Ricostruire la sinistra comunista


L’urgenza di ricostituire la sinistra comunista non è più rimandabile. Le oligarchie transnazionali con la fine della globalizzazione mostrano la verità del dominio. Sono in lotta ad Oriente come ad Occidente. Con la lotta fra le plutocrazie si aprono spazi di intervento e di verità. Le guerre plutocratiche si moltiplicheranno e i diritti sociali e individuali gradualmente scompariranno dall’orizzonte politico. Il loro posto è, e ancor più, sarà occupato da slogan e dalle parole ambivalenti della società dello spettacolo. L’articolo 31 del DDL sicurezza prepara l’Italia ad una lunga guerra. Sarà possibile per le università, se fosse approvato, collaborare spontaneamente con i Servizi segreti.  La guerra tra le oligarchie non può che causare un clima di timore. La paura è “arma” per neutralizzare i dissenzienti e per sollecitare il sospetto e il controllo. L’inquietudine è il mezzo con cui il capitalismo cerca di strappare la sua tranquillità, poiché è esso stesso inquieto a causa delle ingovernabili contraddizioni che lo corrodono.

Il declino del capitalismo nelle sue formule plurali è inevitabile. I sintomi della decadenza sono ormai evidenti. La sovrapproduzione e la scarsità di risorse da estrarre e da sfruttare sono ormai la tagliola sanguinante del capitalismo. Il saccheggio è anche e specialmente spirituale, nella fase atuale il capitalismo rapina “la capacità di significare”, in tal modo i sudditi non sono che orci bucati in cui tutto fluisce, fino al punto che l’orcio assume la forma  dei contenuti.  

Il sangue degli ultimi ha macchiato la storia dei capitalismi, pertanto la sua storia non potrà che terminare nel sangue e nel sudore degli infelici che già ora non vivono ma sopravvivono.

Rileggere Marx è oggi fondamentale per risemantizare per il presente. Il comunismo che verrà non sarà la riproposizione del passato, ma esso  necessita della tradizione comunista e delle sue categorie per pensare il presente e progettare il futuro. 

Marx ha riportato l’essere umano nella storia e ha svelato le religioni di sistema nella loro realtà ideologica. La religione con le sue fughe dorate da un mondo reificante è stata la complice del dominio, ha sparso i “fiori sulle catene”, è stata l’oppiaceo che ha consentito di “sopportare l’insopportabile”.

Il dominio capitalistico  nel nostro tempo ha prodotto nuove “forme di religiosità perversa” con cui aggiogare i sudditi. L’offerta mercantile degli oppiacei oggi è innumerevole, essi hanno tutti il medesimo scopo: derealizzare, ovvero astrarre il soggetto dalla realtà storica vissuta per spingerlo in un mondo psicotico e irrazionale in cui è il desiderio indotto a regnare. Edonismo, turismo acefalo, fanatismo del lavoro e dell’accumulo, narcisismo e nuove dipendenze (tecnologie, social, rete ecc.) producono il suddito addomesticato e conforme al sistema che si muove in una realtà spettrale. La funzione che la religione tradizionale aveva al tempo di Marx, oggi è sostituita da nuove forme mondane di dipendenza. Leggere Marx significa dunque attualizzarlo:

“Il fondamento della critica irreligiosa è: l’uomo fa la religione, e non la religione l’uomo. Infatti, la religione è la coscienza di sé e il sentimento di sé dell’uomo che non ha ancora conquistato o ha già di nuovo perduto se stesso. Ma l’uomo non è un essere astratto, posto fuori del mondo. L’uomo è il mondo dell’uomo, Stato, società. Questo Stato, questa società producono la religione, una coscienza capovolta del mondo, poiché essi sono un mondo capovolto. La religione è la teoria generale di questo mondo, il suo compendio enciclopedico, la sua logica in forma popolare, il suo point d’honneur spiritualistico, il suo entusiasmo, la sua sanzione morale, il suo solenne compimento, il suo universale fondamento di consolazione e di giustificazione. Essa è la realizzazione fantastica dell’essenza umana, poiché l’essenza umana non possiede una realtà vera. La lotta contro la religione è dunque mediatamente la lotta contro quel mondo, del quale la religione è l’aroma spirituale. La miseria religiosa è insieme l’espressione della miseria reale e la protesta contro la miseria reale. La religione è il sospiro della creatura oppressa, il sentimento di un mondo senza cuore, così come è lo spirito di una condizione senza spirito. Essa è l’oppio del popolo. Eliminare la religione in quanto illusoria felicità del popolo vuol dire esigerne la felicità reale. L’esigenza di abbandonare le illusioni sulla sua condizione è l’esigenza di abbandonare una condizione che ha bisogno di illusioni. La critica della religione, dunque, è, in germe, la critica della valle di lacrime, di cui la religione è l’aureola[1]”.

La sinistra comunista non può e non potrà che essere radicale nella critica del presente storico. Essa dovrà conservare la sorgente radicale e critica già viva in Marx. Smascherare le religioni del nostro tempo  e mostrarle nella loro verità è il compito difficile della sinistra comunista. Per bucare l’acquiescenza e la passività dei subalterni è necessario individuare i linguaggi adeguati da far scorrere negli innumerevoli mezzi mediatici che potrebbero essere usati nella controinformazione dello smascheramento ideologico. Nel nostro tempo le catene continuano ad essere coperte dai fiori immaginari delle fantasie e delle false speranze. Mostrare la verità in modo adialettico può comportare una reazione di rifiuto da parte di molti. Il momento dello svelamento è dunque delicato, poiché squarcia il velo di Maya delle menzogne da cui le moltitudini sono avvolte. La verità necessita di essere rivelata com modalità politiche aggreganti e con gradualità. Molti non potrebbero che fuggire dinanzi al “crudo vero”. Il problema dev’essere posto, poiché chi è abituato al conformismo e all’informazione omologata non può che respingere la verità con il suo aspetto meduseo, tanto più che si vive  normalmente rimuovendo il dolore e la sofferenza:

“La critica ha strappato dalla catena i fiori immaginari, non perché l’uomo porti la catena spoglia e sconfortante, ma affinché egli getti via la catena e colga i fiori vivi. La critica della religione disinganna l’uomo affinché egli pensi, operi, configuri la sua realtà come un uomo disincantato e giunto alla ragione, affinché egli si muova intorno a se stesso e perciò, intorno al suo sole reale. La religione è soltanto il sole illusorio che si muove intorno all’uomo, fino a che questi non si muove intorno a se stesso[2]”.

“Bisogna rendere l’oppressione più oppressiva”. La verità pensata e condivisa ha lo scopo di rendere l’oppressione ancora più insopportabile, giacchè essa riporta il suddito nella storia e gli dona uno sguardo nuovo con cui vivere e pensare la realtà strutturale e sovrastrutturale.

Il passaggio dalla menzogna ideologica alla verità è dolorosa. La nuova sinistra comunista non può non valutare tale passaggio dialettico che dev’essere sostenuto con la speranza e con la progettualità. La verità metafisica e storica del nuovo comunismo dovrà definire l’essere umano nella sua storicità per poter progettare  “il comunismo del futuro”. L’innaturalità del capitalismo dovrà essere palesata con la fondazione metafisica del comunismo, in tal modo la politica non sarà scissa dalla filosofia. Il fondamento metafisico consente di trascendere le barriere sociali e i particolarismi e di comunicare ad un numero ampio e diversificato di compagini sociali e culturali la perversione operata dal capitalismo della natura umana.

Marx ci rammenta che  le divisioni e i particolarismi “mummificano”  e ipostatizzano le divisioni fino a naturalizzarle:

“Quale spettacolo! Una società divisa all’infinito nelle razze più svariate, le quali si contrastano con piccole antipatie, cattiva coscienza e brutale mediocrità, e che appunto per la reciproca posizione ambigua e sospetta chiedono di essere trattate tutte senza distinzione, se pur con differenti formalità, dai loro signori come esistenze consentite. E lo stesso fatto di essere dominate, governate, possedute, esse devono riconoscerlo e professarlo come una concessione dal cielo! Dall’altra parte stanno quegli stessi signori, la cui grandezza sta in rapporto inverso al loro numero! La critica che si cimenta con questo contenuto è la critica che sta in mezzo alla mischia, e nella mischia non si tratta di sapere se l’avversario è nobile, di pari condizione, se è un avversario interessante, si tratta di colpirlo. Si tratta di non concedere ai tedeschi un solo attimo di illusione su di sé e di rassegnazione. Bisogna rendere ancor più oppressiva l’oppressione reale con l’aggiungervi la consapevolezza dell’oppressione, ancor più vergognosa la vergogna, dandole pubblicità. Si deve raffigurare ciascuna sfera della società tedesca come la partie honteuse della società tedesca, bisogna far ballare questi rapporti mummificati cantando loro la loro propria musica! Bisogna insegnare al popolo a spaventarsi di se stesso, per fargli coraggio. Si soddisfa con ciò un imprescindibile bisogno del popolo tedesco, e i bisogni dei popoli sono di per se stessi i motivi ultimi del loro appagamento[3]”.

Il dominio si eternizza con l’astrattezza. Si astrae dall’uomo concreto per rimuovere la reale condizione di ogni strato sociale e di ogni individuo. L’astratto camuffa il concreto e lo rende opaco e ciò facilita la conservazione. Si entra nel mondo dell’astrazione, in modo da negare ai subalterni le categorie con cui ricostruire la tragica verità in cui si è implicati e invischiati. Nessuna tragedia è eterna. La concretezza riporta fatti, dati e strutture alla loro genesi e li emancipa dalle tempeste dell’astratto. Marx lottò per la concretezza, tale è il materialismo storico, e a tale categoria oggettiva nessun comunismo dovrà rinunciare:

“La critica della filosofia tedesca dello Stato e del diritto, che con Hegel ha ricevuto la sua ultima forma più conseguente e più ricca, è l’una e l’altra cosa, sia l’analisi critica dello Stato moderno e della realtà ad essa connessa, sia la decisa negazione di tutto il modo precedente della coscienza politica e giuridica tedesca, la cui espressione più eminente, più universale, elevata a scienza, è appunto la filosofia speculativa del diritto. Se solo in Germania è stata possibile la filosofia speculativa del diritto, questo astratto ed esaltato pensamento dello Stato moderno, la cui realtà rimane un aldilà, questo aldilà può risiedere anche soltanto al di là del Reno: inversamente, la concezione tedesca dello Stato moderno, che astrae dall’uomo reale, fu possibile a sua volta soltanto e in quanto lo Stato moderno stesso astrae dall’uomo reale, ovvero soddisfa in modo soltanto immaginario l’uomo totale. I  tedeschi nella politica hanno pensato ciò che gli altri popoli hanno fatto. La Germania fu la loro coscienza teorica. L’astrattezza e la presunzione del suo pensiero andarono sempre di pari passo con la unilateralità e inferiorità della loro realtà. Se dunque lo status quo del sistema statale tedesco esprime il compimento dell’ancien régime, questa spina nella carne dello Stato moderno, lo status quo della scienza statale tedesca esprime l’incompiutezza dello Stato moderno, la piaga della sua stessa carne[4]”.

L’imperativo categorico del comunismo del futuro sarà finalizzato, come già fu, a rovesciare i rapporti di sussunzione nei quali l’essere umano è solo un mezzo. L’errore da non ripetere è nell’individuare una classe specifica che ha la missione di infrangere le catene. Non vi sono classi  già pronte per la missione o destinate dalla provvidenza storica. Vi sono potenzialità maggiormente presenti nei subalterni, ma senza il lungo lavoro dello spirito nulla sarà possibile. Nessuna classe ha il suo “recondito segreto”; alla prassi si giunge non in modo necessario ma attraverso un lungo e tenace lavoro sostenuto, in cui variabili oggettive e storiche si incontrano. La rivoluzione è una scommessa, ma senza abili scommettitori ad essa non si giunge:

“Dov’è dunque la possibilità positiva della emancipazione tedesca? Risposta: nella formazione di una classe con catene radicali, di una classe della società civile la quale non sia una classe della società civile, di uno stato che sia la dissoluzione di tutti gli stati, di una sfera che per i suoi dolori universali possieda un carattere universale e non rivendichi alcun diritto particolare, poiché contro di essa viene esercitato non una ingiustizia particolare bensì l’ingiustizia senz’altro, la quale può fare appello non più ad un titolo storico ma al titolo umano, che non si trova in contrasto unilaterale verso le conseguenze, ma in contrasto universale contro tutte le premesse del sistema politico tedesco, di una sfera, infine, che non può emancipare se stessa senza emanciparsi da tutte le rimanenti sfere della società e con ciò stesso emancipare tutte le rimanenti sfere della società, la quale, in una parola, è la perdita completa dell’uomo, e può dunque guadagnare nuovamente se stessa soltanto attraverso il completo riacquisto dell’uomo. Questa dissoluzione della società in quanto stato particolare è il proletariato. Il proletariato comincia per la Germania a diventar tale soltanto con l’irrompente movimento industriale, poiché non la povertà sorta naturalmente bensì la povertà prodotta artificialmente, non la massa di uomini meccanicamente oppressa dal peso della società ma la massa di uomini che proviene dalla sua acuta dissoluzione, anzi dalla dissoluzione del ceto medio, costituisce il proletariato, sebbene gradualmente entrino nelle sue file, com’è naturale, anche la povertà naturale e la cristiano-germanica schiavitù della gleba. Se il proletariato annunzia la dissoluzione dell’ordinamento tradizionale del mondo, esso esprime soltanto il segreto della sua propria esistenza, poiché esso è la dissoluzione effettiva di questo ordinamento del mondo. Se il proletariato richiede la negazione della proprietà privata, esso eleva a principio della società solo ciò che la società ha elevato a suo principio, ciò che in esso è già impersonato senza suo apporto, in quanto risultato negativo della società. Il proletariato quindi rispetto al mondo in divenire si trova nello stesso diritto in cui il re tedesco si trova rispetto al mondo già divenuto, quando egli chiama suo popolo il popolo, così come chiama suo cavallo il cavallo. Il re dichiarando il popolo sua proprietà privata, esprime soltanto il fatto che il proprietario privato è re[5]”.

Ciascuno di noi può contribuire alla svolta, ma ad essa si giunge con il lavoro perenne che solo la passione può donare. La passione non è una forza cieca, ma essa emerge dalla consapevolezza dolorosa della verità storica e dalla capacità di usare le “categorie concrete” che ci restituiscono la realtà/verità senza filtri e facili illusioni. Per rifondare il comunismo dobbiamo andare “oltre Marx” ma senza congedarci dal “suo cantiere”, anzi sta a noi continuare l’opera.


[1] Karl Marx Per la critica della filosofia del diritto di Hegel. Introduzione

[2] Ibidem

[3] Ibidem.

[4] Ibidem.

[5] Ibidem

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