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La responsabilità della strage di Nizza, così come di tutte le altre orribili stragi che hanno insanguinato in questi anni tanti altri paesi del mondo (anche se noi ci ricordiamo solo di quelle che avvengono nella “nostra” Europa e dimentichiamo, colpevolmente, quelle che vengono commesse sistematicamente in Medio Oriente, in Asia e in Africa, peraltro con un numero infinitamente maggiore di vittime …) ricade completamente sui governi occidentali e su quelli dei loro alleati e competitor in affari, in primis Arabia Saudita, Qatar e Turchia. Le grandi potenze occidentali infatti, a partire dagli USA e a seguire Francia, Gran Bretagna e Israele, hanno per decenni scientemente lavorato alla distruzione degli stati laici e progressisti arabi e dei movimenti di liberazione nazionale perché individuavano in essi un pericolo, un ostacolo alle loro politiche imperialiste finalizzate al saccheggio e allo sfruttamento delle risorse umane e materiali e al controllo politico e militare dei vari quadranti geopolitici. A tal fine hanno studiato e praticato una strategia di sistematica e violenta destabilizzazione di tutta l’area che va dall’Asia centrale (Afghanistan) all’Africa, passando per l’Ucraina, la ex Jugoslavia, il Medio Oriente (Iraq, Siria, Kurdistan), il Maghreb (Libia, Egitto Tunisia), fino all’Africa Sahariana (Ciad, Niger, Nigeria) e alla Somalia, utilizzando il fondamentalismo integralista salafita e wahabita, opportunamente alimentato, finanziato e armato, come piede di porco.
Le stragi ricorrenti e ormai cadenzate a cui, obtorto collo, ci dobbiamo abituare, sono il risultato di questa sciagurata e criminale politica imperialista. Chi semina vento raccoglie tempeste, dice il proverbio. Mai stato più vero. L’Isis, il Califfato e i vari gruppi jihadisti sono una sorta di longa manus delle potenze regionali mediorientali (Arabia Saudita e Qatar in particolare) che li utilizzano come strumenti di ricatto nei confronti delle potenze occidentali. La partita che si sta giocando è quella della ridefinizione della cartina geografica di tutto il Medio Oriente, della spartizione delle risorse, del controllo e della gestione dei gasdotti e delle vie di comunicazione e naturalmente dell’egemonia in tutta l’area. Quello che qualcuno vorrebbe presentarci come uno “scontro di civiltà” è in realtà una guerra inter-imperialista, come ce ne sono state moltissime nel corso della storia, a relativamente bassa intensità: da una parte gli eserciti occidentali con la loro tecnologia, i droni e i bombardieri di alta quota, dall’altra i kamikaze delle organizzazioni terroriste che si fanno esplodere in una discoteca o in uno stadio. Ciò detto, sarebbe sbagliato sottovalutare la componente ideologica-religiosa che sta dietro al fenomeno dell’integralismo jihadista che trae alimento proprio dalle contraddizioni create dal mondo occidentale, oltre che dalla lucida deformazione operata da alcune correnti deviate dell’Islam cosiddetto “radicale”. Ma proprio per questa ragione appare oggi evidente come sia stata irresponsabile la scelta di distruggere il nazionalismo laico arabo che aveva nel partito Ba’th il suo baricentro, e gli stati nazionali come la Libia, l’Iraq e la Siria che costituivano un argine politico, militare e ideologico efficace nei confronti del fondamentalismo “islamico”.
Ora assisteremo e stiamo già assistendo al rituale delle solite scontate dichiarazioni dei vari capi di governo, supportati dai media, che verseranno e inviteranno a versare lacrime di coccodrillo e a quello dei leader delle forze di destra che riproporranno lo spartito, altrettanto logoro, dello “scontro di civiltà”. Una prassi collaudata, un gioco delle parti che serve a sostenersi a vicenda e soprattutto a perpetrare e a coprire ideologicamente le loro politiche neocolonialiste e guerrafondaie.
Ma con noi non la spuntano più.