Sono dieci anni che Costanzo Preve ci ha lasciati. Ogni essere umano è eterno nelle parole e nei gesti, in cui continua ad esserci come in una silenziosa fioritura. Nel caso dei filosofi non vi sono eredi diretti, che dunque obbligatoriamente sono costretti ad ereditarne il lascito teoretico ed etico, perché gli eredi dei filosofi sono tali per libero arbitrio e perragioni di affinità elettiva che trascendono ogni sclerotizzazione giuridica e temporale. La filosofia è dunque gesto di libertà che diviene stile di vita. La biografia coincide gradualmente con le idee, il filosofo pratica il lavoro dello spirito che gli consente di trasformare la sua carne, le sue parole e le sue relazioni. La filosofia è dunque questo lavoro lento e certosino che conosce avanzamenti e regressioni. Per poter imparare il difficile compito di acquisire “uno stile di pensiero” necessitiamo di un modello. Si sceglie il modello a cui ispirarsi per superarlo. In questo processo già la filosofia si connota per la sua struttura libertaria, relazionale e dialettica.
In un momento storico in cui conformismo e omologazione sono la normalità asfissiante che ritmano e cadenzano i giorni e le parole, Costanzo Preve osò devertere dal conformismo del politicamente corretto. La mole di testi e articoli da lui scritti non ne fanno un filosofo sistematico: i numeri sorprendenti della sua produzione sono stati probabilmente non solo una forma di creatività incontenibile ma anche di resistenza. La lotta contro il dominio ha nelle parole il campo di battaglia più arduo. La produzione filosofica vasta e profonda del filosofo fu lotta per il significato delle parole. Il filosofo per opporsi all’ordine del discorso ha una sola arma, la parola, con la quale segna il confine tra il bene e il male, tra la verità e la menzogna con la forza dialettica del concetto e, specialmente, smaschera la “menzogna conosciuta” con i suoi artefici fonetici. La parola levigata e pensata con il suo indugiare riflessivo configura una prospettiva altra rispetto all’omologazione e al velo di Maya del dominio che con le sue parole deve celare le contraddizioni e renderle invisibili allo sguardo dei dominati. La filosofia è prassi politica, è osmosi feconda tra il piano teoretico e la prassi.
La produzione ipertrofica del filosofo Costanzo Preve è indice di una tensione rivolta a coloro che vivono il disagio dell’omologazione, è il tentativo di aprire i chiavistelli del politicamente corretto per mostrare la verità e riconciliare pensiero e storia. Tutta l’esistenza di Costanzo Preve è stata attraversata da questa urgenza etica. L’emancipazione dalla crematistica è possibile solo partecipando alla liberazione degli uomini e delle donne resi semplice “soffio vitale” dal modo di produzione capitalistico e da ogni struttura di dominio a prescindere dal colore e dall’ideologia. Il lavoro dello spirito è soggettivo, ma ogni soggettività ritrova il suo logos nella relazione comunitaria. Costanzo Preve sentì e pensò fortemente la responsabilità etica della relazione filosofica. L’ordine del discorso vigente, con mezzi e strumenti paurosamente più evoluti e raffinati che in passato, sempre ha cercato di tacitare e silenziare i dissenzienti del concetto. Costanzo Preve non si lasciò tacitare, scelse la marginalità rispetto al mondo accademico per praticare la filosofia nella sua struttura più vera e autentica.
Metafore del dissenso
Si possono utilizzare due immagini da lui utilizzate per raffigurare la pratica del logos filosofico: bisogna salire sul proprio asinello e la filosofia come salvavita.
Per poter creare concetti è necessario rendersi autonomi senza dire addio ai grandi che ci hanno formato con la paideutica del concetto. Il “nuovo” giunge sul passo fermo e gentile di un asinello. L’asino è notoriamente un quadrupede resistente e gentile. La filosofia non è solo concetto, è carattere, è uno stile di vita che prende forma, a volte gradualmente, talvolta in tempi brevi, poiché le coscienze sfuggono alle previsioni, sono insondabili e imprevedibili. L’altra immagine che utilizzava Costanzo Preve per rappresentare simbolicamente il senso del viaggio sul proprio asinello è “il salvavita”. La filosofia è un “salvavita”, essa usa la parola-logos per indicare i pericoli sociali e politici a cui è sottoposta la comunità, ma non si limita alla denuncia critica, è risposta alle contraddizioni e alle domande che inquietano la comunità:
“La funzione della filosofia può infatti essere paragonata a quegli ingranaggi salvavita che segnalano l’emissione di gas da un cattivo impianto di riscaldamento e la cui conoscenza può fare la differenza fra la vita e la morte[1]”.
La filosofia può fungere da salvavita solo se radicale. La radicalità della filosofia è tutta nell’onestà intellettuale che diviene missione civile. Il filosofo è alieno da compromessi: egli deve pronunciare la verità storica e preparare l’esodo. Non è una operazione solitaria o da oracolo. La verità è tensione dialettica, è argomentata logicamente in relazioni comunitarie. Scrivere un testo per un filosofo è già koinè, in quanto i testi devono essere ripensati e risemantizzati dai lettori. Il testo filosofico è dialogo fra autore e lettore, non è trasmissiome di contenuti ma prassi veritativa. La critica radicale al capitalismo in Costanzo Preve fu sempre tematizzata attraverso il paradigma della natura umana etica, razionale e sociale. La radicalità non si limita alla critica impetuosa, ma è sostenuta da un contenuto ideale e progettante, ovvero indica la condizione ideale dell’essere umano da concretizzare non in un tempo mitico, ma nella storia degli uomini e delle donne. La libertà nella filosofia è una koinè, in quanto è farsi comunità.
La collaborazione di Preve a Petite Plaisance non fu motivata solo da motivi editoriali, ma fu adesione ad un progetto comunitario di elaborazione, resistenza e prassi; egli non temette “contaminazioni” con case editrici poste su versanti politici opposti al suo, in quanto una identità dai contorni netti e senza ambiguità non teme il confronto. I fraintendimenti che ne seguirono furono strumentali e spesso furono utilizzati per connotare il suo percorso filosofico in termini rossobruni. Chiunque legga i suoi scritti può ben rendersi conto che le accuse furono e sono parte di un clima culturale decadente e fortemente ideologizzato in senso crematistico.
Costanzo Preve, dunque, nell’inverno dello spirito che stiamo attraversando e che si fa sempre più cupo, è un pensatore che può ispirare processi di liberazione. È filosofo che invita all’esodo sul suo asinello, mentre avanza il gelido deserto.
Carmine Fiorillo, suo amico in primis e poi editore, ripete che il tempo è galantuomo, ripara le ingiustizie del presente, perché la verità non può inabissarsi, riemerge nelle strutture visibili della storia. Il tempo, ne siamo certi, darà a Costanzo Preve giustizia. Non si tratta di una speranza vana o sentimentale, ma di una speranza razionale. Leggere le opere e gli articoli di Costanzo Preve significa guardare la Gorgone del nostro tempo. Il coraggio di non aver deviato lo sguardo dalla verità storica e di aver ricostruito la genealogia del “male”, in cui siamo gettati, non potrà che condurre ad una valorizzazione della sua opera filosofica. Pensare con Costanzo Preve è specchiarsi nel nostro tempo, in cui la prassi è possibile solo dopo aver pensato razionalmente la tragedia etica attuale. Sta a noi riprendere il suo cammino senza idolatria e salire sul nostro asinello. Nell’introduzione alla sua ultima opera ritroviamo Costanzo Preve e la sua Bestimmung (passione durevole) inalterata, malgrado le sofferenze degli ultimi anni:
“Dopo la pubblicazione di quest’opera, piena di difetti e connotata da un titolo inutile e fuorviante, fui considerato nei piccoli gruppi dei cultori dell’ontologia come una sorta di “lucacciano anomalo e irregolare” (le ortodossie sono infatti sempre per natura sospettose di qualunque “deviazione” – assomiglano infatti agli atomi di Democrito e non a quelli di Epicuro). E nei successivi due decenni decisi di scendere dal nobile cavallo di Hegel, Marx o Lukàcs), comprare a poco prezzo un asinello, e cavalcare questo asinello in piena indipendenza. La cavalcata di questo asinello testimoniata dalle opere da me pubblicate in varie lingue europee fra il 1984 e il 2012[2]”.
La sua / nostra passione durevole
Nel decennale della sua morte, ricordiamo anche la sua “durevole passione”, e già in questo Costanzo Preve dimostra e mostra la sua trasgressione etica rispetto alla società liquida che sta per evaporare nel nulla crematistico dei guerrafondai. Il sistema capitalistico per poter trionfare deve piegare lo spirito filosofico e dunque i filosofi che pongono in esame la qualità del sistema. Lo spirito del logos è neutralizzato con la pervasiva cultura dell’astratto, la quale produce “l’idiozia dello specialismo”. L’incapacità di cogliere l’intero non può che favorire il consolidarsi della chiacchiera colta e semicolta nei salotti, mentre per le masse vi è il gossip quotidiano. Solo l’analisi dell’interalità può riportare il senso dove impera la semplice descrizione. La chiacchiera è logorante, è una delle modalità più aggressive con cui si esplica “la quarta guerra mondiale”. Costanzo Preve ha riportato nel panorama dello specialismo e della chiacchiera la Metafisica e la necessità di un pensiero forte per contenere e respingere l’avanzata del capitalismo assoluto. L’hegelo-marxiano Costanzo Preve ha mandato in frantumi interpretazioni sclerotizzate che hanno contribuito a dequalificare il valore onto-assiologico del filosofare:
“Da decenni ho sentito questa incredibile interpretazione di Hegel da parte di militanti politici, professori disinformati liceali ed universitari, o semplicemente confusionari che parlavano “per sentito dire”. Si dà il caso che in Hegel il termine idea non significhi insieme di opinioni o di concezioni del mondo, e neppure di lockiani contenuti empirici di coscienza. Hegel non era Habermas, secondo il quale il mondo procede attraverso educativi confronti fra professori universitari sulla base di una teoria dell’agire comunicativo. Per usare un lessico marxiano, l’Idea di Hegel è la totalità espressiva della realtà storica, ed è quindi a tutti gli effetti l’unità di struttura e di sovrastruttura, e cioè esattamente ciò che Marx intende per dialettica, il punto di vista della totalità[3]”.
Non è stato vinto, la sua vittoria etica e razionale è la vittoria di coloro che non sono resilienti, ma antiadattivi. La sua resistenza ci invita all’esodo dalla cultura dell’inclusione che proclama l’uguaglianza, ma persevera la razionalità-irrazionale dell’ineguaglianza reale. A coloro che continuano il loro dialogo filosofico con Costanzo Preve non resta che salire sul proprio asinello e farne vivere il pensiero nel lungo viaggio verso la verità e la giustizia. In questi dieci anni Costanzo Preve è stato con noi con le sue parole e le sue scelte che continuano ad esserci e ci saranno nella nostra prassi quotidiana.
[1] Costanzo Preve, Storia critica del marxismo, La città del Sole, Napoli 2007, pag. 154
[2] Costanzo Preve, Una nuova storia alternativa della filosofia, il cammino ontologico-sociale della filosofia, Petite Plaisance, Pistoia 2013, pag. 9
[3] Costanzo Preve, Marx lettore di Hegel e … Hegel lettore di Marx, Petite Plaisance, Pistoia, pag. 15