Questo articolo che pubblico di seguito era inizialmente soltanto un commento in risposta a quello di un amico nell’ambito di un (bel) dibattito che si sviluppato su questo stesso giornale. Penso, data l’importanza del tema, che potrebbe forse essere di interesse anche per altri e per questo, come mi è successo altre volte, ho deciso di pubblicarlo come un vero e proprio articolo:
“Caro Bruno, provo a fare un ragionamento “terra terra”, come si suol dire, perché in genere sono sempre i più efficaci.
Ai tempi di Marx, il capitalismo era ancora in una fase espansiva (quantitativa più che qualitativa), anche se molto potente, ma non aveva certo raggiunto il suo apice (noi possiamo dirlo, oggi…). Tuttora noi non siamo in grado di sapere se lo abbia raggiunto o ne vedremo ancora delle belle, sempre come si suol, dire. Personalmente opto per questa seconda soluzione, basti pensare che siamo solo all’inizio dell’ era “eugenetica”, cioè della possibilità della manipolazione dell’umano, non sappiamo entro quali termini e soprattutto entro quali limiti (se ci saranno dei limiti…). Questo processo sta avvenendo in un mondo dominato dal Capitale e dalla Tecnica. Si è aperto un dibattito fra noi (abbiamo pubblicato un articolo su questo giornale che ha suscitato una bella discussione, te ne consiglio la lettura,anche dei commenti… https://www.linterferenza.info/attpol/solo-la-tecnica-ci-puo-salvare/ ) su chi sia il vero “gestore” di questo processo; il Capitale o la Tecnica? Secondo me, non è corretto porre la domanda in questi termini. La mia opinione è che siamo all’interno di grandi processi complessi all’interno dei quali però ci sono degli attori e anche dei registi (ciò che chiamiamo classi e gruppi dominanti con tutte le loro relative articolazioni economiche, mediatiche, militari, intelligence, culturali, scientifiche ecc. ) i quali operano appunto all’interno di una grande processo in un gioco continuo e costante di rimandi.
Personalmente non credo affatto al carattere impersonale del capitalismo, come sostengono alcuni, anche amici e compagni. Mi sembra una interpretazione parziale, così come altrettanto parziale sarebbe pensare che tutto sia determinato solo da una sorta di Spectre mondiale del capitalismo che ordisce e organizza complotti dalla mattina alla sera. A mio parere sono compresenti entrambi gli aspetti, proprio in virtù della complessità dei processi, all’interno dei quali ci sono i soggetti (gruppi sociali, economici, politici, più loro articolazioni…) che agiscono e che gli danno vita e viceversa. In parole ancora più povere, se non c’è dubbio che il capitalismo sia un grande processo (un rapporto di produzione, ma non solo…), è altrettanto dubbio che ci siano dei soggetti che lo animano e che prendono anche delle decisioni. Esempio pratico. Non è che l’aggressione alla Libia o all’Iraq o il colpo di stato in Ucraina (o qualsiasi altro evento, occupazione militare, colpo di stato, destituzione di questo o quel governo ecc.) siano il risultato di chissà quale processo impersonale. Tutt’altro. Sono atti politici e militari decisi a tavolino da gruppi di potere ben determinati che agiscono all’interno di quello stesso processo a cui contribuiscono a dar vita, appunto in un “gioco” costante di vicendevoli rimandi. Così abbiamo risolto, per quanto mi riguarda, la controversia tra i “complottisti” da una parte e i teorici dei processi o della loro complessità e “impersonalità” dall’altra.
Tutta questa premessa per arrivare al concetto di struttura e sovrastruttura.
Marx analizzava un capitalismo ancora relativamente “primitivo”, rispetto a quelle che sarebbero state le sue evoluzioni. Un capitalismo che non aveva, o aveva solo in misura ridotta, il problema di controllare la sfera psichica delle persone, e questo per una semplicissima ragione. Per il fatto cioè che la stragrande maggioranza delle persone erano inchiodate ad una macchina 14 ore al giorno (e chi non era inchiodato a una macchina era comunque inchiodato a qualcos’altro, un aratro, un piccone o qualsiasi altro utensile). Ed è ovvio che quando si è inchiodati, perché di fatto costretti, per 14 ore al giorno, a stare inchiodati ad una macchina, il sistema dominante (il Capitale, e ancora prima altre forme di dominio, naturalmente molto più rozze) non ha l’esigenza di sviluppare una forma più sofisticata di dominio, perché ha già il pieno controllo sulle persone e sulle classi subordinate attraverso il lavoro, l’organizzazione del lavoro, la fabbrica, il luogo fisico del lavoro (salariato ma di fatto coatto), oltre naturalmente ai mezzi coercitivi di sempre, cioè lo stato e le sue articolazioni (esercito, polizia, potere giudiziario ecc.); in altre parole attraverso il controllo della sfera pubblica degli individui. Il problema del controllo della sfera psichica ancora non si poneva nei termini in cui si porrà più tardi (oggi). L’aspetto coercitivo era più che sufficiente come deterrente e il vecchio sistema valoriale borghese (Dio, Patria e Famiglia), di cui le religioni organizzate erano “garanti”, anche’esso altrettanto sufficiente come “falsa coscienza” necessaria per poter garantire e sostenere ideologicamente il sistema e naturalmente a creare le condizioni per la sua riproduzione.
La situazione da allora è completamente mutata, come tutti possiamo vedere, per lo meno nel cuore della metropoli capitalista occidentale. Tant’è che è qui che si sono sviluppati i processi più sofisticati per quanto riguarda l’evoluzione del complesso sistema di controllo e dominio sociale. Anche nel Ghana, nel Ciad, in Arabia Saudita, nelle Filippine o nel Malawi c’è il capitalismo, se è per questo, ma è evidente che in quei contesti non c’è necessità di sviluppare meccanismi tanto sofisticati di controllo e dominio sociale. Se andassimo a parlare di “ideologia politicamente corretta” o di “controllo della sfera psichica” in quei contesti, neanche ci capirebbero, ovviamente e giustamente. Non saprebbero neanche di cosa stiamo parlando, verremmo presi per dei marziani o degli svitati.
Ma noi non siamo in quei contesti, siamo nel cuore del capitalismo occidentale che per poter riprodursi e continuare a perpetrare il proprio dominio (anche indirettamente in quegli altri contesti) ha avuto necessità di costruire (questo invece è un processo complesso e certamente non un “complotto” ordito a tavolino…) all’interno della sua stessa cabina di comando, diciamo così, dei meccanismi estremamente più sofisticati. Ed è qui che entra in ballo la famosa “sovrastruttura”, se vogliamo ancora chiamarla così, e cioè tutto ciò che ha a che vedere con il controllo, il dominio e la manipolazione delle menti.
Esempio pratico. Ai tempi di Marx il valore di una merce era determinato dal valore d’uso, cioè dalla quantità di lavoro necessaria a produrla (più plusvalore, assoluto e relativo ecc. tutte cose che non devo certo spiegare a te…). E questo per ovvie ragioni, in primis per il fatto che il valore di un bene era effettivamente dato dalla sua utilità o necessità e ovviamente e soprattutto dalla sua disponibilità. Di conseguenza l’antichissima legge dell’utilità marginale era quella che determinava il suo valore e quindi il prezzo. Il valore di scambio era quindi necessariamente collegato al valore d’uso (mi rendo conto di stare facendo un ridicolo bignamino ma ci capiamo…). Oggi, obiettivamente non è più così, o meglio, non è più soltanto così. Intanto perché la quantità di lavoro necessaria a produrre una merce si è ridotto in misura esponenziale fin quasi a raggiungere in alcuni casi quasi lo zero (con tutto ciò che questo comporta sul lavoro, sull’occupazione, sul salario, ecc. ecc.) e poi perché il valore di una merce (e quindi il valore di scambio) può essere determinato anche indipendentemente dal valore d’uso.
Per spiegare questo concetto porterò un esempio ancora più banale del mio ragionamento e naturalmente iperbolico, ma forse efficace.
Siamo ormai in un mondo in cui se le grandi strutture di manipolazione di massa del consenso decidessero di lanciare una gigantesca campagna per sostenere che la pipì dei gatti giapponesi, per una determinata congiuntura geografico atmosferica, ha delle particolari doti che fanno bene alla pelle, eliminano la cellulite, fanno crescere le tette oppure aumentano la virilità perduta dei maschi, noi assisteremmo alla produzione e alla vendita (e forse al boom…) di creme tonificanti all’estratto di pipì di gatto giapponese.
L’esempio è un assurdo (e non ne sono tanto sicuro al punto in cui siamo arrivati…) ma ci capiamo…
Se le cose stanno così (potrei portare tanti altri esempi, magari meno iperbolici…), è possibile considerare ancora il controllo della sfera psichica solo come una sovrastruttura determinata dalla struttura (economica)? Tu potresti rispondermi:”Si, ma lo scopo di quel controllo psichico, nella fattispecie, la vendita di estratto di pipì di gatto giapponese, è finalizzata all’accumulo di plusvalore”. Vero, ma se quella “sovrastruttura” ha quella potenza di condizionamento e di penetrazione psichica profonda, a tal punto da determinare la produzione di una merce piuttosto che un’altra (così non era ai tempi di Marx semplicemente perché il problema non si poneva), diventa difficile continuare a sostenere che quella sia una sovrastruttura determinata da una struttura. Tendo piuttosto a pensare che siamo di fronte a due strutture che interagiscono insieme.
In conclusione, Marx ebbe un’intuizione geniale, per l’epoca, perché fu capace di svelare la menzogna che si celava dietro l’ideologia dominante all’epoca, cioè il fatto che quella ideologia (sovrastruttura) fosse il prodotto dei rapporti di produzione (struttura). Oggi, a mio parere, quella relazione (struttura-sovrastruttura) deve essere rivisitata, alla luce delle considerazioni di cui sopra. Naturalmente il discorso è tutt’altro che esaurito, anzi, direi che è appena sommariamente accennato, ma per esigenze “giornalistiche”, cioè per non appesantire la lettura, mi fermo, per riprenderlo successivamente e dare la possibilità a chi lo volesse di dare il proprio contributo di idee”.