Fra il Cielo e l’Egeo. Icaro nella storia

Non posso definirmi un critico letterario e, per tale motivo, premetto che ciò che ho scritto di seguito è soltanto il parere di un lettore che vi invita a leggere “Icaro” (De Frede Editore, 2021), il libro del Prof. Antonio Martone, docente di Filosofia Politica presso l’Università di Salerno.

Perché Icaro? “Icaro disdegna l’aurea mediocritas” e s’innalza dunque verso altezze vertiginose, poiché vuole scoprire quale sia il segreto della luce”. Con queste parole l’Autore ci introduce alla lettura delle sue “autobiografie immaginarie”, con l’intento di far luce sulla complessità dell’uomo nei suoi momenti più bui, fatta, sì, di compromessi, contraddizioni e connivenze, ma mai avulsa dalla realtà del mondo circostante e senza dimenticare di riflettere su quel ‘sottosuolo’ dostoevskijano che ci incute timore o vergogna, luogo profondo, dove il mondo, come lo conosciamo, cessa di esistere, dove prevalgono istinti inconfessabili e  pensieri irrazionali.

Non si può riflettere su sé stessi, tuttavia, se non riflettiamo sul male della Storia, sulle falsità che si celano nelle azioni umane e sul destino cui siamo “condannati” [“la vita è un abbozzo di un’opera che non verrà mai” (…) ”perdiamo ogni giorno: amici, amori, affetti, giorni di vita”]. I protagonisti del libro raccontano con spietata sincerità delle loro nevrosi, delle scontentezze, delle insoddisfazioni, indagando filosoficamente il motivo dell’agire umano, piuttosto che concentrarsi sul cosiddetto inconscio, troppo spesso preda di “stregoni con i camici bianchi”. Sono uomini e donne consapevoli dei propri difetti, delle loro “malattie” e, pur severamente censurandosi, si considerano superiori agli altri, proprio perché coscienti dei loro lati oscuri, così come della fase storica in cui vivono e, in virtù della loro consapevolezza, sanno rinunciare ai loro vantaggi, preferendo seguire la propria volontà. E quale migliore vantaggio, se non quello derivato da un agire proprio, libero da condizionamenti, un agire che va oltre il cosiddetto buon senso? Dei personaggi martoniani colpisce una freddezza che consente loro di osservare le situazioni in maniera lucida, ma gli impedisce, volutamente, di prendere posto nella società (“il fatto di trovarmi totalmente fuori dai giochi mi fa sentire privo di vincoli e posso così limitarmi a fare quello che mi piace davvero, ossia osservare, contemplare il mondo da una postazione che nessuno vede, da un luogo grigio e oscuro dal quale, però, si vede tutto”), perché rifugge l’“aurea mediocritas”, preferendo, a seconda delle situazioni, stare sopra o sotto: avvicinarsi al sole o sprofondare nell’Egeo. Questa è ciò che si chiama libertà, ed è ciò che possiamo definire autenticità. Anche nel complesso rapporto con l’altro sesso, l’Autore, realisticamente, ci racconta come molto spesso si possa instaurare una situazione vittima/carnefice, dove la prima si lega al secondo e ne diventa complice, in un continuo gioco di possesso e di dominio, atto al consumo di un altro essere umano.

Il testo di Martone si colloca su un doppio livello narrativo, nutrendosi di due diversi ma compenetrati problemi di senso. Da una parte, la questione metafisica che pone in primo piano l’aspetto della fragilità creaturale dell’umano, dall’altra una condizione situata storicamente, con tutti i suoi addentellati sociali di condizionamento e di possibile rivolta. Come si vede, si tratta di un libro che evoca una simbolica particolarmente forte e densa ma che dispone di una narrazione fluida, capace di appassionare a diversi livelli di comprensione ermeneutica.

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5 commenti per “Fra il Cielo e l’Egeo. Icaro nella storia

  1. Michela
    23 Febbraio 2022 at 22:04

    Ho avuto il Professor Martone tra i miei docenti universitari diversi anni fa.
    Non ero al corrente del suo ultimo libro, grazie per la recensione,é sempre un piacere ritagliarsi un po di tempo per leggere e riflettere. Lo faró volentieri.

  2. Cecilia Minisci
    24 Febbraio 2022 at 20:16

    Recensione puntuale e coerente che mette in evidenza il vivere umano

  3. Giuseppe Casamassima
    1 Marzo 2022 at 21:13

    Ikarus è un mito e i miti sono come le ricette culinarie: si arricchiscono nel corso dello svolgimento storico delle civiltà.
    Ikarus era però, nel Mythos minoico, il figlio di Dedalo, che era l’Artista in quanto possedeva abilità nella Technè. E per questo Ikarus potè avere due ali di cera e tentare di spiccare il volo.
    Trattando di Ikarus ci dimentichiamo troppo spesso dell’Eroe cretese Dedalo, colui che aveva anche costruito il Labrinto. Dalla recensione non colgo riferimenti a questo aspetto fondamentale del Mythos pre-ellenico, dove centrale è la Technè che, eletta a metro di valore, secoli dopo l’antidemocratico Socrate andava ancora predicando per l’agorà di Atene, secondo le testimonianze lasciateci dal proto-nazista Platone. Perciò NON leggerò mai questo libretto di Martone, Mi sembra un libretto per donnicciole dall’anima bella (Hegel).

    • Antonio Martone
      31 Marzo 2022 at 21:28

      Mi perdoni ma debbo osservare che in lei, è evidentissimo, è tutto un ribollio di pregiudizi. Come parlare di un libro e giudicarlo senza averlo letto? Evidentemente, a lei è possibile. Del resto, che cosa aspettarsi da un uomo che definisce Platone un “protonazista”?
      Grazie del suo commento.

    • Maddalena
      31 Marzo 2022 at 23:08

      Caro signore,
      lei è solo un arrogante saccente. Si rende conto che, nel suo commento, lei parla di un libro che non ha letto e non entra nel merito neppure di una recensione che dice di voler discutere?
      Ci ha detto che Dedalo è il padre di Icaro. Grazie dell’informazione ma sappia che questo io, e credo anche il professore Martone, lo sappiamo fin dai temi delle elementari.
      Arrivederci

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