Scrivere una recensione per il libro “Contromano” di Fabrizio Marchi non è affatto semplice. La difficoltà è tutta interna all’impostazione generale che tende a infilarsi nelle pieghe del pensiero corrente con l’intento di destrutturare il discorso mainstream del politicamente corretto mostrandone tutte le criticità. Utilizza la sua critica spietata come un bisturi, scollando il senso profondo di alcuni assunti fondamentali del pensiero e della prassi marxista dal significato contingente e svilito dal “politicamente corretto”.
Il libro è in buona parte la raccolta di alcuni scritti per il giornale online “L’Interferenza”, del quale Fabrizio Marchi è direttore e fondatore. Sono brevi capitoli scritti in uno stile chiaro e fruibile nei quali le riflessioni sulla cronaca politica, si intrecciano con analisi puntuali partendo da una visione interna al materialismo dialettico con il quale l’autore analizza l’attuale ideologia dominante del politicamente corretto. Sono capitoli immediati e sembrano nascere da un’urgenza profonda di “verità”, contrapposta al discorso tendente ad assorbire e a sopire ogni contraddizione.
Fabrizio Marchi vuole dimostrare come il neoliberismo e di conseguenza la nuova classe borghese, ormai transnazionale e finanziaria, esprima la propria ideologia mandando al macero i principi della borghesia novecentesca fondati sul “Dio, Patria e Famiglia”. Afferma infatti, che questi principi possono diventare addirittura degli impedimenti al neoliberismo selvaggio, perchè questo non ha bisogno di legacci etico-morali per espandersi, non ha bisogno di ideologie che comprendano la complessità. L’ideologia, se così possiamo chiamarla, che sorregge il neoliberismo appoggia tutto e il contrario di tutto pur di riprodurre illimitatamente sè stesso (e mantenere alti i propri profitti). Per questa ragione sostiene che parlare oggi di patriarcato è anacronistico. Marchi sostiene che il neoliberismo fa propri, stravolgendone il valore profondo, temi profondamente antitetici alla prassi neoliberista, quali la solidarietà, l’accoglienza dei migranti, la libertà, l’internazionalismo o il nazionalismo, il progresso e il progredire delle conquiste scientifiche; sostiene anche che il pensiero femminista si pone e, anzi si è sempre posto, come un potente alleato ieri della borghesia novecentesca, oggi del neoliberismo, per le sue posizioni interclassiste, occultando che il volto feroce del patriarcato si è mostrato soprattutto con gli uomini, mandandoli a morte nelle guerre imperialiste e sfruttandoli nei lavori più duri. Ad ognuno di questi temi è dedicato un capitolo del libro; ci sono poi capitoli sulla politica internazionale e racconti di vita, a sostegno delle sue idee, mantenendo comunque un’organicità complessiva.
Tutto il ragionamento, estremamente rigoroso e coerente, sembra non permettere spazi per il contraddittorio, soprattutto per quanto riguarda la critica radicale all’ideologia femminista. Questo è il pregio e anche il limite del libro.
Credo valga veramente la pena di infilarsi in quel ragionamento, per conoscere e confrontarsi, in parità, con chi non accetta che la violenza appartenga al solo genere maschile.