Le rivendicazioni sono dell’ISIS, ma è dubbio che questa organizzazione, equivoca quanto altre mai, abbia un raggio d’azione così vasto e diretto. Gli esecutori possono essere fanatici locali o killer professionisti, mercenari pronti a qualsiasi avventura, e non è detto che siano gli arrestati.
Il criterio da seguire è questo: mai dare per scontate le notizie e le spiegazioni che ci fornisce l’avversario di classe, attraverso i media di regime. Se non abbiamo nessun elemento per individuare il mandante, per dire se si tratta di un’organizzazione terroristica o di qualche servizio segreto -il confine tra questi due tipi di organismi è abbastanza evanescente – possiamo però chiederci: a chi giova? Gli attentati agli alberghi di Susa, a sud di Tunisi, a prima vista hanno lo scopo di colpire il turismo tunisino, una delle fonti principali della valuta estera di questo stato. Ma il quadro cambia se si collega questo attentato a quello francese. La fabbrica di Saint-Quentin-Fallavier in Isère lavora il gas. E’ improbabile che venga colpita una fabbrica di marmellate che esporta in Svezia, ma tutto ciò che riguarda i rifornimenti energetici può essere un bersaglio. Che c’entra allora la Tunisia col gas? In un articolo di qualche anno fa leggiamo: “L’importazione dall’Algeria, il nostro principale fornitore con un terzo del gas totale, è garantita attraverso il gasdotto TTPC (Trans Tunisian Pipeline Company), lungo 742 chilometri, che dalla località di Oued es Saf-Saf, attraversa i confini tunisini per 370 chilometri, fino a raggiungere le coste del Mar Mediterraneo. Nella regione di Cap Bon, il TTPC si connette al gasdotto sottomarino della TMPC (Trans mediterranean pipeline company), lungo 775 chilometri, che giunge fino a Mazara del Vallo, in Sicilia, dove ha inizio il sistema di trasporto di Snam rete gas. In totale l’Algeria fornisce all’Italia 26 miliardi di metri cubi di gas all’anno.” (1) Sono note le pressioni politiche ed economiche per far aderire l’Europa al TTIP, il Trattato transatlantico per il commercio e gli investimenti, e ci sono fondati motivi per credere che il caos creato in Ucraina, Libia, Siria, Nigeria, Iraq, abbia come scopo non secondario quello di rendere insicuri i rifornimenti energetici per l’Europa, che sarebbe costretta a rifugiarsi sotto le ali protettrici degli Stati Uniti, aderendo al TTIP. Se il caos in Tunisia ostacolasse il rifornimento del gasdotto algerino – tunisino, sarebbero guai per l’Italia. Non è stato toccato ancora l’oleodotto, l’attentato può avere il significato di un avvertimento mafioso, non solo per l’Italia, visto che tra le vittime ci sono tedeschi, inglesi, belgi… Non è vero, come si sente dire in TV, che l’Italia per ora non è stata colpita dal terrorismo ( e i turisti italiani colpiti in Tunisia pochi mesi fa?). Il nostro governo, inoltre, fa di tutto per farsi coinvolgere. Non solo le tanto decantate operazioni sulle coste libiche “a guida italiana!”, ma anche altre iniziative che avranno conseguenze permanenti. Un esempio: il passaggio delle azioni della Piaggio a Mubadala Development Company, la società di investimenti strategici del governo di Abu Dhabi. Col consenso del governo italiano, Mubadala detiene ora il 98,05% del capitale sociale mentre l’ingegner Piero Ferrari possiede l’1,95% . Mubadala è controllata dal principe ereditario di Abu Dhabi, vicecomandante supremo delle forze armate degli Emirati Sayh Muhammad bin Zayid al Nahyan, un superfalco, che conduce una campagna contro l’Iran. I droni della Piaggio, non solo sono utilizzati per ispezionare il territorio, ma possono anche facilmente essere dotati di armi. Se un’industriale italiano, agli inizi del secolo scorso, avesse cercato di vendere un’industria di rilevanza militare all’Austria, allora alleato dell’Italia, o a qualche altro paese, sarebbe finito subito in manette. Oggi, è lo stesso governo che si fa garante, e questo è un segno dell’estrema decadenza della nostra classe dirigente. A noi internazionalisti non preoccupa tanto il passaggio della proprietà di una fabbrica in mani straniere –il padrone è un avversario anche se parla milanese, napoletano o siciliano- ci preoccupa il crescente coinvolgimento militare dell’Italia, col prosperante traffico delle armi, con la partecipazione diretta al riarmo di paesi arabi e africani, con l’addestramento di truppe contro Assad in gruppi nominalmente “moderati”, da cui molti, finito l’addestramento, confluiscono nell’ISIS o in Al Qaeda. Tutto questo rende più probabile un attacco terroristico in Italia, e il venditore di pentole che ci governa, quando ha permesso che la Piaggio passasse interamente al Principe di Abu Dhabi, non ha certo tenuto conto del pericolo a cui sottoponeva gli obiettivi sensibili italiani, a cominciare dalla Piaggio e dai suoi operai.
Note 1) “Italia, il Paese del tubo Ecco la mappa dei sei gasdotti che ci portano l’energia”, Fabrizio Di Benedetto, Lettera 44, 22 febbraio 2011. 2 ) Alessandro Aresu, “Perché il Golfo ci compra”. Giorgio Cafiero. “ A che gioco giocano Dubai a Abu Dhabi”. Limes n.5, 2015.
Fine della conversazione in chat