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La frittata è stata fatta, su questo non c’è dubbio. A distanza di un paio di mesi la giunta Raggi perde pezzi su pezzi, assessori, capi di gabinetto, dirigenti e amministratori di aziende pubbliche che rassegnano le dimissioni o spinti a rassegnarle, da chi non si sa, o forse sì.
Insomma, chi comanda al Campidoglio? Il cosiddetto “raggio magico”, cioè il gruppo di fedelissimi della sindaca, oppure gli uomini e le donne che il “direttorio” nazionale del M5S ha affiancato alla Raggi? Oppure ancora consorterie, gruppi di potere e camarille varie a cui la Raggi sembra essere ancora legata? Come si concilia tutto ciò con la filosofia – già debole, a mio parere – del movimento pentastellato?
Direi assai poco se non nulla.
Il fatto che l’assessora all’ambiente Muraro abbia ricevuto un avviso di garanzia non è di per se grave. L’avviso di garanzia è stato infatti concepito per tutelare chi lo riceve, non per gettarlo sulla graticola o nelle fauci del sistema mediatico. In un paese civile e democratico un avviso di garanzia è appunto un avviso di garanzia, cioè un atto che serve a tutelare l’indagato, a metterlo semplicemente al corrente che c’è un indagine in corso sulla sua persona. In Italia non è più così ormai da decenni e ricevere un avviso di garanzia significa già essere condannati, non prima di essere sottoposti alla gogna mediatica e al pubblico ludibrio, quindi bruciati, come si suol dire. Le ragioni di questa situazione sono diverse ma penso di poter dire che la causa prima sia la crisi della Politica con la P maiuscola, che ha lasciato vuoto uno spazio enorme che è stato riempito dai media e da un utilizzo strumentale del potere giudiziario, non tanto e non solo da parte dei giudici, che restano pur sempre delle pedine, quanto dai veri padroni del vapore, che utilizzano sia gli uni che gli altri per i loro interessi. Proseguendo dialetticamente, il discorso dovrebbe continuare ancora a lungo, perché ci si dovrebbe interrogare a monte sulla ragioni strutturali che sono a monte della crisi della Politica, ma lo farò in altro momento, data la complessità del tema.
Fatta questa premessa, ciò che è grave non è quindi il fatto che la Muraro abbia ricevuto un avviso di garanzia (anche se per la filosofia grillina questa dovrebbe essere una ragione più che sufficiente per mandarla a casa per tutta la vita) quanto il fatto di aver tenuto nascosto il fatto e di aver più volte pubblicamente dichiarato di non essere soggetta a nessun genere di indagine. E ancora più grave è il fatto che anche la sindaca era al corrente dell’avviso di garanzia ricevuto dalla Muraro, e nonostante ciò anche lei ha dichiarato di non saperne nulla, per lo meno fino a un paio di giorni fa quando, convocata dalla commissione parlamentare di inchiesta sulle ecomafie, ha ammesso di esserne stata a conoscenza fin da subito. In poche parole, entrambe hanno mentito. E questo è grave, non solo per i grillini ma per tutti. E’ bene ricordare che per le stesse ragioni, e a volte anche per molto meno, gli uomini e le donne del M5S hanno invocato a gran voce le dimissioni di questo o quel sindaco, di questo o quell’amministratore, e addirittura di amministratori eletti tra le loro fila, come il sindaco di Parma, Federico Pizzarotti, dimostrando di non guardare in faccia a nessuno.
E’ vero che Roma non è Parma però, se la coerenza non è acqua fresca, qualcuno e soprattutto qualcuna dovrebbe trarre delle conclusioni.
Ma c’è un aspetto poco chiaro in questa vicenda che contribuisce a rendere le acque ancora più torbide. E, a mio parere, è proprio questo l’aspetto più grave che dovrebbe essere chiarito in modo netto e definitivo. Mi riferisco a quelle relazioni che la sindaca e il suo staff sembrerebbero avere con gruppi e conventicole con i quali invece si sarebbe dovuto tracciare una cesura netta, anche per non ingenerare sospetti. Perché un uomo come Marra, legato alla destra romana, ex braccio destro di Alemanno e della Polverini, non è stato ancora allontanato – nonostante lo stesso Grillo avesse chiesto di revocare la sua nomina a capo di gabinetto – e anzi sembra che abbia avuto un ruolo centrale nel provocare questa crisi? Cosa e chi c’è dietro a questo personaggio? Quali interessi e quali consorterie rappresenta? E soprattutto, cosa lega la sindaca a questo personaggio al punto tale da tenerselo stretto quando lo stesso Grillo in persona aveva suggerito il suo allontanamento?
E ancora. Sembrerebbe che il nuovo assessore al bilancio sia stato “suggerito” da ambienti vicini all’ex esponente di Forza Italia, Cesare Previti, cioè il peggio del peggio di quella casta che, in questo caso giustamente, il M5S vorrebbe rottamare senza se e senza ma. Solo illazioni? Può essere. Però allora ci si deve pronunciare pubblicamente e con forza e si debbono fare passi concreti in quella direzione sia in un caso che nell’altro. Nulla di tutto ciò è stato fatto e l’impressione che si ha, dall’esterno, è che si stia giocando una partita interna, cioè fra correnti interni al M5S e fra gruppi di potere che in qualche modo condizionano la sindaca e la giunta. Una partita rispetto alla quale la base del movimento, gli iscritti, la rete e i meet up sono del tutto estranei e all’oscuro.
Insomma, le aspettative – non nostre, per la verità – ma di tanta gente, erano ben altre. A mio parere sbagliano anche i dirigenti nazionali del movimento, con Grillo e Di Maio in testa, a minimizzare, e a ripetere che in quattro e quattr’otto si risolverà tutto. Non è un atteggiamento politico. Molto meglio cercare di capire cosa sta accadendo e la mia opinione è che tutto ciò non sia riconducibile al dilettantismo e all’inesperienza, come in molti sostengono. A mio parere invece, il tutto è di natura squisitamente politica e riguarda quelle contraddizioni e quelle ambiguità che il M5S molto probabilmente non può sciogliere, perché scioglierle significherebbe liquidare il movimento così come è stato concepito ed è cresciuto. E’ proprio la sua “filosofia” (parola molto impegnativa per un movimento del tutto privo di un orizzonte ideale e culturale “forte”) che gli si sta ritorcendo contro. Infatti, come può un uomo di destra come Marra stare nella stessa amministrazione politica con un vecchio (nel senso positivo del termine, in questo caso…) comunista come Berdini? Cosa hanno in comune i due? Nulla, per fortuna. Ma è ovvio che questa è una contraddizione macroscopica destinata necessariamente ad esplodere. Ed è una contraddizione tipica di un movimento che ha fatto dell’andare “oltre le categorie di destra e di sinistra” una sua bandiera. E questi sono i risultati. Perché “andare oltre la destra e la sinistra” può essere utile e funzionale per raccogliere consensi presso un popolo che ha smarrito ogni senso di appartenenza, di identità e di coscienza politica e di classe, in una fase storica come questa dove quel senso di appartenenza e quella coscienza sono state scientemente distrutte, ma poi, sul lungo periodo, questo gioco non può reggere perché si dovranno fare delle scelte. Andare “oltre la destra e la sinistra” significa imbarcare pezzi e gruppi da una parte e dall’altra, significa mettere insieme il diavolo e l’acqua santa, i sindacalisti di base e i comitati di quartiere e gli studi degli avvocati di Roma nord che “suggeriscono” le nomine degli assessori, significa appunto mettere sulla stessa barca uomini come Berdini e Marra. Quanto sta accadendo a Roma, dunque, niente altro è se non il risultato dell’ambiguità strutturale del M5S. Un’ambiguità che difficilmente potrà essere sciolta.
La crisi in cui si trova il M5S romano non va dunque interpretata in modo politicista o soltanto nei termini della congiura di palazzo. Al contrario necessita di una lettura molto più profonda e di una risposta che il gruppo dirigente grillino a mio parere non può e non è in grado di dare.