Domani, 31 maggio, è stato indetto da alcuni sindacati (sicuramente dall’USB, non sappiamo se altri abbiano aderito) uno sciopero generale di quattro ore del comparto dell’industria per portare all’attenzione dei media e dell’opinione pubblica l’immane tragedia dei morti sul lavoro.
Aderiamo all’iniziativa, naturalmente, senza se e senza ma.
E’ però stupefacente che i promotori omettano di dire che questa tragedia ha un suo pesantissimo risvolto di genere, giacchè colpisce quasi esclusivamente lavoratori maschi, con percentuali che oscillano fra il 93% e il 97% (il restante 4/5% sono lavoratrici che muoiono in itinere, cioè sostanzialmente per incidente stradale mentre si recano sul posto di lavoro).
Perché questa incredibile omissione? I lavoratori e soprattutto le lavoratrici non hanno paura della verità. Sono i padroni, i potenti, le classi dominanti che da sempre hanno paura della verità, non i poveri, i proletari, gli operai, le classi dominate. Al contrario, la forza di queste ultime risiede proprio nella verità che, come diceva Lenin, è rivoluzionaria. E aveva ragione.
Perché, dunque, occultare un fatto così evidente? Chi è che ha paura che questa verità emerga? I lavoratori? Non credo proprio. Le lavoratrici? Neanche, perché dovrebbero.
Perché i sindacati – passi per quelli collaborazionisti ma non per quelli antagonisti – occultano il risvolto di genere (maschile) di questa tragedia? Di cosa hanno paura?
Tanto più che a parti invertite – aggiungo, anche sacrosantamente – il risvolto di genere non sarebbe di certo passato inosservato, per usare un eufemismo.
E allora, perché questo black out? Se la verità è (sempre) rivoluzionaria (e non potrebbe essere altrimenti), occultarla o manipolarla è un fatto oggettivamente controrivoluzionario. Perché, dunque, questo strabismo?
Ce la facciamo ad aprire una riflessione? O siamo terrorizzati e paralizzati al punto tale di chiudere gli occhi e fingere di non sapere e di non vedere?