La teologia politica di Bergoglio, qualche spunto di riflessione


A seguire il dibattito e la elaborazione presente nel laicato cattolico non si può fare a meno di apprezzarne  la vitalità e la capacità di offrire un “ pensiero “forte” rispetto alla deriva rappresentata dalla postmodernità liquida  in combinato disposto con il capitalismo e il pensiero neoliberale.

E’ da tempo che leggo l’Avvenire, il quotidiano della C.E.I., il supplemento settimanale dedicato all’Economia Civile e la pagina culturale rappresentata da Agorà,  navigo in rete per approfondire il tema per poterne cogliere fino in fondo il senso della elaborazione culturale in corso. Da laico e da chi ha una formazione fondamentalmente marxiana non posso fare a meno di apprezzare come tutta la riflessione si pone come alternativa all’approccio proprio della post modernità rappresentato dall’individualismo metodologico e di come le riflessioni prendono le mosse dalle condizioni materiali determinate appunto dal sistema capitalista e dall’etica individualista rappresentata, come dicevo, dal combinato disposto tra post modernità e neoliberalismo. Artefice di questo cambiamento e del  rilancio  del magistero Cattolico, sottolineo non Cristiano, è  Papa Francesco I . Presumo che questa sua sensibilità sia dovuta all’aver assistito al massacro operato in Argentina e più in generale in America Latina negli anni 70 dalle dittature militari sostenute dagli Stati Uniti attraverso la CIA. I colpi di Stato organizzati dalla CIA in America Latina a sostegno delle forze reazionarie e conservatrici di quei Paesi hanno fatto leva su Forze armate con ufficiali formati e indottrinati nelle scuole militari statunitensi. Solo per memoria riporto alcuni dati relativi a quegli anni che riguardano il Cile e l’Argentina. Dal Rapporto Retting e da altri documenti, relativo al Cile[1], risultano ufficialmente 3.508 morti, suddivisi in 2.298 assassinati, 1.210 sparizioni forzate e 28.259 vittime di tortura, di persecuzione, esilio forzato o prigionieri, portando il numero a un totale compreso tra i 31.000 e le 32.000 vittime. Cifra che arriva a 40.000 per violazione di diritti umani. In Argentina, patria di Jorge Bergoglio, le vittime totali furono 40.000, 30.000 dei quali dissidenti o sospettati tali scomparsi. Gli orrori di quelle Dittature non riguardarono solo Argentina e Cile ma molti altri Paesi dell’America Latina. Jorge Bergoglio da prelato potè osservare ciò che successe nel suo Paese, vi sono accuse rivolte alla persona dell’attuale Pontefice circa il suo ruolo svolto negli anni 70, durante la Dittatura Videla, la questione, come si può facilmente immaginare, è molto controversa. Comunque non vuole essere questo il tema di questa riflessione. [2] Alla elezione di Bergoglio al Soglio di San Pietro la prima domanda che mi sono posto è perché un gesuita sceglie di chiamarsi Francesco onorando il “ poverello di Assisi”. Ordine monacale nato durante un periodo storico ricco di fermenti religiosi, economici e politici. Movimento monacale che corse il rischio di essere scomunicato al pari di tanti altri movimenti dell’epoca che videro l’indizione di Crociate per essere debellati con la conseguente condanna al rogo degli esponenti di quei movimenti ereticali e dei loro seguaci. Dicevo un contesto ricco di fermenti, il “Dugento”, che crea il presupposto per l’Umanesimo e per il successivo Rinascimento. Il ‘300 e il ‘400 secoli fondamentali per la nascita della “modernità”. La disputa fondamentale che vide contrapposti francescani e domenicani riguardò il diritto di proprietà. Disputa non irrilevante per lo sviluppo successivo dell’Italia  e più in generale dell’Europa. Non fu questa l’unica disputa. Altre dispute videro la contrapposizione tra Papato, Impero e la formazione dei primi Stati nazionali. La contrapposizione tra potere laico e potere religioso vide il confronto tra campioni del pensiero come: Duns Scoto, Guglielmo di Okham, Enrico di Gand,  Marsilio da Padova, Uguccione da Pisa, Tommaso d’Aquino. Alla disputa sul diritto di proprietà privata fu Papa Giovanni XXII[3] a porvi fine minacciando di scomunicare coloro che avessero messo in discussione il diritto di proprietà come diritto naturale. Il dibattito in corso in quegli anni è il fondamento per la nascita del giusnaturalismo. Il nodo centrale era l’acquisizione originaria dei diritti di proprietà[4]. Le argomentazioni teologiche, filosofiche e giuridiche sono le stesse che riprenderanno Grozio, Pufendorf e lo stesso Locke. Le argomentazioni di Locke[5] riportate nel capitolo V dal titolo La proprietà del Trattato sul Governo sono, a distanza di 400 anni,   le stesse di Enrico di Gand. Il ruolo della Seconda Scolastica[6] è poi fondamentale ai fini della formazione del diritto privato moderno, queste sottolineature per evidenziare l’esistenza di un vero e proprio file rouge che lega il “ Dugento” alla nascita della modernità fino a diventare il “pensiero forte” alternativo al mondo  postmoderno. Tutto questo cosa ha a che fare con il dibattito in corso nel mondo cattolico e con la Teologia politica di Papa Francesco I, ossia il teologo gesuita Jorge Bergoglio? Ebbene la teologia politica di Papa Francesco I  trae linfa dalla Scolastica Francescana, movimento, appunto teologico – politico che tanta parte ha avuto nella formazione dello “spirito del capitalismo meridiano” [7]  . La legittimazione sul piano teologico e canonico dell’ordine francescano ha fatto si che il francescanesimo sia diventato l’elemento di legittimazione sul piano religioso del capitalismo. Come scrive Fanfani [8]<< Meglio di tutti Scoto comprende la posizione del mercante e scrive che è lecito iuxta diligentiam suam et prudentium et solicitudinem et pericula accidia in commutatione pretium correspondes.  Il lungo fraseggiare latino ci ha condotti a vedere non solo legittimato il commercio, ma anche il guadagno che da esso proviene, salvi s’intende i principii del moderame e del superfluo ai poveri(…) Naturalmente non basta al commerciante accontentarsi di un lucro moderato a titolo di stipendio, ma, per obbedire al predetto comando paolino, egli non può vendere una cosa per un’altra, o non nella debita misura e qualità, dato che far ciò illitum est rd obbliga alla restituzione; purtuttavia potest nonnuquam  venditor indemnitati suae cobsulendo, rei occultum vitium tacere, dummodo in damnum seu periculum non empori, preacipie si vitium sit occultum .  I commercianti in ispecie, ed ogni persona in genere, devono osservare anche i canoni sul giusto prezzo. Ché a poco gioverebbe non truffare   né, né nel peso, né in altro modo e poi rifarsi ad abundantiam nel prezzo. Prende campo allora la grande questione del giusto prezzo, una delle fondamentali dell’etica sociale medievale (…)  >> . Non è il solo tema del giusto prezzo a prendere piede nel dibattito dell’epoca. Altri temi sono quelli del lavoro, della commercializzazione del tempo[9]che apre all’interesse sul denaro prestato come “lucro cessante” dovuto al mancato guadagno per il non uso di un capitale. Altra cosa rispetto all’usura. In piena riscoperta di Aristotele l’idea che il denaro fosse sterile era un principio non negoziabile. Risale a quegli anni, come ha evidenziato in più di una occasione l’economista  Luigino Bruni sul quotidiano Avvenire, la nascita dei Monti della Pietà, dei Monti Frumentari e addirittura Monti per le doti matrimoniali a favore di giovani donne in povertà. L’uso stesso della ricchezza, quindi l’uso della proprietà, non può essere scissa dalla funzione sociale che ad essa veniva attribuita da principi di ordine religioso ed etici. La Teologia dell’epoca condannava tanto il lusso e l’avidità quanto la stessa pigrizia. Il lavoro era fondamentale ai fini della crescita della ricchezza ma tale crescita non era finalizzata a se stessa. L’obbligo di donare ai poveri come la condanna dell’avidità e del lusso ponevano un limite della crescita. Concetto questo contemporaneo basti pensare alla teoria della decrescita elaborata da Serge Latouche[10]. Da quanto sinteticamente riportato  viene facile concordare con lo storico Todeschini circa l’origine medievale del pensiero economico.[11] Il punto è quale economia? A questa domanda risponde l’Economia civile[12]. Scrivono Bruni e Zamagni << (…) E’ una tradizione di pensiero e di opere. L’età dell’oro di questa tradizione è il Regno di Napoli nella seconda metà del Settecento, grossomodo tra Vico e la rivoluzione partenopea. Una tradizione antica, con alcune radici nella civiltà cittadina medievale, nei suoi monasteri, nelle sue arti e suoi mestieri, nella tradizione francescana e domenicana(…)>> Per entrambi gli economisti questa tradizione non solo italiana ma anche europea si rompe con la Restaurazione e con il Risorgimento quando tutto ciò che era maturato in precedenza veniva visto come ancién regime, quindi sinonimo di feudalesimo. Nonostante queste rotture l’idea dell’economia civile persisterà come prova l’esperienza Olivetti. L’Economia Civile non è per i due economisti  solo questo essa è << (…)  anche la via al mercato e all’economia di quella regione del mondo – l’Europa, in particolare l’Europa a matrice culturale comunitaria e latina – che non è basata , come pietra angolare, sull’individuo e sulle sue libertà dalla comunità. Diversamente dalla tradizione della political economy, l’Economia civile è economia relazionale, sociale, << cattolica>> nel senso etimologico (…)>>. E’ anche tutto questo ma è anche la grande storia dell’Italia. L’idea del “Capitalismo meridiano” e dell’idea dell’Economia Civile mi richiama alla mente “ Il pensiero meridiano” del sociologo Franco Cassano[13]. Trovare i punti di contatto tra i due pensieri non è per il momento oggetto di questa riflessione, vuole essere solo un spunto. In conclusione ho provato a delineare per sommi capi la genealogia del confronto in corso nel mondo Cattolico. Solo una riflessione sulla genesi del pensiero cattolico in corso di definizione può aiutare a capire le posizioni della Chiesa circa il capitalismo, la questione ambientale, il neoliberalismo, il tema del fine vita, l’aborto, la pratica dell’utero in affitto, la questione gender, la questione migratoria. Siamo in presenza di una teologia politica antica e nel contempo capace, forse,  di essere un’alternativa ad un sistema fluido, liquido, individualizzato privo di limite se non quello rappresentato dalla quantità di denaro posseduto o semplicemente dal valore di scambio del proprio corpo. Una teologia politica capace di indicare come prioritaria  “La strada dei diritti sociali”, come ha titolato Avvenire a proposito della Settimana Sociale tenuta a Trieste, in un contesto che vede al centro i diritti individuali è dato forte, è la volontà di parlare alle vittime della globalizzazione del capitalismo neoliberale. Questa mia riflessione non è e non vuole essere esaustiva, la questione è vasta e complessa, una delle questioni è chi sui territori rappresenta un tale “ pensiero”. Il rappresentare un tale “pensiero” è il tema dell’impegno dei Cattolici in politica. A partire da Gramsci l’interlocuzione con il mondo cattolico è stata vista sempre in modo positivo. Personalmente penso che la teologia politica di Papa Francesco I sia utile anche per una Sinistra sempre di più Liberal e poco Sociale.      


[1] AA.VV. A 50 dal golpe in Cile. Ed. MicroMega 2023  

[2] Limes . Papa Francesco e la dittatura argentina di Massimliano ferrara 10 aprile 2013 versione online della Rivista di geopolitica.

H. Verbitsky. L’isola del silenzio. Il ruolo della Chiesa nella dittatura argentina. Edizioni Fandango 2006. 

[3]  F. Treggiani. Giovanni XXII e il diritto in  Giovanni XXI cultura e di un Papa Avignonese a cura del Centro Studi sul Basso Medioevo – Accademia Tubertina Atti del LVI Convegno storico internazionale Todi, 13 – 15 ottobre 2019  

[4] B. Tierney. L’idea dei diritti naturali. Diritti naturali, legge naturale e diritto canonico 1150 – 1625. Cap. sesto. La proprietà, i diritti naturali e lo stato di natura. Pag. 191 e succ. ed. il Mulino 2002

[5] J. Locke. Trattato sul governo. Cap. V. La proprietà. Ed Riuniti 1974

[6] La seconda Scolastica nella formazione del diritto privato moderno. Incontro di studio. Firenze 16 – 19 ottobre 1972 .   Atti a cura di Paolo Grossi. Milano – Giuffrè Editore 

[7] L. Bruni. Capitalismo meridiano. Alle radici dello spirito mercantile tra religione e profitto. Ed. il Mulino  2022

[8] A. Fanfani. Le origini dello spirito capitalistico in Italia. Edizioni Ar 2021 cit. pag. 11

  A. Fanfani. Storia economica Vol. I  libro quarto Capitolo II Ideali economici. Pag. 257 e succ. ed.  UTET 1965

[9] J. Le Goff.Tempo della Chiesa e  tempo del mercante. Giulio Einaudi Editore 1977

[10] S. Latouche. La scommessa della decrescita. Ed. Feltrinelli 2014

[11] G. Todeschini. Come l’acqua e il sangue. Le origini medievali del pensiero economico. Carocci editore 2021

    G. Todeschini. Ricchezza francescana. Dalla povertà alla società di mercato. Ed. il Mulino 2023

[12] L. Bruni – Stefano Zamagni. L’economia civile. Un’altra idea di mercato. Ed. il Mulino 2015 pagg. 14 e 15

[13] F. Cassano. Il pensiero meridiano. Editori Laterza 2003

3 commenti per “La teologia politica di Bergoglio, qualche spunto di riflessione

  1. Giulio larosa
    11 Settembre 2024 at 7:21

    A me pare che papà Francesco cerchi solo di trasformare la Chiesa in una ONG e niente altro. Per sua sfortuna non glielo permette il popolo dei fedeli ancora molto più numeroso di quello che si vorrebbe. Con la grande storia qui raccontata e con quelle idee l attuale pontificato ha poco a che fare.

  2. Luigi Puddu
    12 Settembre 2024 at 20:14

    Seguo con molto interesse gli scritti di Lisco, ma credo che in questo caso Preterossi si avvicini di più al corretto inquadramento della questione papa Bergoglio: https://www.lafionda.org/2024/09/06/papa-francesco-e-alterglobalista/

    • gerardo lisco
      14 Settembre 2024 at 20:44

      grazie per l’interesse versi i miei scritti.

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