Qualsiasi persona seria minimamente informata e dotata di onestà intellettuale sa perfettamente che la guerra in Ucraina non è iniziata nove giorni fa con l’attacco russo ma otto anni fa, quando un colpo di stato promosso e finanziato dagli USA e dalla NATO con il supporto di forze politiche e milizie locali dichiaratamente naziste rovesciò il governo filorusso di Janucovich.
Da allora è cominciata una guerra contro le popolazioni russe e russofone del Donbass e della Crimea che hanno proclamato la loro indipendenza. Una guerra feroce, come tutte le guerre civili e fratricide dove le milizie naziste ucraine si sono contraddistinte per la loro brutalità. Fra le altre, il criminale rogo di Odessa, dove la casa dei sindacati fu data alle fiamme, decine di persone che erano all’interno morirono arse vive e dall’esterno i miliziani ucraini sparavano a chi tentava di fuggire.
Ma, se dobbiamo dirla tutta, la guerra, anche se non guerreggiata, è iniziata ancor prima, quando la NATO – che a rigor di logica e coerenza in seguito al crollo del blocco sovietico avrebbe dovuto se non sciogliersi o ridimensionarsi, quanto meno restare così come era – ha cominciato ad espandersi ulteriormente, naturalmente verso est, assimilando tanti paesi appartenenti all’ex Patto di Varsavia e repubbliche ex sovietiche, di fatto accerchiando la Russia.
Potremmo dire che il crollo dell’URSS e la fine della cosiddetta “guerra fredda” hanno, paradossalmente, accentuato ulteriormente la tradizionale e storica aggressività occidentale nei confronti della Russia che si era accentuata, ovviamente, con la nascita dell’Unione Sovietica. E questo ci dice molto sulla reale natura dell’Alleanza Atlantica, un’organizzazione militare spacciata per difensiva ma in realtà fondamentalmente offensiva e imperialista.
Dopo la Lituania, la Lettonia e l’Estonia, che confinano con la Russia a nord, la politica annessionistica della NATO è proseguita con la Polonia, la Croazia, la Repubblica Ceca, la Slovacchia, l’Ungheria, la Romania e la Bulgaria, che confinano con la Russia al centro e a sud. Pochi mesi fa il tentativo, fallito, di rovesciare Lukashenko e di annettere di fatto la Bielorussia. Poi, otto anni fa, la volta dell’Ucraina.
Perfino l’ex segretario di stato americano Henry Kissinger, non certo una “colomba”, come si suol dire, promotore del criminale colpo di stato di Pinochet in Cile nel 1973 che rovesciò il legittimo governo di Allende, subito dopo il golpe in Ucraina nel 2014 (e sì che era uno che se ne intendeva di colpi di stato…) scrisse nero su bianco che la politica annessionistica da parte degli USA e della NATO nei confronti dell’Ucraina era un grave errore soprattutto nei confronti della Russia; un errore che avrebbe portato a conseguenze nefaste e destabilizzanti in primis per l’Europa e gli stessi Stati Uniti. L’Ucraina – scrisse – dovrebbe essere un ponte fra Russia e mondo occidentale, e non un avamposto di quest’ultimo”.
Quali sono le ragioni che hanno spinto la NATO a trazione americana a questa politica aggressiva nei confronti della Russia?
Sono diverse, come sempre. Intanto l’Occidente, dopo il crollo dell’URSS, avrebbe voluto una Russia ridotta ad una sorta di colonia, di “pais bananero” dove scorrazzare tranquillamente a proprio piacimento. Un paese ridotto ad un enorme bacino di risorse e materie prima a costi bassissimi, una massa di manodopera a buonissimo mercato per le aziende interessate a delocalizzare, un ancor più grande patrimonio di beni pubblici da acquisire a prezzi stracciati. Insomma, una sorta di “anschluss” come avvenuto anche con la ex Germania Est, ma di sapore neocoloniale. E per qualche anno in effetti la situazione è stata questa, grazie al governo del fantoccio Eltsin e il supporto della mafia locale che faceva il bello e il cattivo tempo.
Tutto ciò fino all’arrivo di Putin che ha posto un freno alla dissoluzione e alla spoliazione dissennata del paese, ripristinando – certo all’interno di una economia capitalistica e con una forte impronta autocratica, sia chiaro – quella centralità dello stato che era andata completamente smarrita, con le conseguenze drammatiche che erano sotto gli occhi di tutti. Insomma, la Russia non era e non è Portorico o la Repubblica dominicana, con tutto il rispetto per queste ultime, e Putin glielo ha fatto capire. E questo non è mai andato giù all’occidente, per ovvie ragioni. Si trattò, probabilmente, di un errore di valutazione, anzi, di sottovalutazione da parte occidentale, lo stesso che è stato compiuto nei confronti della Cina. Gli USA erano convinti di essere ormai i padroni del mondo ma di lì a poco la realtà li avrebbe smentiti. Da tempo in difficoltà economica e di credibilità internazionale (anche in America Latina, da sempre considerato il loro cortile, hanno cominciato a perdere terreno, così come in Africa dove ora c’è una forte penetrazione commerciale della Cina), in un mondo che si avvia per ragioni oggettive – stati economicamente potenti, come Cina e India provvisti di armi nucleari, oltre la Russia – verso il multipolarismo, non riescono ad accettare di perdere l’egemonia sul pianeta. Forti della loro potenza militare che – insieme a tutti i loro alleati – gli consente di controllare ancora la gran parte degli oceani, dei mari e degli stretti dove circola la gran parte delle merci di tutto il mondo, cercano di contrastare le potenze emergenti (in realtà già emerse) con la forza muscolare, che ha sempre il suo indiscutibile peso, soprattutto nelle questioni di politica internazionale.
Per attuare questa politica hanno assoluta necessità di avere una Unione Europea al loro servizio, prona ai loro interessi e alla loro volontà, di fatto organica ad essi, un pezzo dell’impero. Per questo devono separare a tutti i costi, anche e soprattutto dal punto di vista economico e commerciale, l’Europa dalla Russia. Un incremento dei legami economici e commerciali – peraltro imprescindibili per tutti i paesi europei che dipendono in buona parte dalle risorse energetiche russe – fra l’Europa e la Russia sarebbe qualcosa che gli Stati Uniti non potrebbero assolutamente permettersi, anche perché l’intensificarsi delle relazioni economico-commerciali comporta l’intensificarsi di quelle politiche. Tutto ciò, anche scontando che questa politica potrebbe portare a saldare ulteriormente l’alleanza fra la Russia e la Cina. Ma Parigi val bene una messa e la messa in sicurezza dell’impero viene prima di tutto. E poi si vedrà.
L’aggressività nei confronti della Russia ha, dunque, questo obiettivo, al momento raggiunto grazie al nanismo delle classi dirigenti europee e anche al fatto che – non dimentichiamolo – in Europa ci sono centinaia di basi militari americane (e non viceversa…).
Il processo di destabilizzazione portato avanti in Ucraina aveva e ha questo scopo, oltre che, ovviamente, quello di tenere la Russia sotto scacco. Tutto ciò ha portato alla inevitabile reazione della Russia che, in una logica di potenza ma sostanzialmente difensiva, con l’attacco e l’occupazione militare di parte dell’Ucraina ha voluto mettere il freno a questo processo di destabilizzazione ai suoi confini. La Russia, non dimentichiamolo, impedì, grazie al suo supporto militare e al suo intervento diretto, che la Siria fosse travolta dalle bande dell’ISIS, sostenute e armate dall’Arabia Saudita, dalla Turchia e, per la proprietà transitiva (e non solo), da Israele e dagli USA. In quel caso però, non fu possibile inscenare la criminalizzazione mediatica nei suoi confronti perché c’erano di mezzo i tagliagole dell’ISIS.
La Russia non può permettersi una Ucraina organica alla NATO e agli USA con basi militari e postazioni missilistiche ai suoi confini a 800 km. da Mosca, e questo lo capirebbero anche i bambini, se qualcuno glielo spiegasse. Non lo vogliono capire i governi e le classi politiche occidentali, tutte, per cieco, stupido e in fondo anche masochistico opportunismo e, naturalmente, non lo capisce la grande maggioranza delle persone educate da tempo a bersi tutte le fesserie che gli rovescia addosso senza soluzione di continuità l’intero apparato mediatico occidentale.
Fonte foto: Globalist (da Google)