Un mio amico ha pubblicato su facebook alcuni giorni fa un articolo a firma di Fabrizio Simonelli sulla ben nota vicenda di uno dei nostri “eroi” nazionali, cioè Indro Montanelli, il quale con grandissima disinvoltura e anche con malcelata soddisfazione ha raccontato più volte di essersi “comprato” una ragazzina di dodici anni (dicasi 12) in Eritrea nel periodo dell’occupazione coloniale fascista. “Ma un fatto simile in quel contesto – spiegava con altrettanta non chalance lo stesso Montanelli in un intervista televisiva del 1969 – era del tutto normale. Lì a dodici anni le ragazzine sono già donne, non è mica come da noi. Sono i loro stessi padri, le loro stesse famiglie che te le vendono”. Di seguito come potete il video dell’intervista https://www.youtube.com/watch?v=QGSQ_ZEgViU – e l’articolo di Simonelli che riporto integralmente:
“PEDOFILIA E FASCISMO: LE VISCERE DELLA FOLLIA.
Quello che fece Montanelli si chiamava “madamato” ed era una pratica molto in voga nel 1936; tutti i fascisti avevano la propria madama minorenne dentro al letto.
Montanelli acquistò una moglie dodicenne (12 ANNI) durante la stagione del colonialismo fascista in Eritrea.
Correva l’anno 1936, e quella che sarebbe diventata una delle penne più prestigiose d’Italia scriveva nel numero di gennaio del periodico “Civilta’ Fascista” un articolo in cui si sosteneva che “non si sarà mai dei dominatori, se non avremo la coscienza esatta di una nostra fatale superiorità. Coi negri non si fraternizza. Non si può, non si deve. Almeno finché non si sia data loro una civiltà“.
Ma evidentemente non tutti i tipi di “fraternizzazione” erano sgraditi a Montanelli, come ha raccontato il diretto interessato in una intervista rilasciata a Enzo Biagi per la Rai nel 1982: “aveva dodici anni, ma non mi prendere per un Girolimoni, a dodici anni quelle lì erano già donne. L’avevo comprata a Saganeiti assieme a un cavallo e un fucile, tutto a 500 lire. (…) Era un animalino docile, io gli (sic) misi su un tucul (semplice edificio a pianta circolare con tetto conico solitamente di argilla e paglia) con dei polli. E poi ogni quindici giorni mi raggiungeva dovunque fossi insieme alle mogli degli altri ascari“.
L’episodio era gia’ stato rievocato in precedenza nel 1969, durante il programma di Gianni Bisiach “L’ora della verita’”, in cui Montanelli ha descritto la sua esperienza coloniale: “Pare che avessi scelto bene – racconto’ Montanelli – era una bellissima ragazza, Milena, di dodici anni. Scusate, ma in Africa e’ un’altra cosa. Cosi’ l’avevo regolarmente sposata, nel senso che l’avevo comprata dal padre.
La moglie bambina di Montanelli (abbandonata al suo Tucul e al suo destino quando il giornalista è rientrato in Italia); le leggi razziali proibivano di elevare al rango di moglie vera e propria una “madama” acquistata per i soggiorni nelle colonie.
Il “madamato”, infatti, non era un vero e proprio matrimonio con parita’ di diritti e doveri, ma una forma di “contratto sociale” segnata dal dominio autoritario del colonizzatore sull’indigeno, dell’uomo sulla donna, dell’adulto sul bambino, del libero sul prigioniero, del ricco sul povero, del forte sul debole. E alla fine avevi qualcosa che era meno di una moglie e poco piu’ che una schiava.
Era importante fare in modo che queste relazioni di dominio con le “belle abissine” non sconfinassero mai nel terreno dei sentimenti, e per questo nel Regio Decreto 740 del 19 aprile 1937, dal titolo eloquente “Sanzioni per rapporti di indole coniugale tra cittadini e sudditi“, si era stabilito che “il cittadino italiano che nel territorio del Regno o delle Colonie tiene relazione d’indole coniugale con persona suddita dell’Africa Orientale Italiana o straniera appartenente a popolazione che abbia tradizioni, costumi e concetti giuridici e sociali analoghi a quelli dei sudditi dell’Africa Orientale Italiana è punito con la reclusione da uno a cinque anni“.
Fin qui tutto già tristemente noto. Ciò che mi ha lasciato di stucco è stato il dibattito che ha fatto seguito al post del mio amico. Molti sono intervenuti per difendere e giustificare il comportamento spregevole e intimamente razzista di Montanelli attraverso una sorta di “contestualizzazione” storica e culturale del fatto stesso. Nella sostanza ciò che ha fatto anche Montanelli. Un tentativo – miserabile – di camuffare lo stupro di una bambina e un atto di violenza razzista come un evento “normale” dato il luogo, le circostanze e il contesto sociale e culturale. Se tutto ciò è imperdonabile per Montanelli, che è comunque un uomo cresciuto in un determinato contesto storico (appunto, quello fascista e razzista che lo ha forgiato), lo è ancor meno per i suoi “nipotini” del terzo millennio.
Ma la cosa che mi fa ancora più incazzare sapete qual è? Che il sottoscritto che, come ormai noto, osa da tempo criticare pubblicamente e radicalmente il neofemminismo attualmente imperante (che considera un’ideologia sessista e interclassista, organica al sistema capitalistico dominante di cui è alleata, strumento e complice anche se abilmente camuffata sotto spoglie “progressiste e di sinistra”), è accusato di essere un becero maschilista, “patriarcalista” e reazionario, e questi squallidi personaggi, molto più numerosi di quanto si possa pensare (loro sì, veramente maschilisti, reazionari e fascisti), non osano pronunciare pubblicamente una parola critica nei confronti del femminismo per poi uscirsene in “camera caritatis” con queste vergognose porcherie che testimoniano la reale natura della loro cultura politica. E li capisco (si fa per dire…), perché oggi criticare il femminismo significa esporsi al pubblico ludibrio, alla gogna, all’emarginazione umana e sociale, e non tutti hanno la forza di sopportarlo. E infatti gli insulti se li beccano il sottoscritto e tutti quegli amici e quei compagni che insieme a lui portano avanti questa fiera battaglia culturale e politica.
E va bè, poco male, questo è il destino di chi, come noi, ha il vizio di non mettere la testa sotto la sabbia, di non chiudere la bocca e di non ripararsi all’interno dei propri rassicuranti fortilizi ideologici che ormai, per chi ha occhi per vedere, fanno acqua da tutte le parti…
In ogni caso, meglio, molto meglio così. Non vogliamo questi personaggi come compagni di strada. Anzi, lontani da noi anni luce. Non sono altro che l’altra faccia di quel femminismo sessista che vogliamo combattere.