Stilare una classifica che stabilisca il livello di gravità della violenza è assai arduo se non impossibile, perché entrano in gioco tanti fattori quali il contesto, le circostanze, l’ambiente, le condizioni psicologiche, le motivazioni (vere, presunte o pretestuose) di chi l’agisce e tanti altri aspetti ancora.
Tuttavia, se dovessimo in linea di principio stabilire una sorta di gerarchia in tal senso, non c’è alcun dubbio che al primo posto dovrebbe essere posta la violenza agita sui minori. E questo per una ragione evidente: i bambini sono indifesi, comunque sicuramente i più indifesi rispetto a chiunque altro, donne o uomini che siano. Questa è la ragione che rende la violenza contro i bambini la più odiosa rispetto a tutte le altre.
Eppure – nonostante questa (particolarmente) spregevole forma di violenza sia purtroppo diffusa e ampiamente praticata – non c’è nessuna emergenza in tal senso, nessuna martellante campagna mediatica per contrastare la violenza contro i minori, al contrario di ciò che accade per il fenomeno della violenza contro le donne (quella subita dagli uomini, da parte di altri uomini o da parte di donne, non è neanche contemplata, non è oggetto di interesse mediatico nè di altro genere, è semplicemente ignorata o data per scontata) che, per quanto gravissima, è sicuramente meno grave (in base al discorso di cui sopra) rispetto a quella subita dai bambini e dalle bambine.
Perché, ci si chiederà? Per una ragione molto semplice. Se il fenomeno della violenza sui minori fosse portato all’attenzione dell’“opinione pubblica” con la stessa potenza mediatica con cui viene portato quello della violenza contro le donne, emergerebbe inevitabilmente che tale forma di violenza è agita indifferentemente sia da uomini che da donne, anzi, soprattutto dalle donne. Non perché, ovviamente, siano più “cattive” degli uomini, ma semplicemente perché, rispetto a questi ultimi, sono a contatto con i minori in misura sicuramente maggiore, basti pensare alle maestre elementari, di scuola materna, alle insegnanti delle scuole medie, alle assistenti e alle operatrici degli asili ecc. e naturalmente alle madri che specialmente durante gli anni dell’infanzia hanno un rapporto molto più stretto (e non sempre psicologicamente sano) con i figli rispetto ai padri (come è normale che sia…).
Ma mettere in evidenza il fenomeno della violenza sui minori equivarrebbe, per le ragioni che abbiamo spiegato, a disintegrare la narrazione ideologica-mediatica neofemminista dominante che si fonda sulla vittimizzazione tout court del genere femminile e sulla criminalizzazione altrettanto generalizzata di quello maschile, e naturalmente a ridimensionare notevolmente se non a minare in via definitiva la campagna mediatica in corso da anni contro la violenza (maschile, ovviamente…) sulle donne. E questo nessuno lo vuole, dall’estrema sinistra all’estrema destra, dal momento che tutte le forze politiche, nessuna esclusa, aderiscono, da questo punto di vista, alla narrazione ideologica-mediatica dominante (una contraddizione in termini per quella sinistra che si definisce “antagonista” e che non abbiamo mancato di evidenziare più volte…).
Il tema è ovviamente scabroso oltre che destabilizzante sotto ogni punto di vista. Pensiamo ad esempio alla figura genitoriale femminile che da sempre è stata mitizzata. La “mamma è sempre la mamma”, e da sempre è stata considerata la depositaria dell’amore, per definizione, fino ad essere trasformata in un vero e proprio archetipo. Le cose non stanno ovviamente così, purtroppo, ma si preferisce non indagare e mettere la testa sotto la sabbia perché affrontare il tema sarebbe devastante dal punto di vista psicologico, ideologico e ormai da tempo anche politico.
Altrettanto scabroso e parzialmente rimosso (anche se in misura molto minore rispetto alla violenza agita dalle donne e soprattutto dalle madri sui bambini e sui figli) è il tema della violenza fra i minori che oggi va sotto il nome di “bullismo”, anche in questo caso agita indifferentemente sia da maschi che da femmine (come ogni forma di violenza, del resto…).
Questo fenomeno (così come quello della violenza agita dalle donne) viene interpretato come un retaggio della violenza degli adulti (e naturalmente degli adulti maschi). I bambini e le bambine agirebbero in modo violento sostanzialmente per mimesi, cioè per imitazione dei comportamenti degli adulti (ovviamente maschi). Così facendo si mantiene intatto anche il mito dell’innocenza dei bambini, un altro archetipo che non si vuole incrinare perché sarebbe altrettanto destabilizzante ammettere che anche i bambini e le bambine sono in grado di agire in modo violento, sia dal punto di vista fisico che psicologico.
Da tutto ciò emerge ciò che già sappiamo, e cioè che l’unica violenza riconosciuta e ammessa (e stigmatizzata) come tale è quella maschile. Tutte le altre forme di violenza sono tutt’al più dei derivati di quella.
Tutto molto rassicurante e naturalmente tutto molto falso. Ma se Parigi val bene una messa, la nostra (loro…) serenità val bene una grande rimozione.
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