra attenzione e della nostra rabbia etica. Sono
uomini e donne che lavoravano per portare il pane a casa e che lasciano dietro
di sé il dolore dei sopravvissuti spesso lasciati soli e disperati dal sistema
Italia. Dedicare Malpensa ad uno di loro
sarebbe un bel modo per denunciare che in Italia ci sono uomini e donne che si
sfiancano di lavoro fino a morirne e che la competizione anglo-globalista
richiede misure di sicurezza al ribasso e orari di lavori disumani. I ricchi
diventano sempre più ricchi, mentre i poveri perdono se stessi (reificazione) e anche la vita sul lavoro. Si dovrebbero dedicare piazze e strade, anche,
ai lavoratori e alle lavoratrici che sono stati cannibalizzati sul lavoro,
affinché il sistema possa essere competitivo e produttivo. I caduti sul lavoro:
uomini, donne o migranti che siano, sono tutti egualmente vittime di un sistema
in cui si lavora e si può essere poveri; si lavora e si può morire. Non sono
considerati esseri umani, ma braccia e forza muscolare, ovvero dei semplici
mezzi da rimpiazzare. I sindacati e il popolo del lavoro dovrebbero cominciare
ad esigere tali intitolazioni, perché la ricchezza prodotta dalla nazione non è immacolata ma macchiata dal sudore, dalle
lacrime e dal sangue di circa un migliaio e anche più ogni anno di martiri del
lavoro senza dimenticare parenti, mogli, mariti e figli. Il dolore è esperienza
sociale.
La coscienza di classe può cominciare a ricostituirsi congedandosi dai “grandi” e guardando la storia dalla prospettiva dei “piccoli” che la fanno realmente fino a morirne.
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