Karl Marx amava, nella sua passeggiata domenicale verso le alture londinesi di Hampstead, leggere e declamare Dante. “Segui il tuo corso, e lascia dir le genti”. Questo famoso verso del gran fiorentino rafforza il suo disinteresse verso la superficialità della opinione pubblica e chiude la prefazione alla prima edizione del 1867 aprendo la trattazione del libro I de “Il Capitale”: la merce, lo scambio, il denaro….
Marx, togliendosi dalla chiacchiera, si volge a ciò che è reale, che hegelianamente è anche razionale, cioè già illuminato da altri studi ma anche da “pratiche” (sociali e politiche) di uomini in carne ed ossa. Al contrario, lo spazio mentale di SEL, che in compendio, come il Bignami, riassume tutti i mali della sinistra anti-marxiana, è di volgersi all’inverso dal reale all’immaginario soggettivo, al dir delle genti.
In questi anni a partire dall’aver visto una “cosa” (un osso? un sasso?) di Occhetto, la mente di tutta l’ “intellighenzia” di sinistra, moderata o radicale, ha avuto questa fortissima inclinazione soggettivista, tanto evidente nella retorica assai demagogica del “dobbiamo fare” e di tutta la declinazione dei verbi di volontà a fronte di un’analisi infantile e manichea della realtà ridotta a “il grande male è Berlusconi”.
Di questo schema agostiniano (il problema dell’origine metafisico, a-storico, del male) SEL -cioè la fase suprema del pensiero antidialettico – è la sublimazione, il prodotto perfetto.
A differenza dei più prosaici cugini del PD, che non avendo alcuna ambizione critica erano consapevoli di usare l’argomento Berlusconi per intorpidire il popolo – uso ideologico – tant’è che hanno sempre spartito insieme a lui (al male) quel che c’era da spartire e poi, adesso, alla “prosa della prosa”, ci fanno direttamente governi e accordi, i poeti dell’ecologia e della libertà hanno tanto creduto a quello schemino che ci hanno costruito su un mondo intero: quello abitato da omofobi, stupratori, fascisti e maleducati, mutatis mutandis simile a quello securitario narrato dalla destra fatto di immigrati, zoccole, comunisti e scippatori (non organizzati in cosche).
Dentro questo mondo senza tempo, perché senza attinenza ai processi generativi di inumanità e senza lo spazio del dominio del Capitale sugli uomini, dentro questo mondo inerziale è stato possibile disegnare una manfrina politica moralistica, fatta di diritti individuali, di cultura della diversità promossa omogenea, di legislazione speciale spettacolare (es. il femminicidio). Insomma baloccarsi, questo sì, nell’anti-politica, nell’azione assolutamente inefficace perché già nelle corde della “compiuta peccaminosità” capitalistica, come chierici del relativismo che permette già tutto.
Nel suo senza tempo storico, SEL ha imbambolato e fissato gli eremiti di una rivoluzione che fu, al fu, alla società patriarcale, mentre il mondo è senza famiglia come attestano i meninos de rua, i bjesprizorniki ucraini, l’abbandono dei bambini di strada, oppure alla vigilanza antifascista nel mondo della compiuta liquidazione oligarchica della democrazia.
Soprattutto questa modalità soggettivistica-agostiniana di guardare all’indietro il mondo ha finito per obliare lo spazio del popolo nella sua condizione materiale, fatta di lavoro sempre sofferente anche quando c’è, e disprezzare la sua cultura passionale, spesso irrazionale ma riflessa misura dello sfruttamento.
Nel bon ton della Boldrini come nell’impegno a contrastare il populismo c’è tutta la cifra di questo distacco, mentre la frequente locuzione vendoliana di “dolore sociale” è apparsa più chiara quando si è dipinta sui volti preoccupati dei dirigenti eletti, “addolorati” per la perdita di poltrone e di reddito.
Era inevitabile il tramonto di un’avventura immaginaria. Rimane la realtà complessa nel suo farsi e da studiare sulle tracce di Marx.