Materialismo dialettico in Mao Tse-Tung

Il marxismo è analisi oggettiva della realtà, è ricerca delle condizioni  che conducono alla rivoluzione e all’emancipazione.  Il materialismo dialettico è filosofia della prassi, essa con le sue categorie indaga la realtà permettendo di valutare i processi più idonei che conducono al comunismo.  Il materialismo dialettico è una visione del mondo, aderire ad esso significa partecipare alla lotta di classe nelle circostanze storiche date. Il materialismo dialettico è la Filosofia del proletariato, mentre l’Idealismo è la filosofia della borghesia capitalista. Mao Tse Tung contrappone le due filosofie a cui corrispondono le classi sociali in lotta.

La Filosofia per Mao Tse-tung è sviluppo analitico della realtà, è dialettica materialistica con la quale la classe subalterna diviene consapevole delle condizioni oggettive che conducono alla rivoluzione. Dal fatalismo dell’Idealismo che eternizza i rapporti di forza, il proletariato può uscirne sono con il materialismo dialettico con il quale diviene consapevole che la subalternità non è un dato naturale, ma una relazione materiale dinamica e come tale trasformabile.  La Filosofia non insegna il semplice rispecchiamento, essa è movimento di liberazione dalle catene che opprimono i dominati. Le classi operaia e contadina decodificano politicamente le condizioni per ribaltare i rapporti di forza e lo sfruttamento mediante il materialismo dialettico. Mao Tse-tung è erede della lezione filosofica di Marx ed Engels:

“Per quanto riguarda il problema dell’oggetto della filosofia, Marx, Engels e Lenin si opposero tutti quanti alla separazione della filosofia dalla realtà concreta e alla trasformazione della filosofia in una serie di dottrine indipendenti. Essi sottolinearono che la filosofia deve svilupparsi dall’analisi della vita reale e dei rapporti reali e si opposero al metodo della logica formale e dell’idealismo menscevico secondo il quale oggetto di studio sono i concetti logici o un mondo naturale di concetti logici. La filosofia che si è sviluppata dall’analisi della vita reale e dei rapporti reali non è altro che la teoria dello sviluppo, ossia la dialettica materialista. Marx, Engels e Lenin hanno tutti quanti definito la dialettica materialista come una teoria dello sviluppo[1]”.

Il materialismo di Marx è altro rispetto al materialismo meccanico. Il materialismo dialettico non riduce il soggetto a semplice riflesso delle condizioni materiali e oggettive. Il soggetto è materia, il pensiero e la coscienza si spiegano con le relazioni materiali, storiche e anatomiche, ciò malgrado il soggetto ha la responsabilità politica di organizzare il percorso che conduce verso il comunismo. Nel materialismo dialettico non vi è fatalismo, ma le soggettività lottano, le classi sociali entrano in tensione in condizioni materiali date, ma senza la responsabilità politica non vi è percorso che porti al comunismo e alla lotta di classe. Il materialismo meccanicistico, invece, non dà nessun rilievo alla coscienza soggettiva e collettiva, esso passivizza e derealizza il soggetto, pertanto è sostanzialmente reazionario. È manchevole dell’analisi genealogica dei fenomeni materiali e sociali, è  filosofia astratta,  poiché non  indaga la genesi materiale e storica dei fenomeni e si preclude, di conseguenza, di comprendere la filosofia idealista con i suoi limiti di classe:

“Il materialismo antecedente a Marx (il materialismo meccanicista) non dava rilievo al ruolo attivo del pensiero nella conoscenza e assegnava al pensiero un ruolo puramente passivo: lo descriveva come uno specchio in cui la natura si riflette. Il materialismo meccanicista aveva un atteggiamento sbagliato nei confronti dell’idealismo, non studiava l’origine della sua teoria della conoscenza (della sua gnoseologia): di conseguenza non poteva superare l’idealismo. Solo il materialismo dialettico mette accuratamente in rilievo il ruolo attivo del pensiero e nello stesso tempo riconosce che l’attività del pensare è limitata dalla materia. Esso mostra che il pensiero sorge dalla pratica sociale e nello stesso tempo[2]”.

Per il materialismo dialettico la materia è il fondamento oggettivo e dinamico con cui spiegare ogni fenomeno, la materia  è oggettiva, essa governa e spiega ogni fenomeno. L’oggettività della materia la rende “verità in sé” e consente di superare derive ideologiche di classe e forme di soggettivismo e liberalismo. La materia trattata dalle scienze è, invece, relativa, essa è una deduzione che muta con il tempo in base al progredire degli studi, pertanto non ha il valore di fondamento oggettivo insito nella cornice del materialismo dialettico:

“La concezione della materia propria della filosofia materialista dialettica e la concezione della materia propria delle scienze naturali non sono la stessa cosa. Se noi affermiamo che la concezione della materia propria della filosofia materialista dialettica consiste nella tesi che la materia ha un’esistenza oggettiva, che ciò che chiamiamo materia è tutto il mondo che esiste al di fuori della coscienza umana e che esiste indipendentemente da essa (questo mondo agisce sugli organi sensibili dell’uomo che generano le percezioni sensitive dell’uomo e attraverso queste percezioni sensitive il mondo si riflette nell’uomo), allora questa concezione della materia è permanente e immutabile, è assoluta. Invece la concezione della materia propria delle scienze naturali (per esempio la vecchia teoria atomica, la successiva teoria elettronica, ecc.), deriva dallo studio delle strutture materiali; questa concezione della materia muta con il progredire delle scienze naturali; è relativa. Questa distinzione, frutto della forza conoscitiva del materialismo dialettico, tra la concezione della materia propria della filosofia materialista dialettica e la concezione della materia propria delle scienze naturali è una condizione necessaria per un deciso sviluppo delle concezioni del materialismo dialettico e ha un grande ruolo nella lotta contro l’idealismo e il materialismo meccanicista[3]”.

 

La materia del materialismo dialettico

La materia nel materialismo dialettico è dinamica, il movimento è intrinseco ad essa, non vi sono “elementi esterni” che agiscono su di essa imprimendole il movimento. All’interno della materia vi è la forza che ne consente il dinamismo. La materia e il movimento sono indivisibili, l’uno non può esistere senza l’altro.:

“Il secondo principio fondamentale del materialismo dialettico è la sua teoria del movimento (o teoria dello sviluppo): ossia la tesi che il movimento è una forma dell’esistenza della materia, che è una proprietà intrinseca della materia e che è una manifestazione della diversità della materia[4]”.

Il principio di trasformazione è insito nella materia e ne determina diversi livelli di qualità e complessità. La materia è sufficiente a spiegare ogni fenomeno naturale, sociale e politico. Il mondo è in movimento perenne, pertanto l’attività politica ha il compito di pensare il movimento in cui  è implicato. Il risultato è una visione unitaria del mondo, in cui i singoli fenomeni sono in una reciprocità relazionale dinamica, l’oggettività materiale esige uno studio ed una indagine sempre attenti al mutare della materia. Il mutamento della materia strappa le classi subalterne ad un destino statico e senza speranza. Il movimento intrinseco alla materia è la speranza reale e razionale dei dominati:

“La trasformazione non è dovuta all’impulso di una forza meccanica esterna, ma è dovuta all’esistenza, nella materia in questione, di due componenti qualitativamente diversi e reciprocamente opposti che lottano l’uno contro l’altro: è questo che determina il movimento e la trasformazione della materia. Grazie alla scoperta del principio della trasformazione dei movimenti l’uno nell’altro, il materialismo dialettico ha potuto ampliare la sua teoria dell’unità materiale del mondo fino a comprendere in essa la storia della natura e la storia della società. Esso ha potuto non solo considerare e studiare il mondo come materia in perpetuo movimento, ma anche considerare e studiare il mondo come materia eternamente in movimento da forme inferiori a forme superiori. Ossia esso considera e studia il mondo sia come sviluppo sia come processo. In breve, “l’unità del mondo materiale è un processo di sviluppo”[5]”.

L’unità della materia è resa evidente nel plesso teorico dello spazio e del tempo. Essi non sono realtà esistenti in sé, ma sono il prodotto del dinamismo della materia. Tutto si spiega mediante il movimento relazionale della materia, si potrebbe ben dire “materia  iuxta propria principia”:

“Il tempo e lo spazio non possono essere separati dalla materia. Quando si afferma che “la materia esiste nello spazio” si afferma che la materia ha in se stessa la proprietà di espandersi, che il mondo materiale è un mondo per il quale la capacità di espandersi è una caratteristica interna. Questo non vuol dire che la materia esiste in uno spazio che è un vuoto non materiale. Né lo spazio né il tempo sono cose non materiali, indipendenti dalla materia. Essi non sono neanche aspetti soggettivi della nostra percezione. Sono forme di esistenza del mondo materiale: sono oggettivi, non esistono al di fuori della materia né la materia può esistere senza di loro[6]”.

 

Teoria del riflesso

La teoria del riflesso in Mao Tse-tung risolve ogni dubbio su eventuali riduzionismi, in quanto il grande timoniere chiarisce che il pensiero e la coscienza sono materia in relazione, ma il pensiero non rispecchia semplicemente lo stato della materia in modo passivo, il pensiero deve riflettere attivamente la verità per poter pensare le condizioni oggettive che determinano i fenomeni e mutarle. Le sensazioni non sono sufficienti a pensare la verità, le sensazioni sono parte di un processo di oggettivizzazione che porta al concetto. Senza l’attività indagatrice del pensiero non si giunge alla verità, pertanto la conoscenza è processo dinamico che deve valutare e soppesare i passaggi per definire e giungere alla verità. Alla realtà materiale e oggettiva si giunge mediante il pensiero cosciente, alla fine di tale processo pensiero, verità e razionalità sono un’unica realtà; il soggetto in tal modo oltrepassa derive soggettivistiche e isolazionistiche:

“La verità oggettiva esiste indipendentemente dal soggetto e non dipende da esso. Benché essa sia  nelle nostre sensazioni e nei nostri concetti, essa in noi raggiunge la sua forma finale non d’un colpo solo ma gradualmente. È un errore pensare che la verità oggettiva assuma una forma completa nelle sensazioni e quindi sia acquisita da noi con le sensazioni: è un errore della scuola del realismo semplice. Benché la verità oggettiva non assuma la sua forma completa immediatamente nelle nostre sensazioni e nei nostri concetti, tuttavia essa è conoscibile. La teoria del riflesso propria del materialismo dialettico si oppone alle concezioni agnostiche e sostiene che la coscienza può riflettere la verità oggettiva nel corso del processo della conoscenza. Il processo della conoscenza è un processo complesso nel corso del quale la “cosa in sé”, non ancora conosciuta, si riflette nelle nostre sensazioni, nelle nostre immagini e nei nostri concetti e diventa una “cosa per noi”. Certamente le nostre sensazioni e i nostri concetti non ci isolano dal mondo esterno, come sosteneva Kant; al contrario essi ci collegano al mondo esterno. Percezioni sensitive e concetti sono riflessi del mondo esterno. Gli oggetti mentali (le immagini e i concetti) non sono che “cose materiali elaborate e ricostruite nel cervello dell’uomo” (Marx)[7]”.

Antistoriche sono tutte le concezioni che negano la processualità dialettica per giungere alla verità. La processualità emancipa non solo dal soggettivismo ma anche dal dogmatismo:

“Le concezioni antistoriche di tutti i sistemi filosofici che, nell’ambito della gnoseologia, non considerano la conoscenza come un processo, sono, di conseguenza, ristrette. La ristrettezza di vedute dell’empirismo dei sostenitori della teoria che la verità sta già completa nelle sensazioni erige una barriera tra le percezioni sensitive e i concetti. La ristrettezza di vedute della scuola razionalista erige una barriera tra i concetti e le percezioni sensitive. Soltanto la gnoseologia del materialismo dialettico (la teoria del riflesso) considera la conoscenza come un processo e in questo modo elimina completamente ogni specie di ristrettezza e fa della conoscenza un oggetto materiale e dialettico[8]”.

Il cervello umano è l’organo del pensiero, è il pensiero, esso è una forma particolarmente complessa di materia che si esplica nella pratica sociale. Ciò che caratterizza precipuamente il cervello è la possibilità di sviluppare il linguaggio senza il quale il cervello umano non sarebbe quella “materia” evoluta che si è sviluppata con l’interazione sociale. Il linguaggio è potenzialità del cervello che si attua nelle relazioni sociali, economiche e politiche:

“Ciò che chiamiamo pensiero (coscienza) è quindi una proprietà particolare di una definita della materia. Questa forma della materia è dotata di un sistema nervoso complesso; un sistema nervoso del genere compare solo quando l’evoluzione del mondo naturale ha raggiunto un alto grado di sviluppo. L’intero mondo della materia inorganica, il mondo vegetale e le forme inferiori del mondo animale sono privi della capacità di comprendere i processi che avvengono in loro stessi e fuori di loro: sono privi di coscienza. Solo gli esseri animali dotati di un sistema nervoso sviluppato hanno la capacità di comprendere i processi, ossia hanno la capacità di riflettere al loro interno i processi e di capirli. I processi fisiologici oggettivi del sistema nervoso degli esseri umani si producono parallelamente con la manifestazione soggettiva delle forme della coscienza che essi costruiscono in se stessi. Queste sono di per se stesse tutte cose oggettive, sono forme determinate di processi materiali. Tuttavia esse sono anche contemporaneamente funzioni psicologiche soggettive che si svolgono nella materia del cervello. Non esiste una mente a sé stante sede del pensiero, esiste solo una materia capace di pensare, il cervello. Questa materia capace di pensare è una materia con proprietà sue proprie, una materia che si è sviluppata a un alto livello in parallelo con lo sviluppo che il linguaggio umano ha avuto nella vita sociale. Questa materia possiede, come sua proprietà specifica, la capacità di pensare, una proprietà che nessun’altra forma di materia possiede[9]”.

 

Materialismo dialettico e libertà

Il proletariato nella visione  profondamente marxiana di Mao Tse-tung è la classe che libera da ogni forma di Idealismo, che ha trasformato in azione politica le condizioni storiche che consentono la liberazione dalla tirannia di classe. Il materialismo dialettico è la cultura-politica del proletariato, il quale, in quanto classe universale ha il compito di abbattere l’Idealismo e il materialismo meccanico, esso deve far trionfare con il materialismo dialettico la natura comunitaria dell’essere umano, esso deve smantellare l’ipostatizzazione della proprietà privata e dei rapporti di dominio, emancipando se stesso il proletariato libera l’umanità tutta e inaugura la storia degli uomini e delle donne non più sussunti al giogo del dominio proprietario:

“Il proletariato che sta scavando la fossa al capitalismo “è intrinsecamente materialista”. Dato però che il proletariato è la classe più progressista della storia, il materialismo del proletariato non è il materialismo della borghesia. Il materialismo del proletariato è più profondo e ha una comprensione maggiore del mondo: è dialettico e non meccanicista. Il materialismo dialettico fu elaborato dai portavoce del proletariato, Marx ed Engels, come risultato della pratica del proletariato e nello stesso tempo assimilando tutti i risultati positivi di tutta la storia dell’uomo. Il materialismo dialettico non solo afferma che il mondo materiale è qualcosa di diverso dal pensiero umano ed esiste indipendentemente da esso, ma afferma anche che questo mondo si trasforma continuamente. Esso è diventato sia una nuova, sistematica e precisa concezione del mondo sia un nuovo, sistematico e preciso metodo per conoscere e per agire. Questa è la filosofia del marxismo[10]”.

La nuova classe dirigente deve studiare il materialismo dialettico, in modo da non ricadere in forme di soggettivismo. La rivoluzione è prassi, ma senza lo studio rischia di deviare in forme errate che possono condurre a disperdere i risultati raggiunti. La responsabilità umana è confermata in tali affermazioni:

“In particolare è assolutamente necessario che studino il materialismo dialettico i quadri e coloro che hanno ruoli di direzione nel movimento rivoluzionario. Infatti tra di essi sono molto diffusi il soggettivismo e il meccanicismo che sono ambedue concezioni del mondo e metodi di lavoro sbagliati. Queste concezioni li portano spesso a deviare dal marxismo e a seguire nel movimento rivoluzionario strade sbagliate. Per poter evitare e correggere queste carenze è necessario studiare coscienziosamente il materialismo dialettico, comprenderlo bene e, così facendo, dotare il proprio spirito di una nuova arma[11]”.

La rivoluzione si difende con le armi, ma queste ultime senza la cultura dialettica sono destinate alla sconfitta. Gli errori commessi durante la rivoluzione sono errori dialettici, pertanto lo studio del materialismo dialettico è la via mediante la quale risolvere gli errori dovuti ai limiti della coscienza  di classe. Se la dialettica è intesa quale facoltà condivisa di valutare i dati e interconnetterli, essa neutralizza derive fideistiche ed errori di valutazione,  tanto più che Mao Tse-tung ribadisce in altri scritti la rilevanza della consapevolezza dei limiti umani:

“La gente che vive in Cina deve subire un’oppressione due volte crudele e inumana: l’oppressione nazionale e l’oppressione sociale. Noi dobbiamo cambiare questi vecchi rapporti e lottare per la liberazione nazionale e sociale. Perché per cambiare la Cina e il mondo dobbiamo studiare la dialettica? Perché la dialettica è il sistema delle leggi più generali che la natura e la società seguono nel loro sviluppo. Se comprendiamo la dialettica, acquistiamo un’arma scientifica e nella pratica rivoluzionaria per cambiare la natura e la società avremo una teoria e un metodo adeguati alla nostra pratica. La dialettica materialista è in se stessa una scienza (una scienza filosofica): è il punto di partenza di tutte le scienze ed è anche un metodo. Anche la nostra pratica rivoluzionaria è una scienza, una scienza sociale o politica. Se non comprendiamo la dialettica, condurremo malamente i nostri affari; gli errori commessi nel corso della rivoluzione, sono errori di dialettica. Se comprenderemo la dialettica, ne ricaveremo grandi benefici: se indagheremo accuratamente sui movimenti condotti felicemente in porto, constateremo che essi hanno seguito le leggi della dialettica. Quindi tutti i compagni rivoluzionari, e in particolare i dirigenti, devono studiare la dialettica[12]

 

Pratica sociale e pensiero

La capacità dialettica e linguistica si rafforza con la pratica sociale. Il materialismo dialettico è materialismo teso a superare forme di divisioni e contrapposizioni. La lotta di classe è una pratica sociale che consente non solo di conoscere le condizioni oggettive, ma specialmente rafforza e consolida la capacità di resistere e lottare. Nella lotta il soggetto muta i pregiudizi di classe, si umanizza in senso universale e patrio, giacché in Mao Tse-tung è il popolo ad essere l’universale e non una generica e astratta umanità:

“La pratica sociale degli uomini non si limita alla sola attività produttiva, ma ha molte altre forme: lotta di classe, vita politica, attività scientifica e artistica; in breve, gli uomini, in quanto esseri sociali, partecipano a tutti i campi della vita pratica della società e così conoscono, a gradi differenti, i vari rapporti che esistono tra gli uomini, non soltanto attraverso la vita materiale, ma anche attraverso la vita politica e culturale (che è strettamente legata alla vita materiale). Fra queste altre forme di pratica sociale è in particolare la lotta di classe, nelle sue diverse forme, a esercitare una profonda influenza sullo sviluppo della conoscenza umana. Nella società divisa in classi, ogni individuo vive come membro di una determinata classe e ogni suo pensiero, senza eccezione, porta un’impronta di classe[13]”.

La lotta di classe e la pratica del materialismo dialettico insegnano a vivere da comunista. Il soggettivismo si connota per personalità che si rinserrano in desideri personali, e scambiano la propria realtà personale per verità. Il comunista, invece,  si confronta con il soggettivismo, lo pone in discussione, è disponibile a trascendere chiusure e preclusioni per ridisporsi in un ordine razionale voluto e compreso:

“La filosofia marxista, il materialismo dialettico, ha due caratteristiche peculiari. La prima è la sua natura di classe: essa afferma apertamente che il materialismo dialettico è al servizio del proletariato. L’altra è la sua natura pratica: essa sottolinea che la teoria dipende dalla pratica, che la teoria si basa sulla pratica e, a sua volta, serve la pratica. Per valutare la verità di una conoscenza o di una teoria, l’uomo non si deve basare sui propri sentimenti soggettivi, ma sui risultati oggettivi della pratica sociale. Il criterio della verità può essere soltanto la pratica sociale. Il punto di vista della pratica è il punto di vista primo e fondamentale della teoria dialettico materialista della conoscenza[14]”.

 

Materialismo dialettico e verità

Il materialismo dialettico è il fondamento della democrazia comunista. Essa insegna la disciplina del pensiero e la collaborazione solidale, la quale non è semplice emotività empatica, ma è condivisione della verità oggettiva e materiale. La democrazia del partito comunista si tiene, pertanto distante dall’ultrademocraticismo che non può che condurre al soggettivismo e dalla rilassatezza che induce ad un solitario ripiegamento su stessi:

“Nell’attuale grande lotta, il Partito comunista cinese richiede a tutti i suoi organi dirigenti, a tutti i suoi membri e quadri di dar prova della massima iniziativa, unico mezzo capace di assicurare la vittoria. Questa iniziativa deve manifestarsi concretamente nella capacità creativa degli organi dirigenti, dei quadri e dei membri del partito, nel loro senso di responsabilità, nell’entusiasmo con cui lavorano, nel loro coraggio e nella loro capacità di sollevare i problemi, di esprimere le loro opinioni, di criticare i difetti, come anche nel controllo esercitato con spirito da compagni sugli organi dirigenti e sui quadri dirigenti. Senza questo, la parola “iniziativa” non avrebbe alcun significato. Ma lo sviluppo di tale iniziativa dipende dal grado di democrazia nella vita del partito. Esso non può tradursi in pratica se non vi è abbastanza democrazia nella vita del partito. Solo in un’atmosfera di democrazia può emergere un gran numero di persone capaci. Nel nostro paese predomina il sistema patriarcale proprio della piccola produzione e inoltre su scala nazionale non esiste una vita democratica. Questo si riflette nel nostro partito: da qui la deficienza di vita democratica, che impedisce a tutto il partito di dare libero corso alla sua iniziativa ed è al tempo stesso la causa della deficienza di vita democratica in seno al fronte unito e nei movimenti di massa. Per questo il partito deve educare i suoi membri sulla questione della democrazia, affinché comprendano il significato della vita democratica, il rapporto fra democrazia e centralismo e il modo in cui deve essere attuato il centralismo democratico. Solo così potremo veramente allargare la democrazia nel partito, evitando al tempo stesso l’ultrademocraticismo e la rilassatezza che distrugge la disciplina[15]”.

La via che conduce al comunismo non è semplice lotta, è cambiamento dei paradigmi culturali. Per Mao Tse-tung la rivoluzione è prassi economica, sociale e culturale, i tre aspetti non possono essere scissi. Solo il materialismo dialettico può fondare il fondamento condiviso della democrazia comunista, in quanto la verità oggettiva è capace di contenere deviazionismi e soggettivismi regressivi. Non vi è rivoluzione che nel pensiero forte e veritativo. Il soggettivismo è pensiero debole e relativistico ed è funzionale alla conservazione. Malgrado gli errori del comunismo maoista e le tragedie annesse, resta un dato inaggirabile che attraversa la storia, ovvero solo il pensiero forte  può spezzare le catene dell’oppressione. Oggi come allora il nemico è il capitale, esso si presenta a noi nella forma suadente del soggettivismo dogmatizzato, da tale dato bisogna riprendere il cammino verso la liberazione. Sta a noi riprendere la lunga marcia che si libera in un sorriso ogni volta che una resistenza è superata.

 

Lunga Marcia

L’Esercito rosso non teme le difficoltà della Lunga Marcia

diecimila fiumi e mille montagne: una cosa da nulla.

I Cinque Picchi si snodano come onde leggere

i monti WuMeng rotolano come palle d’argilla.

Calde le scogliere avvolte dalle nubi e bagnate dal fiume Sabbie d’Oro

fredde le catene di ferro del ponte sul fiume Tatu.

Ancora più ci rallegrano i mille li nevosi dei monti Min

le Tre Armate li hanno superati e ogni volto si schiude al sorriso[16].

Il soggettivismo è arrendevole, l’irrazionale non favorisce la lotta, solo chi ha una razionale fiducia in una verità logicamente dimostrata ha la forza etica e ontologica di superare gli innumerevoli tornanti a cui si è sottoposti, e alla fine di essi lo accoglie il sorriso di colui che sa di essere  nella verità in cammino.

[1] Mao Tse-tung, Materialismo dialettico (estate 1937), in opere di Mao Tsetung volume V pag. 137

[2] Ibidem pag. 131

[3] Ibidem pp. 140 141

[4] Ibidem pag. 142

[5] Ibidem pag. 146

[6] Ibidem pag. 148

[7] Ibidem pag. 151

[8] Ibidem pag. 152

[9] Ibidem pag. 149

[10] Ibidem pag. 185

[11] Ibidem pag. 134

[12]Ibiedem pag. 157

[13] Mao Tse-tung, Sulla pratica (luglio 1937), IN Opere di Mao Tse-tung Volume V pag. . 170

[14] Ibidem pag. 171

[15] Mao Tse -tung, Il ruolo del partito comunista  cinese nella guerra nazionale (ottobre 1938), in opere di Mao Tse-tung, volume VII, pag. 35

[16]MaoTse -tung, Lunga Marcia (ottobre 1933), in Opere di Mao Tse-tung, volume IV

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