Secondo la definizione data dalla Treccani per Cancel Culture deve intendersi un << atteggiamento di colpevolizzazione, di solito espresso tramite i social media, nei confronti di personaggi pubblici o aziende che avrebbero detto o fatto qualcosa di offensivo o politicamente scorretto ai quali vengono pertanto tolti sostegno e gradimento.>>[1]. Partendo dalla definizione del concetto di Cancel Culture, attraverso alcuni fenomeni di cancellazione culturale operata nel corso della Storia e focalizzando l’attenzione sul dibattito in corso proverò a dimostrare come la Cancel Culture altro non è che uso politico della Storia in funzione dell’egemonia del capitalismo neoliberale e globalista.
Per una recente ricerca sociologica[2] la Cancel Culture sarebbe un fenomeno strettamente statunitense legato a movimenti di protesta propri di quel Paese non presenti ad esempio in Italia. Scrive l’autrice della ricerca << Se l’origine del termine va rintracciata in film e canzoni, la nascita del fenomeno della cultura della cancellazione è invece stata attribuita nel discorso pubblico al cosiddetto Black Twitter, un movimento cresciuto all’interno dell’omonimo social media, con l’obiettivo di dare agli/alle utenti, per lo più afroamericani, una voce collettiva sull’esperienza di essere nero negli Stati Uniti (…) Tramite l’hastag #Black Twitter, queste persone si possono sentire parte di una comunità virtuale ( e non) , partecipando e commentando gli avvenimenti in tempo reale, come in una vera e propria piazza pubblica. ( …) Cancellare, allora, in questa accezione è una forma di boicottaggio (…)>>[3]. Seguendo l’autrice del saggio nel suo ragionamento la cancellazione assume il significato di “correttivo”. Quella della cancellazione è lo strumento che social media come Facebook utilizzano quando determinate inserzioni, su segnalazioni di frequentatori del social media, vengono sospese per un certo periodo di tempo perché violano gli standard comunicativi del social media. La cancellazione diventa allo stesso tempo una sorta di censura ma anche di strumento di controllo dell’opinione pubblica e di indirizzo della stessa. E’ possibile affermare che la Cancel Culture diventa il braccio armato dell’ideologia del politicamente corretto[4]. In Italia, stando a quanto sostiene una scuola di pensiero, la Cancel Culture non ha radice nel nostro Paese, è solo lo strumento utilizzato dalle destre e dal mondo cattolico integralista per boicottare il D.D.L. Zan. In sostanza la Cancel Culture è stata utilizzata come strumento per affossare il DDL Zan[5] sostenendo che cancellerebbe l’ identità e la nostra tradizione culturale. Come se gli italiani fossero tutti una massa di omofobi e sessisti trogloditi. La verità è che il combinato disposto degli artt. 1, 4, 7, 8 del D.D.L. Zan hanno la pretesa di imporre una specifica visione della società fino al punto di prevedere l’istituzione di una sorta di “commissione” con lo scopo di verificare l’operato delle istituzioni in merito all’applicazione della nuova dottrina pedagogica ed educativa. Non a caso abbiamo assistito a prese di posizioni da parte di esponenti storiche del femminismo come la Izzo[6] in Italia, sullo stesso tema, oltre frontiera, della Agacinsky[7], della Rowling[8] ecc. La questione è che fenomeni di “cancellazione culturale” non sono sempre per così dire espressione di movimenti politici e sociali progressisti. I punti di domanda circa la Cancel Culture sono, come scrive Manfreda, << perché alcune forme visuali sono giunte fino a noi e altre invece sono state contestate, probite, eliminate? Quali sono state cancellate e quali, al contrario, glorificate? Perché? Cosa , chi davvero si è formato al termine di questo percorso?>> [9]
Il “ falò dei libri” consumato dalle SS nella Germania degli anni ‘30 del secolo scorso sono la negazione del pensiero critico e del pluralismo culturale. Di esempi di Cancel Culture” la Storia è purtroppo piena. Lo sterminio sistematico degli Ebrei, degli Zingari, delle stesse popolazioni slave ad opera dei Nazisti o delle popolazioni asiatiche ad opera dei Giapponesi negli anni ‘30 e ‘40 durante le conquiste coloniali sono da ascrivere a fenomeni di “Cancel culture”: La guerra civile in Jugoslavia con il tentativo di sterminare la comunità Islamica è un esempio di “Cancel Culture”. Pertanto hanno ragione coloro che sostengono che << Il fenomeno della rimozione delle statue, tuttavia, non sembra essere nuovo. Potremmo dire che gli attivisti del Black Lives Matter non hanno inventato niente, o quasi. Infatti, le recenti proteste antirazziste condividono inequivocabili punti in comune con la pratica della damnatio memoriae esercitata nell’antica Roma. Di fatto, entrambe prevedono una distruzione “massiccia” di monumenti, con l’obiettivo di rimuovere da uno spazio pubblico i personaggi che, a vario titolo, sono considerati “controversi”.>>[10]. La Cancel Culture attiene la Storia ed essa spesso e volentieri, rispetto a come viene utilizzata è “gioia e delizia” nel senso che per alcuni diventa un peso insopportabile, per altri strumento di rivalsa identitaria. Non è solo questo la Cancel Culture, a seguire il dibattito in corso negli USA è la nuova frontiera del capitalismo. Nello specifico il Woke Capitalism prodotto dell’ideologia della Cancell Culture sta sabotando la democrazia.[11] Come scrive Emanuele Monaco << Nonostante cancel culture possa apparire un termine senza molto senso e, al contempo, interpretabile in troppi modi, c’è un problema ( se proprio vogliamo chiamarlo così): si registra una crescente tendenza alla condanna frettolosa di personaggi pubblici o meno, anche solo a causa di idee espresse male o non in linea con il sentire di una precisa comunità (…)>> [12] Su Paginauno scrive Giovanni Baer facendo riferimento al dibattito in corso nelle università americane << La cancel culture, invece di aiutare le classi deboli a ottenere giustizia sociale e condizioni di vita più accettabili, mira a dividerci gli uni dagli altri, illudendoci di contare qualcosa quando in effetti abbiamo sempre meno potere. Jodi Dean, teorica politica e professoressa di Scienze Politiche allo Smith College di New York, ha isolato una nuova entità che ha definito capitalismo comunicativo . Il capitalismo comunicativo consiste nella fusione fra democrazia e capitalismo in un’unica formazione neoliberista, realizzata sul web, che sovverte gli impulsi democratici delle masse incoraggiando l’espressione emotiva rispetto al discorso logico. Secondo Dean, da un lato le nostre pratiche quotidiane di ricerca, collegamento e comunicazione online intensificano la nostra dipendenza dalle reti di informazione cruciali per il dominio finanziario e aziendale del neoliberalismo. Dall’altro, il capitalismo comunicativo cattura i nostri interventi politici, formattandoli come contributi di intrattenimento, in un processo che li svuota di ogni efficacia, ma fa sentire noi protagonisti e coinvolti. Divide et impera: il motto è sempre quello.>>[13]
Ritorna l’attualità di Nietzsche quando coglie la duplicità della Storia quando scrive in “Sull’utilità e il danno della storia”[14]:<< Osserva il gregge che pascola dinnanzi a te: non sa che cosa sia ieri, che cosa sia oggi; salta intorno, mangia, riposa, digerisce, salta di nuovo, e così dal mattino alla sera e giorno dopo giorno, legato brevemente con il suo piacere e con la sua pena al paiuolo, per così dire, dell’attimo, e perciò né triste né annoiato. Vedere tutto ciò è molto triste per l’uomo poiché egli si vanta, di fronte all’animale, della sua umanità e tuttavia guarda con invidia la felicità di quello – giacché egli vuole soltanto vivere come l’animale né tediato né addolorato, ma lo vuole invano, perché non lo vuole come l’animale. L’uomo chiese una volta all’animale: Perché mi guardi soltanto, senza parlarmi della tua felicità? L’animale voleva rispondere e dire: La ragione di ciò è che dimentico subito quello che volevo dire – ma dimenticò subito anche questa risposta e tacque: così l’uomo se ne meravigliò. Ma egli si meravigliò anche di se stesso, di non poter imparare a dimenticare e di essere sempre attaccato al passato: per quanto lontano egli corra e per quanto velocemente, la catena lo accompagna. (…)>>.
Stessa cosa fa Giorgio Bassani, «Era il “nostro” vizio, questo: d’andare avanti con le teste sempre voltate all’indietro.»[15]come per dire che per procedere bisogna guardare al passato per poter da esso trarre quella giusta spinta verso il futuro.
Ho citato questi autori prendendo a riferimento passi che ritengo particolarmente significativi per l’economia del ragionamento che mi appresto a sviluppare. Storia e Memoria concettualmente non sono la stessa cosa; eppure, sono strettamente intrecciate tra di loro e la Cancel Culture”, fenomeno questo non solo contemporaneo ma parte integrante della Storia stessa. Tanto la Storia quanto la Memoria danno senso e significato alla nostra esistenza sia collettiva che individuale: attraverso la Storia, o meglio attraverso l’uso che si fa di essa, vengono disegnati e giustificati i rapporti di classe, i regimi politici e le stesse relazioni internazionali. Alcuni eventi della Storia sono diventati particolarmente significativi per precise scelte politiche, altri invece vengono deliberatamente ignorati o, appunto, cancellati. Il 27 gennaio è il Giorno della Memoria, la data coincide con la liberazione del campo di concentramento di Auschwitz ad opera delle truppe della 60° Armata del “1° Fronte ucraino” del maresciallo Ivan Konev ossia l’Armata Rossa; però Benigni nel tanto celebrato film “La vita è Bella”, per il quale gli è stato conferito l’Oscar, attribuisce all’esercito USA la liberazione del campo di concentramento. In sostanza travisa un dato storico incontrovertibile. Allo stesso modo, la serie TV “ Band of Brothers – Fratelli Al Fronte”, prodotto da Steven Spielberg e Tom Hanks, nella 9° puntata dal titolo “La tragica scoperta” fa vedere le truppe americane che liberano il campo di Dachau. La legge 30 marzo 2004 n. 92 ha istituito il “Giorno del ricordo”. Con l’istituzione di tale giornate si vuole << conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell’esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra e della sua più complessa vicenda del confine orientale>>. In entrambi i casi siamo in presenza di un uso politico della Storia. Con il primo si ricorda lo sterminio programmato da parte dei Nazisti delle comunità ebraiche presenti in Europa; con il secondo la tragedia che colpì gli italiani che abitavano l’Istria, la Dalmazia e la Venezia Giulia. Entrambe hanno come obiettivo un fine politico e cioè la condanna dei totalitarismi Nazista e Comunista. L’equiparazione di Nazismo e Comunismo operata dall’UE con “Risoluzione del Parlamento europeo del 19 settembre 2019 sull’importanza della memoria europea per il futuro dell’Europa ( 2019/2819(RSP)) fornisce un esempio di “cancellazione culturale” e di uso politico della Storia.
Interessante è quanto scrive Giuseppe Battarino, magistrato collaboratore della Commissione parlamentare d’inchiesta sulle ecomafie: << Un testo che cumula ispirazioni e orientamenti differenti e che si espone al rischio di letture equidistanti di fenomeni politici non equiparabili (…) >> continua oltre << Se il riferimento storico contenuto nella risoluzione risulta per alcuni versi opinabile, una serie di altri contenuti si collocano nella più stringente logica del messaggio al nemico esterno (…) Legittima è invece la preoccupazione per taluni contenuti che non risultano in linea con la tradizione e le scelte costituzionali della nostra Repubblica (…)>>[16]. Altro esempio è ciò che sta facendo la Turchia attraverso il finanziamento di opere cinematografiche miranti a riscrivere l’espansione Ottomana nel XV e XVI secolo nei Balcani fatta passare come conquista a difesa degli stessi cristiani contro la pazzia di Vlad Dracul l’impalatore, Voivoda di Transilvania[17], per inciso la pratica dell’impalamento il voivoda Vlad III l’aveva appresa dagli Ottomani durante gli anni nei quali era stato ostaggio presso la Sublime Porta. Negli ultimi tempi assistiamo ad una riscrittura della Storia attraverso l’opera cinematografica prodotta da canali televisivi popolari che mirano a rappresentare, attraverso produzioni cinematografiche appunto, una realtà storica inesistente. Stiamo parlando di prodotti culturali di scarso valore artistico che hanno come unica funzione quella di supportare una ricostruzione storica funzionale all’oggi. In questa operazione manca la volontà di studiare la Storia per comprendere l’oggi ma la si usa per supportare la costruzione di un sistema funzionale all’egemonia neoliberale. Penso a serie Tv come Bridgerton[18] o alla serie riguardante Maria Regina di Scozia[19], per non parlare dell’ultimo prodotto televisivo sulla biografia della prima donna avvocato d’Italia, Lidia Poёt[20], che è stato talmente “reinterpretato” da produrre la reazione degli eredi e dell’intera comunità Valdese alla quale la protagonista apparteneva[21].
La Cancel Culture come ideologia reazionaria
Negli ultimi anni, dicevo, assistiamo ad una produzione culturale mirante a stravolgere la Storia in funzione dell’oggi con la Cancel Culture come ideologia di questo processo per cui la domanda alla quale cercherò di rispondere è se la Cancel Culture è strumento di progresso sociale o invece strumento ideologico funzionale al dominio di classe? Per provare a rispondere a questa domanda prendo spunto dal saggio di Karl Mannheim “Ideologia e Utopia”[22] . Riprendendo il pensiero del sociologo ungherese il fenomeno della Cancel Culture in che relazione si pone con la Storia in quanto memoria, dobbiamo evidenziare che è il contesto sociale che produce tale fenomeno << (…) non dobbiamo credere che siano gli uomini <<in generale>> o le persone isolate a pensare, ma gli uomini che in certi gruppi, hanno poi sviluppato un particolare stile di pensiero e caratterizzato la loro posizione, attraverso un progressivo adattamento a determinate situazioni tipiche. A rigore, non è corretto dire che il singolo individuo pensa. E’ molto più esatto affermare che egli contribuisce a portare avanti il pensiero dei suoi predecessori. Egli si trova ad ereditare una situazione in cui sono presenti dei modelli di pensiero ad essa appropriati e cerca di elaborarli ulteriormente, o di sostituirli con altri, per rispondere, nel modo più conveniente, alle nuove esigenze, nate dai mutamenti e dalle trasformazioni occorse nella realtà. Ogni individuo è quindi predestinato in un duplice senso dal fatto di crescere in una società: da un lato, egli trova una situazione ormai costituita e, dall’altro, egli ha a che fare con dei modelli già formati di pensiero e di comportamento (…)>> [23] Pertanto se il pensiero è il prodotto del contesto sociale nel quale si opera, per comprendere il fenomeno della Cancel Culture bisogna soffermarsi a ragionare sul contesto sociale nel quale essa è nata e cioè gli Stati Uniti.
La società americana, è attraversata come rileva Lilla[24], da rivendicazioni identitarie funzionali all’egemonia delle classi egemoni. Il contesto altro non è che quello della Globalizzazione egemonizzata dal pensiero neoliberale che esalta l’individualità da intendersi nel senso più ampio del termine. Essendo questo il contesto, la Cancel Culture non può essere ascritta ad una visione Utopica capace di mettere in crisi il sistema dominante. Essa non è altro che una delle tante espressioni dell’Ideologia dominante rappresentata appunto dal Neoliberalismo. Scrive sempre Mannheim a proposito del concetto di Utopia <<Una mentalità si dice utopica quando è in contraddizione con la realtà presente. Questa incongruenza appare evidente ogni qualvolta un tale atteggiamento si orienta, nell’esperienza, nella riflessione e nella pratica, verso oggetti che non esistono nella situazione reale. Tuttavia, non considereremo come utopico ogni stato della coscienza che contrasta e trascende la realtà immediata ( e in questo senso, << se ne allontana>>. Utopici possono invero considerarsi soltanto quegli orientamenti che, quando si traducono in pratica, tendono, in maniera parziale o totale, a rompere con l’ordine prevalente.>> [25] Concordando con la definizione di Mannheim diventa difficile pensare la “Cancel Culture” come una utopia in grado di modificare le strutture sociali ed economiche della post modernità in combinato disposto con l’ideologia neoliberale. L’utopia è tale quando tende a dare una chiave di lettura della Storia come fine ultimo. A titolo di esempio per il Socialismo e il Comunismo l’utopia è data dalla costruzione di una Società Socialista. Scrive sempre Mannheim << La scomparsa dell’utopia porta ad una condizione statica in cui l’uomo non è più che una cosa. Ci troveremmo allora dinnanzi al più grande paradosso immaginabile, al fatto, cioè, che l’individuo, proprio in quanto ha conseguito il massimo livello di razionalità nel controllo della realtà, resta senza ideali e diviene una pura creatura impulsiva. Così, dopo un lungo e tortuoso, ma eroico sviluppo, giunto al punto più alto di consapevolezza, quando la storia cessa di essere un cieco destino e sempre più diviene una nostra creazione, l’uomo verrebbe a perdere ogni volontà di dare un senso alla storia e, pertanto, ogni capacità di intenderla>>[26] . Se la realtà altro non è che costruzione sociale dove l’utopia svolge un ruolo fondamentale ai fini della trasformazione della struttura economica e sociale, per dirla con Beerger e Luckman[27], quali sono le consuetudini che la Cancel Culture vorrebbe introdurre in funzione di una nuova istituzionalizzazione della società? Ma soprattutto: i comportamenti sociali che scaturiscono dalla Cancel culture portano ad una istituzionalizzazione capace di sostenere un modello alternativo quello neoliberale?
La Cancel Culture non è un’utopia secondo la definizione di Mannheim, essa nasce dalla crisi della modernità puntando a superarla nel post moderno. Scrive Lyotard [28], a proposito del legame sociale secondo la prospettiva post moderna: <<La nostra tesi è che l’alternativa che essa si sforza di risolvere, non ottenendo altro risultato che quello di riprodurla, ha cessato di essere pertinente in relazione alle società che ci interessano, e appartiene ancora ad un pensiero che procede per opposizioni e che non corrisponde ai modi più vivaci del sapere post – moderno. (…) Per abbreviare diciamo che le funzioni di regolazione e quindi di riproduzione vengono e verranno sempre più sottratti agli amministratori ed affidati agli automi. (…) La classe dirigente è e sarà quella dei decisori. Già adesso essa non è più costituita dalla classe politica tradizionale, bensì da uno strato eterogeneo formato da capi di impresa, da alti funzionari, da dirigenti di grandi organizzazioni professionali, sindacali, politiche, confessionali. La novità consiste nel fatto che in tale contesto i vecchi poli di attrazione costituiti dagli Stati – nazione, dai partiti, dalle professioni, dalle istituzioni e dalle tradizioni storiche perdono il loro potere di centralizzazione. (…) Le “ identificazioni “ coi grandi nomi, con gli eroi della storia contemporanea, si fanno più difficili. (…) Né si tratta effettivamente di uno scopo di vita, dato che questo viene lasciato alla buona volontà individuale. Ognuno è rinviato a sé. E ognuno sa che questo sé è ben poco >> [29]Continua << Il consenso non è necessariamente indice di verità: ma si suppone che la verità di un enunciato non possa mancare di suscitare consenso>>[30] In sostanza siamo in presenza di una perdita di senso che punta a legittimare il sistema economico e sociale globale che punta all’annientamento delle differenze e quindi anche della Storia in nome di un relativismo funzionale alla logica propria del mercato. La Cancel culture opera all’insegna del relativismo e della verità storica come costruzione individuale/identitaria incapace, pertanto, di incidere sui rapporti di forza presenti nel sistema globale. Provo a spiegarmi con un esempio : fare interpretare Cleopatra ad una attrice di colore non significa valorizzare la Storia egiziana o più in generale quella africana. Cleopatra essendo greca non aveva la pelle scura, farla passare come di colore non valorizza la storia dell’Egitto, bensì offre una ricostruzione storica falsa e, cosa ancora più grave, ha lo scopo di inglobare qualunque cultura nel sistema liberalcapitalista di matrice anglo – americana. Con la crisi delle ideologie i simboli identitari di un popolo sono andati in frantumi. La non Utopia rappresentata dalla Cancel Culture non è in grado di rompere il sistema liberal capitalista e addirittura lo rafforza. Proprio in Europa abbiamo assistito, a partire dagli anni ‘90 del secolo scorso, alla fine di Stati come l’URSS, la Jugoslavia, la Cecoslovacchia e a spinte separatiste e localiste che continuano a interessare Stati come l’Italia e la Spagna. Nell’ottica di un vero e proprio “revival etnico” [31] si assiste alla cancellazione della Storia in funzione di una nuova “Storia” utile agli interessi in gioco. I riti pubblici attraverso i quali gli appartenenti ai vari Stati nazionali richiamano la memoria e la Storia di un popolo sono presenti ovunque. In Francia, ad esempio, il 14 luglio si celebra la presa della Bastiglia con la fondazione della repubblica frutto della Rivoluzione contro il potere assoluto della monarchia. Oltre oceano si festeggia il “Columbus day” il 12 ottobre giorno della scoperta dell’America ad opera di Cristoforo Colombo. Negli Stati dell’America Latina si celebrano giornate dell’indipendenza ed esistono addirittura luoghi o edifici pubblici che celebrano l’identità del popolo nato dal mescolamento tra le popolazioni indigene e i coloni spagnoli e portoghesi arrivati nel corso dei secoli. Per restare in America Latina, Piazza delle Tre Culture a Città del Messico è l’emblema stesso dell’identità messicana come sintesi tra diverse culture ed etnie; sia chiaro, questo con tutto ciò che esso ha comportato in termini di massacri operati sia dai Conquistadores spagnoli che dai popoli amerindi alleatisi con gli stessi spagnoli. L’impero Azteco crollò, non solo per i 600 spagnoli al seguito di Cortez, ma per le decine di migliaia di guerrieri appartenenti ad altre nazioni rivali degli Aztechi che videro nell’arrivo degli spagnoli l’occasione per rivalersi contro gli odiati nemici[32]. L’impatto ha comunque degli effetti sugli stessi conquistatori i quali scoprono un mondo completamente diverso dal loro, come testimoniano le memorie di A. N. Cabeza de Vaca [33] , fino a mescolarsi con le donne amerinde e dare origine alla popolazione meticcia che compone per larga parte la popolazione di molti degli Stati dell’America Latina. Teorizzare la Cancel Culture in una realtà come l’America Latina equivale a mettere in discussione le radici stesse di quei popoli che non hanno nulla a che vedere con le istanze di emancipazione delle classi sociali subalterne di quegli Stati. Dalla fine dell’URSS e della divisione del mondo in blocchi contrapposti, negli ex Paesi del Blocco Sovietico, in Stati come la Polonia e non solo, assistiamo a un processo del recupero della Storia nazionale funzionale al nuovo corso della politica. In Polonia con l’avvento di Governi guidati da partiti politici Nazionalisti assistiamo ad un recupero dell’identità nazionale utile a marcare le distanze dal regime politico che ha contraddistinto la storia della Polonia[34] dalla fine del secondo conflitto mondiale al crollo del Muro di Berlino ma anche rispetto alle politiche e alle indicazioni che provengono dall’U.E.. In diverse parti del Mondo si registrano processi apparentemente contraddittori ma che, nella sostanza, hanno tutti lo stesso scopo: rimarcare la propria identità rispetto a processi di massificazione e di omologazione da parte della cultura occidentale e nello specifico quella USA. La cultura come strumento di soft power secondo quanto teorizzato da J. Ney[35]: Perchè gli U.S.A. possano svolgere la propria funzione imperiale le portaerei non sono sufficienti, serve controllare la produzione di una cultura funzionale al sistema di potere statunitense. Lo stile di vita americano deve diventare punto di riferimento per i miliardi di essere umani che popolano la Terra. La nazione americana è fondamentalmente un insieme di tribù unite dall’ideale individualista, dal mito del self made man, funzionale appunto ad un sistema globale fondato sull’ideologia neoliberale al quale tutti gli individui devono ispirarsi. Il recupero della Storia da parte di comunità nazionali o di semplici minoranze passa attraverso processi miranti a mettere in discussione la Storia per così dire ufficiale, frutto delle classi e dei Paesi egemoni, cioè degli Stati che hanno costruito la “modernità”. I valori della “modernità” hanno innescato una serie di processi, come l’ascesa e l’affermazione dello Stato – Nazione, il sistema di produzione capitalista, la trasformazione dell’istituzione familiare, delle strutture religiose, ecc. che definiscono l’ Occidente; nel contesto attuale appaiono esternalità rispetto alla logica del mercato propria della globalizzazione neoliberale. Per eliminare queste “esternalità” dal mercato globale serve superare la “modernità” dell’occidente e per farlo bisogna procedere cancellando la storia passata riscrivendola.
Il Capitalismo, come già rilevava Marx ha prodotto la forma più avanzata di sfruttamento, “cancellando” la Storia passata in funzione della propria egemonia <<La borghesia ha avuto nella storia una funzione sommamente rivoluzionaria. Dove è giunta al potere, essa ha distrutto tutte le condizioni di vita feudali, patriarcali, idilliache. Essa ha lacerato senza pietà i variopinti legami che nella società feudale avvincevano l’uomo ai suoi superiori naturali, e non ha lasciato tra uomo e uomo altro vincolo che il nudo interesse, lo spietato “pagamento in contanti. Essa ha affogato nell’acqua gelida del calcolo egoistico i santi fremiti dell’esaltazione religiosa, dell’entusiasmo cavalleresco, della sentimentalità piccolo-borghese. Ha fatto della dignità personale un semplice valore di scambio; e in luogo delle innumerevoli franchigie faticosamente acquisite e patentate, ha posto la SOLA libertà di commercio priva di scrupoli. In una parola, al posto dello sfruttamento velato da illusioni religiose e politiche, ha messo lo sfruttamento aperto, senza pudori, diretto e arido. La borghesia ha spogliato della loro aureola tutte quelle attività che prima erano considerate degne di venerazione e di rispetto. Ha trasformato il medico, il giurista, il prete, il poeta, lo scienziato in suoi operai salariati. La borghesia ha strappato il velo di tenero sentimentalismo che avvolgeva i rapporti di famiglia, e li ha ridotti a un semplice rapporto di soldi. La borghesia ha messo in chiaro come la brutale manifestazione di forza, che i reazionari tanto ammirano nel medioevo, avesse il suo appropriato completamento nella più infingarda poltroneria. Essa per prima ha mostrato che cosa possa l’attività umana. Essa ha creato ben altre meraviglie che le piramidi d’Egitto, gli acquedotti romani e le cattedrali gotiche; essa ha fatto ben altre spedizioni che le migrazioni dei popoli e le crociate. La borghesia non può esistere senza rivoluzionare di continuo gli strumenti di produzione, quindi i rapporti di produzione, quindi tutto l’insieme dei rapporti sociali. >>[36]
Perchè la “borghesia” possa oggi perseguire nel suo intento deve superare la “modernità” che essa stessa ha creato e per poterlo fare deve di nuovo “cancellare la storia” riscrivendola fino al punto tale da negare ciò che Marx ed Engels descrivono, appunto, ne “Il Manifesto del Partito Comunista”. “Cancellando la modernità propria dell’Occidente è possibile farla rientrare dalla “finestra” sotto forma di rivendicazioni “identitarie” legate a gruppi sociali specifici, a diritti di libertà individuale, ecc. Solo destrutturando la Società nel suo complesso è possibile alle oligarchie transnazionali e quindi globalizzate continuare ad esercitare la propria egemonia. Le rivendicazioni etniche, di identità di genere, religiose, localiste, sono gli strumenti principali utili al superamento della lotta di classe.
Ed è qui che subentra la relazione tra La Storia, la memoria e il fenomeno, come dicevo solo apparentemente contemporaneo, della Cancel Culture. Molti sostengono che tale fenomeno sia emerso all’indomani della morte di George Floyd negli USA e sull’onda del Movimento Black Lives Matter con lo scopo di mettere in discussione la Storia così come è stata insegnata e spiegata fino ad oggi negli USA e più in generale nei Paesi che formano l’Occidente. Pensare che questo sia però un movimento “Utopico” nel senso descritto da Mannheim è fuori luogo. Tale movimento è da considerare all’interno del movimento dei “diritti civili” , delle libertà individuali che non hanno come scopo quello di contrapporsi al sistema neoliberale e capitalista ma semplicemente quello di ampliare la gamma dei diritti senza toccare minimamente la struttura economica, fonte della persistente disuguaglianza e dello sfruttamento di miliardi di persone a favore del mantenimento dello stile di vita occidentale nello specifico americano. Non a caso l’ideologia della Cancel Culture ha provocato la reazione di quegli intellettuali critici verso il sistema neoliberale. E’ del 2020 la lettera[37] firmata da 150 scrittori, accademici e artisti, con la quale essi denunciano il clima di intolleranza dovuta all’ascesa dell’ideologia della Cancel Culture. Tra i firmatari: Martin Amis, J.K. Rowling, Margaret Atwood e Salman Rushdie, giornalisti e opinionisti come David Brooks, Anne Applebaum e George Packer, accademici come Noam Chomsky e Francis Fukuyama, la storica attivista femminista Gloria Steinem e personaggi provenienti da altri ambienti, come lo scacchista Garry Kasparov e il jazzista Wynton Marsalis. Da una parte si ricorda, dunque, dall’altra si tende a cancellare la memoria storica. L’idea di cancellare la memoria storica non è solo qualcosa che riguarda il mondo contemporaneo. Nell’antica Roma si praticava la damnatio memoriae, ossia la pena aggiuntiva per reati gravi come il tradimento, che consisteva nella cancellazione di qualsiasi traccia pubblica del condannato. Papa Pelagio e Marino Faliero Doge della Repubblica di Venezia sono esempio di tale pratica che si è protratta fino alla Rivoluzione Francese con il tentativo di cancellare tutto il periodo monarchico. Attraverso la Cancel Culture si sta operando una ricostruzione della Storia che solo in apparenza è un fenomeno da ascrivere ad istanze per cosi dire progressiste. Ciò che succede nel mondo accademico statunitense richiama per molti versi le purghe fasciste negli anni ‘20 del secolo scorso in Italia quando il mondo accademico, salvo poche eccezioni fu costretto a prestare giuramento al fascismo o ciò che accadeva nella Germania di Hitler o nell’URSS di Stalin. Oggi la Cancel Culture è quanto di più funzionale all’egemonia politica, economica e culturale del sistema di potere americano. Solo apparentemente la contestazioni del Columbus Day, la rimozione delle statue di esponenti degli stati sudisti e ciò che sta avvenendo per imitazione anche in Europa, con l’imbrattamento delle statue come quella di Indro Montanelli a Milano, la rimozione di statue in Gran Bretagna e nel Belgio, ha carattere per così dire progressista. Quest’azione ha la sola funzione di annientare le differenze e le identità culturali di sistemi economici e sociali non funzionali al sistema Neoliberale e Capitalista degli Stati Uniti. Le due guerre del Golfo con l’epilogo finale ben rappresentato dall’abbattimento della statua di Saddam Hussein è particolarmente significativo. Come di contro la reazione del mondo Islamico, penso all’Iran, soprattutto all’Afghanistan, sono il tentativo di resistere, seppure in modo scomposto, all’annientamento delle cultura e delle civiltà altre rispetto al modello rappresentato dalle oligarchie globaliste che avendo sposato in pieno il modello americano lavorano sul piano della imposizione culturale in funzione della omologazione delle masse. La globalizzazione ossia il libero mercato mondiale per funzionare ha bisogno che le identità e le differenze siano funzionali alle logiche proprie del mercato, perché ciò possa verificarsi devono essere riscritte e per essere riscritte devono essere prima cancellate.
Altra cosa rispetto a ciò che Papa Francesco I sostiene sul tema. Scrive Papa Bergoglio << deficit di efficacia di molte organizzazioni internazionali anche dovuto alla diversa visione, tra i vari membri, degli scopi che esse si dovrebbero prefiggere. Non di rado il baricentro d’interesse si è spostato su tematiche per loro natura divisive e non strettamente attinenti allo scopo dell’organizzazione, con l’esito di agende sempre più dettate da un pensiero che rinnega i fondamenti naturali dell’umanità e le radici culturali che costituiscono l’identità di molti popoli. Come ho avuto modo di affermare in altre occasioni, ritengo che si tratti di una forma di colonizzazione ideologica, che non lascia spazio alla libertà di espressione e che oggi assume sempre più la forma di quella cancel culture, che invade tanti ambiti e istituzioni pubbliche. In nome della protezione delle diversità, si finisce per cancellare il senso di ogni identità, con il rischio di far tacere le posizioni che difendono un’idea rispettosa ed equilibrata delle varie sensibilità. Si va elaborando un pensiero unico – pericoloso – costretto a rinnegare la storia, o peggio ancora a riscriverla in base a categorie contemporanee, mentre ogni situazione storica va interpretata secondo l’ermeneutica dell’epoca, non l’ermeneutica di oggi>>[38].
In conclusione la Cancel Culture è solo lo strumento attraverso il quale le oligarchie globaliste operano al fine di eliminare le esternalità prodotte da culture altre rispetto sistema economico neoliberale.
[1] https://www.treccani.it7cancel – culture/vocabolari
[2] M.Cannito, E.Mercuri, F.Tomatis – Cancel culture e ideologia gender. Ed. Rosenberg&Sellier 2022
[3] Ibidem nota 10 pag. 21
[4] Jonathan Friedmann. Politicamente corretto. Ed. Meltemi 2018
[5] DDL Zan testo della legge
Ibidem nota 2 pag. 88
[6] Intervista della G. Izzo Sussidiario del 14/07/21
- Terragni – Avvenire 08/06/2021
[7] Intervista della S. Agacinsky – Avvenire del 29/10/2015
[8] Articolo su VanityFire del 10/03/2022 sulle accuse alla J.K.Rowling
[9] Germano Manfreda. Immagini contese. Storia politica delle figure dal Rinascimento alla cancel culture. Ed. Feltrinelli 2022 pag. 9
[10] Ibidem nota 6 pag. 27
[11] Micromega .net https://.micromega.net “ Capitalismo woke: come la moralità aziendale sta sabotando la democrazia. 16 agosto 2022. Woke capitalism. How Corporate Morality os Sabotagging Democracy. Carl Rhodes Articolo uscito in origine su LSE Review of Books il 28 aprile 2022 con il titolo “ Book Review: Woke Capitalism : How Coprporate Morality is Saboting Democracy by Carl Rhodes. L’articolo è stato tradotto dall’ingkese da Ingrid Colanicchia.
[12] Emanuele Monaco. Fenomenologia della Cancel culture: tra Woke Capitalism e diritti delle minoranze. Site.unibo.it https://site.unibo.it
[14] F. Nietsche. Sull’utilità e il danno della storia” ed. Newton Compton Editori 1978 pag. 37
[15] F. Bassani. Il Giardino dei Finzi – Contini Ed. Modadori 1976
[16] G. Battarino su “Questione Giustizia “ rivista dell’Associazione Magistratura Democratica del 23/09/2019 https://www.questionegiustizia.it
[17] Vlad l’impalatore anno di produzione turca 2018 regia di Osman Kaya
[18] Bridegerton serie TV di produzione USA anno 2020
[19] Maria regina di Scozia produzione UK , USA ano 2018
[20] La vera storia di Lidia Poёt, la prima avvocata italiana protagonista di una serie di Netflix. Famiglia Cristiana del 20/02/23
La stampa del 23 febbraio 2023 “ Lidia Poёt, la vera pronipote sulla serie tv Netflix : “ E’ piena di bugie”.
[21] Reazione della nipote della protagonista e della comunità valdese
[22] K. Mannheim – Ideologi e Utopia ed il Mulino 1978
[23] Ibidem nota n. 6 pag. 9
[24] M. Lilla. L’identità non è di sinistra. Oltre l’antipolitica. Marsilio Ed. 2018
[25] Ibidem nota n. 6 pag. 211
[26] Ibidem nota n. 6 pag. 278
[27] P.l. Berger – T. Luckmann La realtà come costruzione sociale ed. il Mulino 1995
[28] F. Lyotard . La condizione postmoderna. Ed. Feltrinelli 1985
[29] Ibidem nota 14 pagg. 31 – 32
[30] Ibidem nota 14 pag. 47
[31] A. D. Smith. Revival etnico. Ed. il Mulino 1984.
[32] W. H. Prescot. La conquista del Messico. Giulio Einaudi Editore 1992
[33] A.N. Cabeza de Vaca . Naufragi. Einaudi 1989
[34] D. Stasi « Il Paese dove la storia è armata di nazionalismo su “ Patria indipendente” Periodico dell’A.N.P.I. numero 121
G.Galanti “ Il ( non) legame tra nazionalisti europeri. Capire la Polonia con il prof. Stasi “formiche” del 24/09/2022 Intervista.
[35] J. Nye. Soft Power Einaudi 2005
- Lisco. La produzione culturale come strumento di soft power delle elite sulle masse. L’interferenza del 30/09/2021 www.sinistrainrete.it
[36] K. Marx – F. Engels. Manifesto del Partito Comunista. Ed. Laterza
[37] Harpers Magazine . A Letter on justice and Open Debate . 7 luglio 2020
[38] Tempi dell’11/01/2022
Fonte foto: da Google