L’America deve molto al suo cinema e ai suoi indiscutibili maestri, che sono riusciti nella straordinaria impresa di capovolgere la realtà, di manipolarla al punto tale da trasformare un processo di colonizzazione brutale e violento – la conquista del far west – in un’epopea di progresso e di civiltà, uno stupro in un atto d’amore.
Ci vuole del talento per compiere una simile impresa. Non è da tutti. Ma il grande cinema americano, a onor del vero, è stato capace anche di mettere l’America e gli americani davanti allo specchio, davanti a loro stessi, alle loro imprese (non sempre e non spesso di cui andar fieri…) e alle loro responsabilità. Ma lo ha generalmente fatto a posteriori, a bocce ferme, come si suol dire, quando il fatt(accio) era già stato compiuto.
Meglio tardi che mai, si dirà. Vero, ma anche questo ritardo nel mostrare la propria “coscienza infelice” fa parte di una strategia di comunicazione. Tesi, antitesi e sintesi, se mi è permesso abusare del grande Hegel in simili circostanze: celebrazione del fatto, autocritica (autocoscienza) del fatto, elaborazione e sintesi finale del fatto (comunque necessario, necessitato e inevitabile, in tutti i suoi passaggi e i suoi risvolti negativi).
Ieri pomeriggio a Parigi è stata girata la prima scena del nuovo grande film che l’“Impero” si appresta a realizzare. Il produttore è il grande capitale che sta dietro le quinte, il regista è l’apparato mediatico e gli attori sono i capi di governo europei e occidentali che abbiamo visto sfilare insieme a milioni di comparse che non sanno neanche di essere tali.
Il “grande cinema” è riuscito ancora una volta a deformare la realtà fino a capovolgerla. La sceneggiatura del film ci parla di un Occidente sotto attacco da parte dell’Islam integralista, proprio come i vecchi film western che mostravano una carovana di coloni attaccata da orde di indiani selvaggi e inferociti bramosi di scalpi e di donne bianche.
Dal crollo del muro di Berlino in poi, tre grandi paesi dell’area mediorientale, l’Iraq, l’Afghanistan e la Libia, sono stati aggrediti, bombardati, spogliati delle loro risorse e (i primi due) militarmente occupati dagli eserciti degli USA e della NATO. Israele persiste sistematicamente (non ha mai smesso…) nella sua politica di aggressione e di occupazione militare dei territori palestinesi e periodicamente sottopone la popolazione civile di Gaza a quelle che ormai possono essere definite delle vere e proprie operazioni di pulizia etnica (non c’è obiettivamente altro modo per definire il massacro di migliaia di civili in un paio di settimane, di cui centinaia di bambini al di sotto dei 14anni). In Siria è in atto da anni il tentativo (violento) di rovesciare il governo siriano per mano di quelle stesse organizzazioni terroriste (Al Qaeda e Isis) che le potenze occidentali (e le petromonarchie loro alleate) sostengono a parole di voler combattere e che invece hanno finanziato e armato per rovesciare Gheddafi e che tuttora finanziano e armano per distruggere quel che resta del regime baathista, nazionalista e laico siriano. Tutto ciò ha provocato e sta provocando distruzioni e sofferenze inaudite, centinaia e centinaia di migliaia di morti fra bombardamenti ed embarghi, e sta ulteriormente prostrando popolazioni già martoriate da secoli di politiche colonialiste delle potenze occidentali e dei regimi locali loro complici e alleati. E’ sufficiente dare uno sguardo alla cartina geografica di quell’area e osservare le linee rette che sembrano essere state tracciate con un righello (e in effetti così è stato) dagli inglesi e dai francesi quando, subito dopo la fine della prima guerra mondiale, si spartirono il medio oriente e i resti dell’impero turco ormai disfatto. Poi la storia è andata come sappiamo e gli americani e gli israeliani, dopo la seconda guerra mondiale, hanno preso il posto che fu degli inglesi e dei francesi. Ma c’era un nemico da abbattere: il nazionalismo laico panarabo e socialisteggiante, lo stesso che aveva contribuito a cacciare la Francia e la Gran Bretagna e che aspirava a costruire un medio oriente autonomo e fuori dall’orbita delle potenze occidentali e delle monarchie semifeudali e integraliste loro alleate. Per realizzare questo obiettivo hanno foraggiato e armato quello stesso integralismo islamico che gli è stato e gli è funzionale e che a volte gli si ritorce contro (come nel caso dell’attentato terroristico di Parigi), finendo comunque per fargli un favore, perché è quello che gli consente ora di girare quel film di cui sopra, quello che narra dell’occidente sotto attacco da parte del fondamentalismo islamico.
Più volte ho invitato i sostenitori di questa tesi a cimentarsi in un esercizio di fantasia e ad invertire le parti. Ad immaginare cioè tre o quattro grandi paesi europei, la Francia, la Gran Bretagna, la Germania e l’Italia, bombardati e occupati militarmente da una coalizione di eserciti irakeni, afghani, libici, siriani, libanesi e palestinesi. Uno scenario impensabile, inconcepibile, addirittura fuori dal nostro immaginario psichico; potrebbe essere tutt’al più lo spunto per un film di fantascienza o comico-demenziale.
Ma è proprio in questi casi che entra in ballo la grande capacità seduttiva e manipolativa dell’apparato mediatico e “cinematografico” dell’ “Impero”. La capacità cioè di capovolgere la realtà e di far credere a masse intere di persone che proprio noi, quelli che aggrediscono, occupano e bombardano, siamo sotto attacco.
Il film è appena cominciato, durerà ancora molto a lungo ed è difficile prevedere come andrà a finire. Di certo non mancheranno gli effetti speciali…