Il nome di Giuseppe Conte, dopo mesi di stallo –come ricorderete – fu tirato fuori dal cilindro dal M5S che lo propose come uomo di mediazione fra lo stesso M5S e la Lega. Un professionista, un “tecnico”, estraneo alla politica e proprio per questo aderente alla narrazione “anticasta” grillina e nello stesso tempo funzionale come elemento di mediazione politica.
All’inizio nessuno gli concesse la benchè minima credibilità, considerato più o meno da tutti (compreso il sottoscritto) come una mera testa di legno se non un vero e proprio burattino, messo lì, appunto, per l’impossibilità oggettiva (data la natura e la profonda diversità dei due alleati di governo) di esprimere una figura politica più rappresentativa.
E però dopo alcuni mesi, il signor Conte ha rivelato una non indifferente capacità politica, smarcandosi dal ruolo che gli era stato di fatto assegnato e acquisendo una sempre maggiore autonomia politica che lo ha portato da una parte ad oscurare quello che doveva di fatto essere il suo reale capo politico, cioè di Maio (letteralmente annichilito dalla sovraesposizione mediatica e politica di Salvini e dal crescente ruolo assunto da Conte), e dall’altra a confliggere frontalmente e radicalmente con Matteo Salvini, uscendone peraltro vincente. Sappiamo tutti come sono andate le cose e non ci torno sopra più di tanto.
E’ bene ricordare che anche la casualità è una categoria filosofica del reale, come ci insegna Hegel, e quindi anche della politica. Fatto sta che in virtù di quella casualità e dell’impossibilità oggettiva, anche in questo caso, di nominare un altro premier (sia pure di mediazione, fra il PD e il M5S), Conte si ritrova a guidare anche il nuovo esecutivo con il PD. In tutto ciò, naturalmente, c’è da registrare una totale spregiudicatezza e un profondo trasformismo che però – va detto – riguarda l’intera attuale classe politica italiana, non certo solo Conte, il quale ha però dimostrato di sapersi destreggiare con disinvoltura nei palazzi della politica e anche di avere una sua “visione” politica. Quest’ultima è più che un parolone, ovviamente, ma ci capiamo.
Quello che voglio dire è che, se dovessi in qualche modo attribuire una connotazione politica a Conte, lo definirei un democristiano, forse un “fanfaniano” o un “moroteo”; altre vette, sia chiaro, ma si fa sempre a capirci. Anche le simpatie di cui indubbiamente gode negli ambienti vaticani (forse gli unici di cui gode, seppure notevoli…) spingono a pensare in tal senso.
Ora accade – rituffandoci nel presente – che tutte le forze politiche, nessuna esclusa (con l’eccezione del M5S e forse neanche tutto) lavorano per farlo fuori, a cominciare dal PD a cui è stato di fatto imposto, in un gioco di squadra dietro le quinte e non dichiarato, ovviamente, ma molto concreto. Conte, soprattutto in seguito allo stato di emergenza per via del coronavirus, ha rubato la scena un po’ a tutti, a cominciare da Salvini (i sondaggi vedono i suoi consensi calare sensibilmente dal 38 al 28%), per non parlare di Renzi che dispone di un nutrito drappello di parlamentari ma è dato, sempre dai sondaggi, a percentuali elettorali irrisorie. Per questa ragione sono i più scatenati nel fargli la guerra, sia pure con toni e modalità diverse (Renzi sostiene per ora il governo e quindi deve necessariamente usare toni e modi diversi). Anche Forza Italia picchia duro, insistendo soprattutto sulla inaffidabilità di Conte nei confronti dell’UE. E qui incontra il sostegno, sia pure ovviamente non dichiarato, del PD e della sua componente “europeista” – oggi quella più egemone – guidata da Gentiloni, Gualtieri e Sassoli i quali, nel tiro alla fune che lo stesso Conte ha tentato con l’UE, hanno di fatto e anche formalmente tirato la fune dalla parte opposta. Né poteva essere altrimenti. Ora, peraltro, anche Zingaretti e altri esponenti del PD si stanno accodando al coro salmodiante dei liberisti di ogni ordine e grado (di cui sono parte integrante) che invocano la riapertura immediata del paese e soprattutto delle attività produttive, strepitando, starnazzando e sventolando strumentalmente la bandiera della libertà, dei diritti e dei principi della Costituzione, a cominciare d Salvini, Meloni e Berlusconi (buttiamola a ridere che è meglio…). In questa vis “libertaria” che serve solo a camuffare un individualismo belluino, rapace, profondamente anti comunitario, anti democratico e anti socialista, del tutto indifferente alla salute e al benessere delle persone (indipendentemente dalla crisi Coronavirus in atto), finiscono per incontrarsi – una volta, molto tempo fa, avremmo detto paradossalmente, da tempo non più – con la sinistra cosiddetta “radicale”, del tutto imbevuta di ideologia neoliberale (senza esserne peraltro consapevole, il che è forse anche peggio) che strepita alla violazione delle libertà personali e costituzionali. Mi rendo conto che essere impossibilitati a fare jogging o l’apericena al Pigneto o ai Navigli per un mese e mezzo sia vissuto come una violenza insopportabile e intollerabile da molti/e, a destra come a “sinistra”. Ed è per questo, che in questo caso i pruriti (a dir poco strumentali…) di Salvini, Meloni e dei loro amichetti di Forza Nuova che vogliono la riapertura delle chiese al pubblico si incontrano con quelli della sinistra” radicale (di fatto liberale) e talvolta anche “antagonista” che (la verità è amara e mai rassicurante…) protesta in modo veemente per le limitazioni e le violazioni alla libertà di circolazione in Italia ma finge di non sapere che queste misure di contenimento sono state adottate in modo molto più duro (anche in termini sanzionatori) anche in Cina.
Personalmente, ritengo che siano altre le questioni (e le libertà vere…) di cui preoccuparsi, e non mi riferisco solo al Covid ma anche e soprattutto a come si uscirà da questa crisi, quali saranno le reazioni e le strategie delle classi e dei gruppi dominanti a livello mondiale e dei loro apparati politici, militari, di intelligence, di sicurezza, mediatici ecc. Di questo bisognerebbe cominciare a preoccuparsi. Del possibile restringimento della libertà di informazione, dei diritti dei lavoratori e della agibilità sindacale nelle aziende e sui posti di lavoro, di un possibile controllo sempre più pervasivo e “orwelliano” sui cittadini, sull’uso spregiudicato e tendenzialmente eversivo che potrebbe essere fatto della tracciabilità e dei nuovi strumenti tecnologici.
Conte si trova oggi a gestire questa crisi, sa perfettamente che tutti remano contro di lui e cerca di giocarsi le sue carte sfruttando la sua visibilità e anche la determinazione che, obiettivamente, sta dimostrando di possedere. E’ altrettanto consapevole che difficilmente potrà in un futuro prossimo essere confermato come capo di un esecutivo (di centrosinistra e men che meno di centrodestra) e molto probabilmente, se non certamente, darà vita ad una sua formazione politica, sempre che il M5S non decida di capitalizzare i consensi da lui stesso ottenuti ed eleggerlo a capo politico in sostituzione dell’incolore Di Maio e del più “movimentista” Di Battista.
Tutto ciò non significa affatto, ovviamente, giustificarlo, perché in quanto capo del governo (nessuno lo ha costretto…) è oggettivamente responsabile di tutte le decisioni assunte dall’esecutivo, comprese quelle da lui non condivise. E però è bene avere le idee chiare sulle dinamiche reali che stanno dietro le quinte del teatrino mediatico che ci viene proposto quotidianamente, onde evitare di prendere lucciole per lanterne.