Non essendo un esperto, un medico, un ricercatore o uno scienziato, non ho nessun elemento per poter stabilire l’effettiva gravità di questo virus che ci ha colpiti. Non posso, dunque, come tutti, che fidarmi e affidarmi a quanto viene spiegato dalle fonti ufficiali (anche se alcuni autorevoli virologi tendono a sdrammatizzare).
Per questa ragione mi attengo scrupolosamente e “socraticamente” alle “leggi della Polis”, cioè alle misure adottate dal governo, che vanno rispettate senza se e senza ma, e invito tutti a fare altrettanto.
Fatta questa doverosa premessa, una riflessione.
In questi giorni si è – giustamente – fatto appello al senso di responsabilità individuale e collettivo. Ma non solo. Le più alte cariche dello stato, a cominciare dal capo del governo, hanno fatto appello al senso dello stato, all’essere una comunità, alla solidarietà, allo stringersi insieme per affrontare il comune nemico.
Stato, solidarietà, comunità, stare insieme. Concetti e valori ormai da tempo ignorati, se non vilipesi, da una cultura e da una ideologia dominante neoliberale e neoliberista fondata sull’ individualismo sfrenato, sul solipsismo, sulla dissennata corsa di tutti contro tutti per un “posto al sole” (il più delle volte per un piatto di lenticchie…) e che vengono riscoperti – guarda caso – in questi momenti difficili e per molti anche drammatici.
Questo significherà pure qualcosa. O no? Io credo di sì.
Questi giorni in cui quasi tutti siamo più o meno fermi o quanto meno “rallentati”, devono servirci a riflettere. Anche, naturalmente, sull’ipocrisia di un sistema che nei momenti difficili, si appella a tutto ciò che normalmente calpesta.