Il salvataggio delle 4 banche con il contestuale abbandono dei correntisti, più o meno truffati, ha confermato e accentuato la sfiducia popolare verso le banche mentre alimenta lo scontro politico. Non sono uno specialista bancario o finanziario d’altra parte la pura polemica politica “moralista” mi urtica per la distrazione che provoca. Tuttavia non basta l’illuminismo, è necessario rischiarare ma non è sufficiente se forze “pratiche” guadagnano dall’oscurità. Provo a tenere insieme le due corna.
Cosa sono “ora” le banche? Le banche da strumento di credito\debito, cioè da contenitori “algebricamente” neutri (tot mettono\tot prendono) = banche di deposito, a partire dalla riforma Amato (L. 218/1990 da istituti di diritto pubblico a SpA), cioè dalla prima ricezione dell’ondata liberista, sono state contaminate dalla finanza “globale”. Esistevano già le “banche di affari” ma l’ebbrezza della “alea temporale” per la quale è possibile in assenza momentanea di deposito sperare in un realizzo futuro, era ristretta a le elites, a coloro che hanno il futuro garantito; la novità è stata l’estensione, la popolarizzazione subdola.
Difatti la commistione di queste due funzioni, a differenza dei casinò, genera più confusione. Chi va al Dubai palace o al Las Vegas palace ha coscienza che gioca sul vento\chi entra in banca pensa di entrare in chiesa e, invece, come in alcuni giudizi universali gotici (penso a quello di Taddeo di Bartolo nella collegiata di Santa Maria Assunta di San Giminiano) si trova davanti il diavolo. Questo fenomeno per cui ad un simbolo si sostituisce un’altra realtà è ben presente nell’immaginario politico: il PD è il partito più di destra ma utilizza la chiesa di sinistra per radunare fedeli. Se questa scissione forma\contenuto è presupposto di tutte le operazioni ideologiche in questa tipologia “banca deposito (forma) \affari (contenuto)” ha una significativa estensione sociale e pervasività antropologica riguardando la quotidianità delle persone e il loro privato: una vero esempio di microfisica del potere.
Distinguiamo ancora. Quelle 4 banche “medio-piccole” sono veri e propri “corpi intermedi”, forse i luoghi più importanti nell’organizzare l’economia delle province italiane (nel caso specifico la provincia ricca delle piccole produzioni). Sono sensori reali della vita produttiva di quel territorio e punti di contatto tra ceti dirigenti e diretti. Da questa congiunzione è derivata un’attività di distribuzione del credito assai legata a cordate locali, a clientele selezionate, a massonerie chiamate fondazioni. Spesso si è dissipato, concedendo a questi amici. Tale perdita, coperta in tempi di vacche grasse, si è aggravata con l’incedere della crisi delle produzioni territoriali.
Insomma i “banchieri di territorio” – sul modello della più estesa e politicizzata corruzione del MPS – hanno cominciato a non rientrare più dalle scommesse “locali” e si sono rivolti al gran casinò della finanza globale, delle obbligazioni subordinate. Si è andati a scommettere più forte. Una dinamica più o meno simile a quella “americana” del 2008, compreso il fatto che il valore di riferimento del profitto è la rendita immobiliare (l’antico valore della terra per i classici come Adam Smith, terra ora sovra strutturata da “edifici “) ora precipitata.
Qui sarebbe da rilevare le differenze , tuttora sussistenti, tra banca e finanza: spaziali per quel che si diceva del “rapporto tra classi” che si gestisce nella banca, mentre la finanza globale è la faccia monetaria del monopolio, cioè di una struttura “olistica” di potere che non sopporta “rapporti”; cosi come temporali essendo la banca legata al tempo di rientro di crediti e rendimenti locali mentre la finanza è oramai libera di predare “rapidamente” laddove il profitto si palesa “veloce” (guerre, sfruttamenti manodopera , ecc).
Ma “aristotelicamente” occorre cogliere anche il “genere prossimo”: detta tendenza della tossico-dipendenza a scalare verso la finanza speculativa è risultante dell’ingordigia “interna” di azionisti e soprattutto “management” ma ben nutrita dalla cupidigia “esterna”, dal truffato disponibile al 10% di ricavi, dal disastro antropologico causato dalla droga neoliberista del poter profittare senza lavoro (D-D1). Insomma senza un correttivo “politico”, senza decisioni “contro-speculative” e dunque antiliberiste, le banche finiranno per diventare sezioni più o meno camuffate dell’internazionale finanziaria.
Perciò è giustificato, che non significa “utile”, il livore rabbioso e anche volgare verso i “politici”, verso queste ombre spettrali. Sia che caschino dal pero, sia che colludano con le banche, sono percepiti, sempre più, come una sovrastruttura non funzionale e sempre più si rappresentano come “inutili” alla vita delle persone.
Non dovevano affrontare i problemi dei “derivati” dopo il 2008? Non doveva l’obolo popolare per coprire la susseguente “tregenda” bancaria (ricordiamo 4100mld di $) significare almeno stabilità, visto che da subito ha comportato la follia dell’austerità? Il debito pubblico per rifinanziare il “gioco-finanziario” privato, non questo l’orizzonte del mondo?
I politici invece sono questi qui, e quando proprio debbono uscire da quella bolla mentale di cazzeggio nella quale vivono, si giustificano: “con il decreto sulle banche abbiamo salvato 7000 posti di lavoro” come potrebbe dire la camorra “con il traffico della droga, offriamo posti di lavoro ben pagati a ragazzi in difficoltà di Scampia” (infatti i traffici illeciti sono nel paniere del PIL). Così come la remissione della potestà politica agli arbitri (ora Cantone) o ai tecnici (ieri Monti). Il problema che questa modalità della “excusatio” e del disimpegno è il vero corruttore sociale. Sugli istinti egoistici di “sopravvivenza” , naturalistici nel senso che precedono l’associarsi umano stesso, questi politici inducono ulteriore “ferinità”, ulteriore frammentazione. Insomma il loro è un agire anti-sociale in linea con il sottofondo dominante neoliberista, per il quale il profitto si ottiene dalla destrutturazione della solidarietà (il Ttip, il trattato transatlantico su commercio e investimenti è il corrente caso di scuola). Il fatto che invettive e insulti si comincino a sentire anche tra i “vizi privati” delle province “fedeli” è una conferma significativa di questo quadro disperante ben visibile nella dannazione della collegiata della provincia senese.