Il neoliberismo è alleato del neopositivismo, in questi giorni divulgatori scientifici organici al sistema invocano una riforma culturale senza precedenti, consigliano al nuovo ministro Patrizio Bianchi il nuovo programma e la direzione su cui impostare il ministero. Sono convinti di trovare “ascolto”, poiché appartengono alla stessa area sociale e politica. Sulla Tecnica della scuola del 15/2/2021 Piero Angela è prodigo di consigli:
“Se si osservano le materie insegnate nella scuola, c’è tutta roba del passato: storia, storia della filosofia, storia dell’arte, latino, greco, letteratura. Tutta roba del passato. Poi si insegnano le materie scientifiche, matematica, chimica, fisica ma non si insegnano le regole della scienza, il suo metodo, la sua pervasività, il suo ruolo, distinguendo tra scienza e tecnologia, cose profondamente diverse”. Ed ancora “la tecnologia e l’energia hanno cambiato il modo di produrre: dall’analfabetismo di massa si è passati alla scuola di massa e all’università di massa”. La macchina della povertà, viceversa, è formata “dalla cultura del passato e dalla poca ricerca scientifica e porta con sé poca capacità competitiva”.
La fede cieca e superstiziosa nelle scienze e il potere che ad esse è annesso porta ad immaginare l’emancipazione totale da ogni vincolo ed identità. Il liberismo si connota nella storia per la liberazione da ogni legame fino al rifiuto di ogni identità culturale, nel caso di Piero Angela simbolo del neopositivismo il passato è un inciampo sulla via del progresso. La cultura del passato è foriera di povertà, mentre le tecnologie e le scienze con la loro “pervasività” sono la ricchezza ed il progresso. Il termine “pervasività” ha qualcosa di minaccioso ed aggressivo e forse il suo uso ne esprime la verità, appena celata, della marcia a passo d’oca sul passato.
Integralismo del presente
Senza passato un popolo come una persona non ha identità, non è capace di segnare il fine della propria esistenza, pertanto la liberazione dal passato “macchina della povertà”, diviene il totalitarismo del nulla, il dominio totale, la trasformazione dell’essere-esistenza in niente. Se si sottrae il passato ad un popolo, lo si rende dominabile, perché senza memoria, il radicamento in una tradizione non è solo memoria, ma forza plastica alla quale ispirarsi per capire il presente e ritrovare energie e modelli per il futuro. L’Occidente globale nel segno della sola tecnologia è l’apice della decadenza mascherata da progresso, una civiltà che si espande in senso unidirezionale inevitabilmente muore sotto i colpi dello sviluppo “monotono”. Vico, filosofo napoletano del “passato” e dunque “inutile” secondo il nuovo orientamento, lo aveva già ipotizzato e dimostrato, l’essere umano ricade nella barbarie, se sviluppa non la sua identità nelle sue forme plurime ed armoniche, ma se potenzia un solo aspetto di esse, in tal maniera lo squilibrio indotto causa un collasso delle personalità e della civiltà. La Storia ed il passato sono il dionisiaco che spinge verso il presente ed è l’ausilio verso la progettualità politica. Senza riflessione sul passato e conoscenza dello stesso non vi è politica, non vi è partecipazione delle imprecise coscienze umane sostituibili con la robotica e potenti algoritmi, ma solo l’eterno presente reso ipostasi da coloro che difendono personali posizioni di potere. Nell’integralismo tecnologico e scientista vi è il desiderio di sbarazzarsi dell’umano, poiché imperfetto per sostituirlo con forze tecnologiche neutre e dunque incapaci di errori, la creatura aspira alla divinità che rifugge.
Senza memoria – senza legami
L’intuizione empatica-razionale con gli uomini e le donne che ci hanno preceduto rafforza i legami sociale ed affina la coesione sociale. Una civiltà senza memoria fondata sull’homo faber e, dunque, sulla produzione con le sole tecnologie non può che comportare l’imbarbarimento ontologico ed assiologico, ci attende una giungla robotica, in cui predatori e prede utilizzano raffinati algoritmi per catturare e difendersi, tutto nel segno della distanza emotiva e nella cecità di ogni fine. Il presente denuncia, già, nelle cronache e nelle logiche di potere tali tendenze che, invece, si vogliono rafforzare. Forse lo scopo è liberarsi delle discipline del passato per emanciparsi “dalle domande” che non sono funzionali ad un sistema che marcia con ritmo serrato verso un futuro nel segno della sola produzione senza attrito. Una civiltà che non ha domande ha perso la sua razionalità fondante, pertanto è destinata alla caduta. Le domande causano interazioni virtuose tra gli ambiti disciplinari, creano ponti, permettono di vivere la realtà “mondo” da più prospettive per renderlo comprensibile e concettuabile. La ricchezza diviene l’unico obiettivo dell’Occidente, ricchezza senza calcolo, senza misura, in nome di tale finalità l’intero pianeta è sfregiato a livello ambientale, ogni nucleo sociale in nome del benessere senza limiti e scopo si scioglie in individualismo d’attacco. L’uomo con la sua concretezza esistenziale è sostituito dall’individuo, dall’atomo senza legami che desidera l’onnipotenza e non è capace di ascoltare se stesso e l’alterità. Lo studio del passato, se è giudicato dal paradigma della “ricchezza materiale” è inevitabilmente un ramo secco da tagliare e da sostituire con le sole scienze. Il totalitarismo liberista è svelato nelle parole dei suoi servitori adoranti: pensiero unico, mondo unipolare e monoculturale. Si catalizzano intorno all’oggettività della “ricchezza” e “delle leggi economiche e scientifiche” per trasformarle in dogmi da servire. La nuova religione con il suo transumanesimo è il pericolo che dobbiamo interrogare, affinché non annienti con il passato l’umanità. Il passato è vita che insegna ad interrogare il presente, ed ogni potere non ama le domande, desidera solo granitiche risposte. Il nuovo che avanza ha il passo cadenzato di una marcia militare capace di tagliare con il passato popoli e civiltà in nome di un illuminismo datato e mal compreso. Le parole del divulgatore scientifico devono consolidare la convinzione della necessità di una attiva resistenza dinanzi al neopositivismo liberista, in quanto avanguardia di un mondo senza trascendenza ed universale che ha come obiettivo finale lo scientismo totalitario che non tollera le domande che dal passato sono giunte a noi e che ci sollecitano a dare risposte, a disegnare un futuro plurale senza il quale non vi è presente, ma solo la violenza delle passioni tristi. Alla lingua unica della scienza bisogna opporre il mondo plurale custodito nell’Umanesimo, la libertà vive, dove, le parole si raccolgono in domande senza le quali ci attende “la superiore razionalità del silenzio senza concetto”.