La
trasformazione radicale in politica necessita del passaggio dal
periodo di decostruzione critica del sistema politico-sociale alla
prassi. Nella fase matura i due momenti sono tra di loro in feconda
tensione; la progettualità senza la teoria è solo “desiderio di
trasformazione” pronto a insabbiarsi per assenza di fini oggettivi
e di coscienza di classe. Bisogna prendere atto che nel nostro tempo
storico siamo sostanzialmente ancora nella fase negativa, ovvero una
fase puramente critica che rischia di franare nello scetticismo.
Fortunamente la storia conosce accelerazioni che sfuggono a qualsiasi
analista; ci sono variabili non contemplate e in rapida ascesa che
possono favorire sviluppi imprevisti. Lo spirito del tempo è la
volontà della classe dominante che può essere ribaltata da una
volontà-razionalità sociale più forte per consapevolezza
progettuale, pertanto ogni contributo alla lotta dialettica non è
mai perso, ma è parte dei processi di riappropriazione comune della
coscienza comunitaria e soggettiva che il sistema ha depredato e
alienato.
La
fase negativa è critica sociale e disvelamento delle contraddizioni
che attangliano il nostro tempo. La critica sociale effettuata sulla
rete e con la produzione libraria sono riuscite nell’intento di
inoculare il dubbio anche in molti di coloro che si adattano per
opportunismo o impotenza. In realtà ben pochi credono “ai nostri
valori” che il mainstream acclama, in quanto si constata che
quotidianamente sono calpestati e vilipesi fino a diventare uno
slogan pubblicitario senza ricaduta alcuna. La critica, fase
negativa, sta dando i suoi primi risultati. L’astesionismo
elettorale è il sintomo evidente di un esodo ancora senza
progettualità dalla cattiva politica e dalla criminale economia
liberista. La produzione libraria di testi che, finalmente,
denunciano le menzogne e le tragedie del sistema è ormai notevole in
quantità e in qualità. In rete è possibile reperire materiale
documentale in varie forme capace di “informare e di formare” ad
una più adeguata coscienza storica del nostro tempo con le sue
“emergenze ideologiche”. La fase negativa sembra robusta e
solida, benchè debba confrontarsi con il suo limite costitutivo:
essa rischia di chiudersi in nicchie. Si tratta di nicchie sempre più
estese, ma il rischio di “parlare tra di noi” è autentico, ciò
malgrado la forma
nicchia sta
trasformandosi in una opposizione popolare; essa lentamente si sta
ramificando sul territorio. L’esperienza fallita del Movimento
cinque stelle è il
segno di una opposizione allargata e varia che vorrebbe radicarsi nel
territorio e trasformarsi in prassi progettuale; Italia
sovrana e popolare
boicottata dai media è anch’essa una possibilità progettuale che
cerca di rispondere alle tragedie etiche del nostro tempo. Le
disuguaglianza scandalose e l’ateismo veritativo che ne conseguono
sono il “male sociale e politico” da abbattere. La critica,
pertanto non può bastare, la fase negativa è imprescindibile per la
dialettica progettuale, ma è solo l’incipit
dell’agire. Il negativo deve orientarsi verso la fase positiva. Il
passaggio necessita dell’emancipazione dai grandi intellettuali
pessimisti.
Congedarsi
dai pessimisti
I
grandi critici della contemporaneità che decretano l’insuperabilità
del nostro tempo sono figure fedelissime al sistema, essi insegnano
l’ortopedia dello scetticismo e innalzano dinanzi ai subalterni e
agli infelici che sentono i morsi del sistema nelle proprie carni la
legge della fatalità dinanzi alla quale curvare la schiena e
sopportare l’insopportabile. Il punto di passaggio è la prassi,
senza una adeguata fondazione metafisica della verità nulla è
possibile. Prassi e fondazione metafisica della verità sono
inscindibili. La verità consente il passaggio verso la fase
positiva. La consapevolezza che l’umanità pone la storia e la
significa, e pertanto può pensare la propria condizione è la
condizione veritativa per trascendere la fatalità della
naturalizzazione del presente. La progettualità dev’essere capace
di sostenere l’urto dell’indifferenza delle nuove generazioni.
Queste ultime hanno naturalizzato il loro benessere, non percepiscono
la violenza del sistema e il futuro che li attende e sono aggiogati
al sistema mediante la pedagogia dell’individualismo competitivo.
La grande sfida è individuare i canali comunicativi per renderli
soggetti politici. Solo la progettualità forte, forse, può
strapparli dal torpore ideologico. L’azione per l’azione senza
la chiara e lucida consapevolezza che il tempo nuovo è nella storia
e solo l’umanità può progettarlo, non può che essere
fallimentare. Bisogna superare la scissione tra coloro che si
limitano alla critica sociale e coloro che afermano la sola priorità
dell’azione. La concretezza metafisica deve scacciare
l’astrattezza del nichilismo crematistico che con la sua
parcellizzazione della realtà storica la rende irrazionale e
mortamente fatale. La fase positiva necessita di definire il progetto
in relazione alla fondazione veritativa, essa è costruzione di fini
oggettivi e condivisi e superamento del soggettivismo nichilista e
liberista. Necessitiamo dunque di avviare in modo robusto questa
nuova fase.
È
la fase più difficile ed irta di ostacoli, in quanto si tratta di
elaborare “il nuovo”, formare una nuova classe dirigente e nel
contempo individuare punti di accordo programmatico tra le diverse
anime dialettiche. Il punto fermo comune è il congedo
dall’esperienza del comunismo reale; il passato non tornerà più,
pertanto l’esperienza comunista dev’essere ripensata per non
cadere negli errori medesimi. Il comunismo reale va conservato per
pensare il nuovo. Ripensare l’esperienza comunista è processo
dialettico con cui approdare a una nuova progettualità comunista.
Trappole
ideologiche
Il
comunitarismo democratico come correttivo degli errori del comunismo
reale è una delle piattaforme filosofiche politiche possibili su
cui incontrarsi per delineare l’uscita dal totalitarismo liberista.
Dobbiamo progettare per riprenderci il futuro, a tal fine è
necessario non cadere nelle trappole ideologiche del liberismo.
Lo
scetticismo e il pessimismo paralizzante sono l’effetto possono
essere letali quanto il postmodernismo che ha cancellato la
dimensione del futuro. L’ipertrofia della fase negativa rischia di
essere la complice segreta del consolidamento del capitalismo, solo
la critica che defatalizza e fonda la progettualità su fondamenta
metafisiche può condurre fuori dal degrado antropologico e sociale
del capitalismo. La storia è Wirklichkeit
è coscienza storica che trasforma e apre a nuovi orizzonte. Lo
spirito della storia è prassi, se la progettualità è pensata
nell’immanenza della medesimo. La semplice critica rischia di
congelare la storia in un eterno presente all’ombra della
disperazione. L’umanità fa la storia, ma per progettare
dev’essere motivata alla fiducia verso il futuro, tale fiducia non
cade dal cielo, non è il frutto necessario della storia, ma è
teoria-prassi. Senza idee forti l’azione è cieca come la talpa
della storia; la fiducia nella prassi è nello sguardo di chi scruta
il domani e lo pensa nell’azione del presente. Il pessimismo
fatalista è l’effetto dell’ipercriticismo senza prospettive, ed
è il mezzo con cui il capitalismo raffredda la corrente calda della
storia e conduce i subalterni a sgomitare per accedere al trogolo.
La
soglia di passagggio verso il futuro è nell’umanità resa
consaprevole delle contraddizioni dalle quali è reificata.
La
metafisica invoca il superamento di derive soggettivistiche e
narcisistiche che hanno frammentato l’opposizione al capitale fino
a renderla interscambiabile. La progettualità comunista e la lotta
presuppongono l’emergere della comunità come soggetto politico
forte; il comunismo è partecipazione, è umanesimo in cammino non a
voce unica, in quanto la radicalità del comunismo non può ammettere
forme di leaderismo, ma deve trasformare la democrazia popolare in
realtà sin dai suoi esordi e non può incagliarsi nell’economicismo
e nella sola soddisfazione dei beni primari. L’errore del comunismo
reale è stato l’aver puntato alla sola soddisfazione di essi, in
tal modo nella competizione con il liberismo è stata perdente. Il
comunismo della qualità con la partecipazione al progetto
comunitarista dimostra la disumanità del capitalismo e,
specialmente, favorisce la pubblica consapevolezza che l’essere
umano è logos, è partecipazione razionale alla vita comunitaria che
non può che essere di condivisione attiva. Per passare dalla critica
al progetto dobbiamo confrontarci con il pessimismo critico dei
nostri giorni e a tal fine dobbiamo “ascoltare” fortemente noi
stessi per non cadere nelle trappole del capitale. Le parole di
Gramsci ci rammentano che la storia può cambiare percorso, ma senza
la volontà di avanzare nulla è possibile, la volontà non è forza
muscolare, è capacità analitica e forza ideale:
“La
tua lettera e ciò che mi scrivi di Nannaro mi hanno interessato
molto, ma anche maravigliato. Voi due avete fatto la guerra:
specialmente Nannaro ha fatto la guerra in condizioni eccezionali, da
minatore, sotto terra, sentendo attraverso il diaframma che separava
la sua galleria dalla galleria austriaca il lavoro del nemico per
affrettare lo scoppio della mina propria e mandarlo per aria. Mi pare
che in tali condizioni, prolungate per anni, con tali esperienze
psicologiche, l’uomo dovrebbe aver raggiunto il grado massimo di
serenità stoica, e aver acquistato una tale convinzione profonda che
l’uomo ha in se stesso la sorgente delle proprie forze morali, che
tutto dipende da lui, dalla sua energia, dalla sua volontà, dalla
ferrea coerenza dei fini che si propone e dei mezzi che esplica per
attuarli – da non disperare mai più e non cadere più in quegli
stati d’animo volgari e banali che si chiamano pessimismo e
ottimismo. Il mio stato d’animo sintetizza questi due sentimenti e li
supera: sono pessimista con l’intelligenza, ma ottimista per la
volontà. Penso, in ogni circostanza, alla ipotesi peggiore, per
mettere in movimento tutte le riserve di volontà ed essere in grado
di abbattere l’ostacolo. Non mi sono fatto mai illusioni e non ho
avuto mai delusioni. Mi sono specialmente sempre armato di una
pazienza illimitata, non passiva, inerte, ma animata di
perseveranza1”.
Il
compito è arduo; ciascuno può contribuire alla svolta, è l’insieme
coordinato dell’azione che può condurre al progetto, ciascuno è
chiamato a partecipare secondo le proprie capacità, la propria
consapevolezza e la propria disponibilità; è la totalità concreta
a determinare la prassi; nella totalità concreta c’è ogni persona
che persegue il bene collettivo, ogni apporto è fondamentale per
uscire dalla disumanizzazione del mondo a forma di capitalismo.
1 Antonio Gramsci, lettera a Carlo Gramsci, 19 dicembre 1929.