Ieri sera a Piazza Pulita, intervistato da Formigli a proposito del caso Pizzarotti, Roberto Fico, uno del direttorio del M5S, ribadiva, anche con notevole veemenza e convinzione, che il garante del movimento è solo e soltanto Beppe Grillo.
Tradotto: è Grillo che decide se qualcuno deve essere espulso, sospeso o mantenuto nei ranghi. Questo potere lo condivideva fino a poco tempo fa con Casaleggio; ora, per ovvie ragioni, è lui a decidere.
L’episodio, devo dire, mi ha lasciato alquanto perplesso. Perché in un partito “normale”, più o meno democratico – fermo restando che da che mondo è mondo la democrazia in una qualsiasi “forma-partito” è sempre stata una questione estremamente complessa e peraltro (da nessuno) mai risolta – esistono le cosiddette commissioni di garanzia, sia a livello nazionale che locale. Tali commissioni (il sottoscritto ne ha fatto parte una volta per un periodo) sono composte dai rappresentanti delle varie anime o correnti interne al partito stesso, in base ovviamente alla loro consistenza numerica. E’ la logica del cosiddetto “manuale Cencelli” che certamente non è il massimo della vita democratica, però alla fin fine, se non altro, garantisce quel minimo di rappresentanza politica in base ai numeri e alle percentuali di voti ottenuti in sede congressuale.
In realtà (chi ha fatto attività di partito lo sa bene…) tali commissioni non hanno mai avuto nessun peso e ruolo reale e molto di rado arrivavano a prendere decisioni drastiche, come l’espulsione di un iscritto, di un militante o di un dirigente, per lo meno da quando il sottoscritto si interessa di politica, cioè da una quarantina di anni a questa parte. L’eventuale decisione di espellere un iscritto era comunque discussa fra le varie componenti, magari nei “corridoi” o nelle “stanze” che contavano, ben prima che si pronunciasse la commissione di garanzia. Per dirla con parole ancora più povere, l’eventuale espulsione di un iscritto era comunque oggetto di una discussione politica più ampia che coinvolgeva, sia pure nelle forme suddette e con tutti i limiti di cui sopra, tutte le anime del partito.
Nel M5S le cose stanno messe in modo diverso, come abbiamo visto e come Fico, addirittura con enfasi, ha confermato. Esiste un “garante” (a questo punto va scritto fra virgolette perché, per come stanno le cose, appare più come un padrone piuttosto che come un garante) che è anche il fondatore del movimento, la cui decisione è sovrana, insindacabile e irrevocabile, a meno di un suo ripensamento. In parole povere è il padrone, colui che in ultima analisi decide, senza il bisogno o tanto meno l’obbligo di ascoltare l’opinione di altri. Che poi lo faccia o meno sta alla sua discrezione, non a delle regole o per statuto.
A mio parere, tutto ciò, oltre a creare delle contraddizioni interne molto forti (chi potrebbe mettere la mano sul fuoco che un iscritto meriti davvero di essere espulso per gravi ragioni di ordine morale o di incompatibilità politica oppure semplicemente perché in dissenso con i vertici o con il leader?…), cozza clamorosamente con quella che dovrebbe essere la vocazione del M5S, cioè un movimento dove in teoria uno vale uno, come amano ripetere. Una testa, un voto, come si diceva in tempi anche gloriosi. Stando però così le cose, anche il vecchio e tanto vituperato “manuale Cencelli” sembrerebbe garantire un maggior tasso di democrazia interna rispetto a quanta non se ne scorga all’interno del movimento pentastellato.
Spiace, relativamente (perché non ho una particolare affezione ideologica per il M5S), dover sottolineare certi aspetti, però fa parte della nostra prassi e del nostro modo di fare informazione e promuovere riflessione politica, dire le cose come le vediamo.
E’ ovvio, dunque, che anche questo aspetto, solo apparentemente marginale, cioè il sistema di regole e i meccanismi che regolano la sua vita interna, ci mostra con molta chiarezza i limiti e le contraddizioni di un movimento che per lo meno in linea teorica vorrebbe essere portatore di una nuova forma di democrazia ma che poi al vertice ha il famoso “uomo solo al comando” (sia pure con un “direttorio” di cinque persone di fatto sotto di lui). Una contraddizione macroscopica che non può essere elusa.
Ciò detto, personalmente non ho mai individuato nel M5S il sol dell’avvenir (qui una mia recente riflessione sulla natura del M5S https://www.linterferenza.info/attpol/qualche-breve-considerazione-sul-m5s/ ) però non c’è dubbio che al momento possa rappresentare quello strumento utile a “muovere la classifica”, come si dice in gergo calcistico, cioè a scardinare l’attuale assetto politico che vede il PD come baricentro e come forza egemone dello schieramento neoconservatore. Dopo di che si vedrà cosa succederà, quali saranno i nuovi equilibri politici del “palazzo” e di governo e come si dovrà posizionare anche rispetto a queste vicende chi, come noi, non ha abbandonato l’orizzonte di una possibile e ben più radicale trasformazione della realtà.