Il libro di Massimo Recchioni sulla vicenda del comandante partigiano Francesco Moranino è un invito a difendere il valore della Resistenza dai revisionismi in atto.
Piemontese di Tollegno, nel Biellese, il comandante partigiano Francesco Moranino è stato tra i protagonisti della guerra di Liberazione e il più giovane membro dell’Assemblea Costituente. Aveva scelto come nome di battaglia quello di «Gemisto». La sua storia è raccontata in un libro scritto da Massimo Recchioni che da lungo tempo svolge ricerche sulla Resistenza e sulle figure che vi hanno partecipato. Il frutto di questo impegno ha preso la forma di saggi e volumi che contribuiscono alla conoscenza di una pagina di storia dalla quale è nata l’Italia del dopoguerra; il paese che cercava di emergere dalle macerie lasciate da vent’anni di fascismo e dalla tragica partecipazione al secondo conflitto mondiale.
Ma torniamo a Moranino. Salta agli occhi il titolo del libro che racconta la sua vicenda: «Francesco Moranino, il comandante “Gemisto”. La criminalizzazione della Resistenza». In effetti la storia di questo comandante partigiano è prova di una certa volontà di gettar fango sulla Resistenza, di sminuirne la portata storica e il valore morale. Volontà tuttora esistente che trova anche espressione nel tentativo di mescolare le carte della Storia e stabilire un’inaccettabile equivalenza fra i protagonisti della guerra di Liberazione e chi li combatteva sotto le insegne nazifasciste, dalla parte di aguzzini e torturatori. Le “Ville Tristi” di Roma, Firenze, Milano, Genova, Trieste, Brescia, e della stessa Biella, le bande Koch e Carità, sono sinonimi di terrore, tortura e abuso.
In quegli anni terribili Gemisto contribuisce a combattere tutto questo per poi partecipare all’opera di ricostruzione materiale e soprattutto morale di un paese prostrato. Esponente di una classe politica rinnovata, diventa sottosegretario alla Difesa nel terzo governo De Gasperi, l’ultimo di “unità nazionale”, prima del Piano Marshall, e nel 1948 viene rieletto deputato. Ben presto, però, la sua vita cambia a causa di un’inchiesta giudiziaria che lo coinvolge. Quella riguardante l’uccisione, nell’inverno del 1944, di cinque civili sospettati di spionaggio e delle mogli di due di essi. Temendo il peggio Moranino si rifugia in Cecoslovacchia. La vicenda che lo vede coinvolto infiamma il dibattito politico e si protrae a lungo: si arriva a una nuova autorizzazione a procedere che ha luogo nel 1955 e alla condanna all’ergastolo. Nel 1964 gli viene concessa la grazia dal presidente Saragat ma non ne approfitta e torna in Italia solo nel 1966, quando finalmente i fatti per cui era stato condannato vengono riconosciuti come azioni di guerra.
Fonte articolo: https://www.micromega.net/il-partigiano-gemisto-e-la-criminalizzazione-della-resistenza/?fbclid=IwAR1Unufq_TrqPGA-dJbQeP30hgXUbZGWmmYZ8F9D0dwA8gr8KGl7tqtjHtk