Voglio chiarire subito un punto fondamentale: la resistenza armata del popolo palestinese all’occupazione israeliana e al regime di apartheid a cui è sottoposto da settant’anni è un diritto legittimo sancito anche dall’ONU.
La resistenza palestinese ha dimostrato con l’azione di oggi una notevole vitalità e spregiudicatezza, riuscendo, sia pure con mezzi rudimentali (hanno utilizzato anche dei deltaplani per penetrare in territorio israeliano) a sorprendere le barriere difensive dell’esercito israeliano. E’ uno smacco pesante per Israele che, ovviamente, sta rispondendo con la solita inaudita sproporzione di forze e si fermerà solo quando avrà causato fra i palestinesi almeno venti volte il numero dei morti che ha subìto nell’attacco di questa mattina.
E’ molto probabile che questa azione delle milizie di Hamas (e, sembra, anche della Jihad palestinese, che è altro, è bene ricordarlo, dalla Jihad islamica presente in altri paesi mediorientali) abbia purtroppo provocato anche delle vittime civili fra gli israeliani, e di questo naturalmente ce ne duole. Ma è purtroppo il prezzo di sangue innocente che viene versato in tutte le guerre, anche e forse soprattutto, in quelle di liberazione. Del resto, quanti civili palestinesi vengono da sempre uccisi dai raid dell’aviazione, delle forze armate di terra israeliane e dei coloni con licenza di uccidere? Non voglio neanche mettermi a fare la pesa sulla bilancia (che ovviamente vede il piatto palestinese pendere paurosamente rispetto a quello israeliano).
Il punto, anche se potrebbe sembrare un’affermazione cinica, non è questo. Il punto è politico e, come dicevo in apertura, i palestinesi hanno il diritto di difendersi in armi e quindi anche di contrattaccare? La mia risposta è sì, senza alcun dubbio.
E’ evidente che è stata un’operazione concepita e preparata da tempo, vista anche l’efficacia e la rapidità di esecuzione. Si tratta ora di capire, dal punto di vista politico, quale strategia c’è dietro. Perché la dirigenza di Hamas ha deciso di “riaprire” (si fa per dire…) palesemente le ostilità, ben sapendo quale sarà e quale già è la violenta se non feroce reazione israeliana? E’ una strategia concordata anche con altri, ad esempio con l’Iran e il libanese Hezbollah? Se la risposta è affermativa, quali sono le ragioni che hanno spinto l’Iran (e la dirigenza di Hamas) a spingere sull’acceleratore, e proprio in questo periodo? Quali saranno le risposte politiche degli altri paesi arabi, pur con tutte le loro diverse e complesse collocazioni geopolitiche, dall’Egitto all’Arabia Saudita? Cosa si sta muovendo in Medioriente? Ricordo che pochi giorni fa in Siria, uno stato – per usare un eufemismo – non certo allineato al blocco occidentale USA-NATO-UE, l’ISIS ha rivendicato un attentato che ha provocato nella città di Homs circa cento morti. Chi c’è dietro l’ISIS e dietro questo attentato? Chi ha interesse a riacutizzare lo scontro in quel quadrante geopolitico?
Questioni complesse che, ovviamente, richiedono tempo, indagine e analisi altrettanto complesse. Nel frattempo non lasciamoci ingannare dal bombardamento mediatico a reti unificate che ci verrà propinato e sulle solite, scontate liturgie del “legittimo diritto di Israele alla sua sicurezza”. Un diritto fondato su una cronica occupazione militare, su un regime razzista che tiene in gabbia un intero popolo e che ha provocato decine di migliaia di vittime civili in tutti questi anni fra i palestinesi.
Fonte foto: Il Sole 24 ORE (da Google)