La contraddizione non percepita è la verità che si sta svelando/rilevando in questa fase apicale del capitalismo. Per decenni dal ‘68 si è susseguito lo stesso messaggio che gradualmente ha abbattuto gli ultimi residui etici che svolgevano la funzione di contenere il capitalismo: consumare e disperdersi nei consumi, al punto da far assurgere l’homo consumens a nuovo soggetto antropologico che simboleggia la verità dell’Occidente globale. Il consumatore non ha vita privata come non ha vita pubblica, è abitatore del mercato in ogni atto della sua vita. Ovunque è raggiunto dal mercato, non sfugge alle logiche acquisitive e privatistiche. Se guarda lo smartphone, o viaggia è sempre sotto l’occhio vigile del mercato, che lo arpiona in ogni luogo si trovi e in qualsiasi attività svolga. Si diventa homo consumens, non si nasce tale, la genealogia è realizzata mediante la perenne attività di condizionamento a cui si è sottoposti. La comunità e la famiglia sono state inglobate nel mercato, la logica nell’azienda è il pungolo nella carne dell’homo consumens. Senza mesotes (μεσοτης), senza la misura, non vi è che l’illimitato il quale prende forma nel suddito abitato dal mercato rendendolo niente, banalmente liquido fino ad evaporare. Il logos (λόγος) è misura, solo la forma può essere il katecon (κατέχον) contro l’illimitato che avanza. In questi decenni ogni geometria sociale è stata sostituita con l’attività meccanica del consumo. Il soggetto destrutturato da decenni di obbedienza alla religione del mercato non può che accettare le contraddizioni come “naturali”, senza porle in mediazione processuale.
Astinenza
La DAD e il coprifuoco per la movida quali luoghi di contagio, cadono improvvise e svelatrici di verità nel quotidiano dell’illimitato. Si colpevolizzano i giovani per essere i nuovi untori del covid 19, vengono così isolati dalla vita pubblica, posti in quarantena. Si chiede loro, abituati a pascolare nel mercato di astenersi dal divertimento acefalo, o di viverlo ad orari, si fa appello al loro senso sociale dopo averli rigorosamente formati all’egoismo senza freno. La verità storica non può essere soppressa. Se la contraddizione non è oggetto di discussione, se le nuove generazioni accettano lo stigma dell’untore nel loro silenzio generale, ciò è dovuto alla cultura del consumo che non insegna i processi di mediazione razionale comunitaria. Formati alla tecnocrazia e al solo uso del digitale non hanno le parole ed i concetti per comprendere la contraddizione, per sanarle in forme concettuali condivise e ribaltare la condizione di untore in attività politica e dunque in logos. Non vi è democrazia, ma solo l’oligarchia del mercato. La democrazia è comunitaria, attività concettuale che media le contraddizioni per creare nuove sintesi e nuovi soggetti politici. Teoricamente vi sono tali condizioni, ma la passività è diventata strutturale. L’unica attività a cui sono stati formati gli abitatori del mercato è la compulsione edonistica scambiata per trasgressione.
Desoggettivizzazione
Il capitalismo assoluto continuamente pone sugli altari l’individuo, lo esalta con i diritti civili e con l’individualizzazione dei gusti, la verità è altra, il capitalismo assoluto “lavora” per deindividualizzare, per rendere il soggetto un ente parlato dal mercato a cui è permesso vivere l’immediatezza senza universale e concetto. La democrazia autentica, invece, forma individui comunitari capaci di resistere alla pervasività capillare del potere, in quanto formati alla processualità dialettica, alla parola comunitaria con la quale conoscersi e significare il mondo. Il “Conosci te stesso[1]” socratico non è stata solo un’affermazione filosofica di Socrate, ma la verità di una civiltà. Nel nostro caso è l’imperativo al consumo la verità che sostanzia l’attuale fase storica. Il soggetto forte della democrazia comunitaria e sociale è un creatore di concetti capace di decodificare i messaggi contradditori e trascenderli. In democrazia il mercato è il “non io” dell’ “io”, ma la distopia del mercato ha rovesciato il senso ed i termini della dialettica, poiché il “non io” (mercato) ha divorato l’ “io”, al punto da inviare messaggi contradditori senza che essi vengano percepiti come tali, senza che siano oggetto di riflessione. La democrazia agonizza per mancanza di pensiero e attività comunitarie. Siamo all’empireo del soggetto debole, i filosofi che ne esaltano la positività: Hume, Nietzsche, Foucault, Vattimo sono i nuovi eroi del circo mediatico. Il capitalismo crede nella infinità manipolabilità della natura umana, pertanto cade nella trappola dell’onnipotenza, chiede l’impossibile ed esige obbedienza. Il logos dal caos dell’illimitato si può riattivare, perché è nella natura umana pensare la prassi. Per ora la catena dei perché a cui ogni democrazia dovrebbe educare i propri cittadini e che dovrebbe indurre le nuove generazioni a chiedersi il perché di tale enfasi su tali filosofi e il motivo del silenzio su altri (Hegel, Fichte, Marx, Preve), tace, in quanto la catena dei perché è stata divorata dal totalitarismo del consumo. E’dovere comunitario riattivarla, diventando seminatori di dubbi e domande. Resta la complessità della natura umana che pur essendo pensante, talvolta accetta la non libertà in nome della sicurezza[2]:
La non-libertà diviene oppressione quando gli agenti sono forzati ad agire contro il loro volere: quando non possono comportarsi secondo i propri desideri e devono fare quello che non farebbero di propria spontanea volontà. Tuttavia, non tutta la non-libertà è sentita e vissuta come totalmente oppressiva; molto spesso il rispetto di regole e imposizioni che gli attori non hanno né formulato né scelto non viene avvertito né come angoscioso né come inaccettabile. In ogni condotta routinaria c’è un forte elemento di coercizione, per esempio la non-libertà; ma la routine, lungi dall’essere percepita come tirannica, è alla base di quelle sensazioni di sicurezza e familiarità che nell’insieme sono profondamente gratificanti. La condizione di non-libertà è endemicamente ambivalente. Ciò rende molto più facile il compito di ogni potere: ottenere la disciplina e l’obbedienza ai suoi comandi. L’arroganza del potere di guidare il gregge è sempre sul punto di trasformarsi in oppressione, ma troppo spesso il gregge l’accoglie con gratitudine, quando addirittura non la reclama a gran voce, come garanzia affidabile di una routine quotidiana stabile e protetta. La socializzazione, come la maggior parte dei manuali insegna alle matricole di sociologia, consiste nell’indurre le persone a fare di buon grado quello che devono fare. Ma la non-libertà – oppressiva e ripugnante oppure indulgente e confortante – significa in tutti i casi “eteronomia”, cioè lo stato in cui l’attore segue le regole e obbedisce agli ordini di qualcun altro; denota uno stato “eteronomo”, in cui l’attore è un agente della volontà di qualcun altro”.
La democrazia deve formare a conoscere pigrizie e resistenze della natura umana per formare cittadini responsabili, ma naturalmente siamo distanti da tale asse onto-assiologico.
[1] Conosci te stesso in greco antico γνῶθι σαυτόν, gnōthi sautón, o anche γνῶθι σεαυτόν, gnōthi seautón
[2] Z. Bauman, La solitudine del cittadino globale, @ebook BLT , 2000 pag .51
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