Riceviamo e volentieri pubblichiamo:
Parliamo di un’ autrice, Sahra Wagenknecht e di un testo (nella versione originale” I presuntuosi: il mio programma alternativo per la comunita’ e la solidarieta’ e, nella traduzione italiana, “Contro la sinistra neo liberale”), scritto nel 2O2I e pubblicato e tradotto in italiano agli inizi dell’anno successivo. Diventando peraltro, almeno qui da noi, oggetto di attenzione, quasi sempre malevola, solo tre anni dopo, anche a causa del suo intervento conclusivo, sollecitato da Conte e da Fassina, al congresso del Movimento Cinque Stelle.
E aggiungiamo subito
che il suo libro è tutto politico. Perché non si rivolge a una ristretta
cerchia di lettori ma a tutto il tradizionale popolo di sinistra e con un
linguaggio accessibile a tutti. Perché chiarisce, ad avviso di chi scrive in
modo definitivo, il ruolo che la “sinistra alla moda” (leggi, appunto,
i”presuntuosi”) ha avuto nel deteriorare irrimediabilmente i rapporti tra le
èlite ed il popolo, fino a rimettere in
discussione conquiste che si ritenevano acquisite una volta per tutte. Aprendo
cosi la strada all’invasione del proprio campo da parte della nuova destra
populista. E, infine, perché la sua rilettura del passato e della sua gente non
è fine a sé stessa ma vale a gettare concretamente le basi per l’azione futura.
Ed è percio’ culturalmente ma anche politicamente mobilitante, in Germania ma
anche altrove.
Cominciamo, allora,
dai presuntuosi, leggi da un gruppo di
persone che hanno la comune caratteristica di essere acculturate, più o meno
benestanti e cittadine del mondo. Per dire che, nel nostro caso, essere
presuntuosi non è un difetto del carattere ma, cosa assai più grave,
dell’intelligenza. E che la sinistra neoliberale, loro traduzione in politichese,
non ha nulla a che fare nè con il liberalismo (corrente di pensiero per la quale l’Autrice manifesta, per inciso, il
massimo rispetto non fosse altro perché
è”tollerante delle opinioni diverse” e
“sostenitore dell’uguaglianza giuridica dei cittadini” cfr, “Contro… pag.7/8) perché totalmente
incapace di rimettersi in discussione; né di sinistra, perché ormai incapace di
provare interesse per i suoi bisogni e
le sue angosce.
Insomma, siamo di
fronte ad atteggiamenti superati. Cosi’ come, passaggio centrale della
contestazione dell’Autrice, superato, se non addirittura primitivo è il
loro attaccamento allo stato nazionale, destinato ad essere spazzato via dalle
magnifiche sorti e progressive dell’Europa; dimenticandosi del fatto che lo
stato è e rimarrà la sede insostituibile per l’esercizio della democrazia. E
che il futuro dell’Europa, leggi la possibilita’ di sempre nuove iniziative (non
comuni ma possibilmente collettive) dipendera’ non gia’ dalla formazione di
questa o quella maggioranza su qualsiasi argomento (non si decide a maggioranza
sulle questioni della guerra o della pace) o da strutture burocratiche e non
elettive; ma dalle variabili e libere intese tra stati sovrani.
E qui viene in mente,
e in una prospettiva opposta, quello che diceva Nietzche (non so in quale
testo, la citazione è di seconda mano NdA) :” Sbagliare i nomi delle cose
accresce i dolori del mondo”.
Affermazione diventata oggi di estrema e terribile attualità. Perché si
tratta di un’operazione praticata e su larghissima scala dalle èlite di oggi; e in particolare da
quelle che si definiscono “di sinistra”.
Queste deformano la
realta’ semplicemente perché sono incapaci di comprenderla. In Germania come,
per quanto ci riguarda, in tutto l’occidente. Cosi’ come attribuiscono ai loro oppositori gli obiettivi
e i propositi più distruttivi e più
folli semplicemente perché si rifiutano di capire il loro punto di vista. Nel
denunciare tutto questo, con i relativi “dolori del mondo”, il testo della
Wagenknecht è assolutamente profetico, sia per quanto riguarda le sue prese di
posizione attuali e sia per i rischi anche personali, che ne derivano. Viviamo
in un mondo “in cui potrei essere cancellata anch’io; in fondo, pero’ Dante ha
riservato … agli ignavi in tempi di mutamenti profondi i gradini più bassi dell’inferno”(cfr
pag. 15- I6. Con il senno del poi, il richiamo finale del suo libro. Nel
contesto di allora, il riassunto, con toni fortemente personali, del quadro che
troviamo di fronte e dei rischi che ne
derivano.
Di quali rischi si
tratta? Sostanzialmente di un processo nel ‘21 appena abbozzato. Processo che a
partire dal riconoscimento di una perdita di identità della sinistra
tradizionale, già al tempo dell’inaugurazione delle terza via di Blair e di
Schroeder, si sostanzia in un confronto tra elités e destra per la conquista del
popolo; popolo che, in assenza della sinistra, tenderà a pagare senza sconti tutte le conseguenze di
quello scontro. Già oggi con la perdita di punti di riferimento essenziali come
lo Stato, il welfare e la socialdemocrazia; domani in un quadro internazionale in pieno
dissolvimento, con orrori inimmaginabili pagati in toto dai più deboli. O, per
dirla come Bertinotti, da quelle “persone” la cui difesa dovrebbe essere
l’orizzonte fondamentale del socialismo. Un tema sul quale la Wagenknecht
scrive pagine indimenticabili per empatia e ampiezza di visione.
E potremmo fermarci
qui. Tenendo presente che le riflessioni dell’Autrice. toccano anche problemi
come l’immigrazione irregolare e l’IA , con accenti assai stimolanti e
meritevoli di un dibattito serio ma, proprio per questo motivo, da affrontare
in un confronto a parte.
Ma non possiamo
fermarci. Perché, come ci ricorda Wagenknecht, ci stiamo misurando non sul
passato ma sul presente e il futuro. E abbiamo intorno a noi, ad ascoltarci,
non gli opinionisti di turno ma un’intera comunita’. Una comunita’ che attende
da noi non giudizi sulle cose del mondo; ma indicazioni per l’azione nel
presente. In una prospettiva che sappia collegare, una volta per tutte, i
pericoli che minacciano la nostra esistenza quotidiana con quanto sta accadendo
ad altri popoli, diversi dai nostri ma non per questo fuori dal consorzio
umano. Ritrovando cosi’, passo dopo passo, quelle solidarieta’ collettive su
cui si fonda l’esistenza stessa del socialismo.
E, ancora, non
possiamo limitarci a condannare, come è sacrosanto fare contro le amnesie e i
cedimenti che stanno travolgendo la sinistra storica, assistendo con gioia
maligna ai disastri che ne derivano. Perche avremo bisogno della sua gente per
costruirne una nuova e del suo concorso e per evitare di cadere, qui e oggi,
nell’abisso.
E allora, ad ognuno la
sua parte. Ma è non solo doveroso ma anche necessario lasciare alla nostra cara
compagna il fornirci una utile indicazione per l’oggi. Quell’accordo per la
formazione di un governo di unita’ antifascista in Turingia, fondato
sull’impegno comune per un’intesa che
ponga fine alla guerra in Ucraina. Ci si dice che una rondine non fa primavera.
Ma il ruolo, nel nostro caso, è quello di annunciare la fine dell’inverno.
Prima di procedere
oltre occorrerà capire le ragioni del distacco tra sinistra e popolo. Teniamo
presente gi elementi fondanti di questo rapporto. In primis l’identificazione
delle persone come facenti parte di una comunità e di una solidarietà non solo
presenti nelle coscienze della gente ma anche sostenute da pilastri
fondamentali come lo stato nazionale e partiti della grande coalizione
socialdemocratica di cui questi elementi erano cornice essenziale. E qui già
nel 2021 questo cominciava a sfaldarsi perché al posto della classe operaia,
oggetto di qualità addirittura mitiche, si andava sostituendo una classe
lavoratrice formata da lavori sottopagati, identità professionali non
soddisfacenti, impossibilità di governare le condizioni della propria attività
lavorativa e che proprio per queste ragioni, sfuggiva del tutto dagli schermi
radar e dallo stesso interesse dei politici e degli intellettuali.
Perchè lo stato
nazionale, lungi da essere il luogo dell’esercizio della democrazia veniva sostituito
da entità sovranazionali non legato dal contratto democratico; per essere
considerato addirittura un relitto del passato.
Il testo, attenzione,
si riferisce, almeno formalmente, alla situazione tedesca. Anche perché è stato
pubblicato nella prima metà del duemila ventuno e, quindi, scritto l’anno prima.
Basandosi, dunque, sugli eventi che avevano segnato l’inizio del nuovo secolo,
sino alla ricomparsa del primo Cavaliere dell’Apocalisse, il Covid; così come sulle
ragioni che li avevano determinati. Rimane pero’ il fatto che l’analisi della
Wagenknecht ci aiuta a capire perfettamente quello che è avvenuto dopo; come
vedremo tra poco.
Al centro del suo
sguardo la sinistra volgarmente definibile come “zitellota”. L’erede, senza
beneficio di inventario, della “terza via”dei Blair e degli Schroeder, con quel
che ne consegue; ma anche quella che ha privilegiato i diritti civili su quelli
economici e sociali, e quelli delle minoranze a danno della maggioranza.
Il fatto è che questa
disattenzione è voluta. E che non investe soltanto la “classe operaia” propriamente
detta ma l’intera classe lavoratrice: dalle donne delle pulizie ai rider, dalla
filiera alimentare fino alle svariate manovalanze, di cui l’Autrice ci racconta
le vicende, con quella empatia civile che percorre tutto il suo libro. Fino
alla fine del secolo scorso queste erano tutelate dalle politiche socialdemocratiche
( una specie di paradiso perduto cui si fa costante riferimento). Ora, non più.
Perché è cambiato l’ambiente esterno, certo. E per le ragioni che abbiamo
ricordato in precedenza. Ma anche perchè, per dirla, in parole povere, chi “sta
sopra” ha perso ogni interesse per chi “sta sotto” fino a scordarsi della sua
stessa esistenza.
Dimenticare, tra
l’altro, è diventato molto più facile. Per le èlite, naturalmente convinte
della loro naturale superiorità, perché basata sul merito. Per gli
intellettuali debitamente etichettati come tali che ai bei tempi esaltavano la
centralità della classe operaia e che oggi, ritengono indegno del loro status
occuparsi dei nuovi poveri. E, infine, per il padronato che, ormai liberato da
qualsiasi pressione esterna (in un contesto, sia detto per inciso, in cui
manifestare e/o scioperare sta diventando un reato), può permettersi di perdere
di vista il suo antico antagonista. Perché abita in quartieri diversi; perché
frequenta scuole diverse; e, infine e soprattutto, perché è in grado di “dare
lavoro” alle sue condizioni ; e anche di toglierlo, spostandosi là dove costa
di meno.
E’ pero’ normale che
il padronato difenda i suoi interessi; anche perché nessuno lo richiama ai suoi doveri. Mentre l’indifferenza, sempre
più colorata dal disprezzo, delle èlite verso gli altri si scontra e si
scontrerà sempre di più con il fatto che, almeno in qualche misura, questi
votano. E, forse non gradiscono di essere
chiamati “sdentati” (Hollande),
“deplorevoli (Hillary) o, addirittura , “spazzatura” (Biden), al termine di una
campagna elettorale tra le più controproducenti della storia.
Siamo, almeno cosi’
pare, al termine della storia. All’inizio, dopo la fata Morgana comparsa
all’indomani.
Così, tanto per fare
alcuni esempi, l’invasione dell’Ucraina (presentata, per inciso, dai suoi
autori, come “operazione speciale”) viene definita, qui da noi, come “attacco
contro la democrazia” o, peggio ancora, come prima tappa di un’offensiva che ,
una volta travolta l’Ucraina, portera’ i cosacchi a Piazza San Pietro e,
magari, i più fortunati a fare il bagno in una località alla moda
dell’Atlantico. Mentre coloro che chiedono una tregua che avvii un negoziato
vengono bollati automaticamente come “putiniani”.
A seguire, lo scontro
tra tifoserie di Amsterdam diventa un
“pogrom” mentre quello che sta accadendo a Gaza viene definito, tutt’al più,
eccessivo, giudizio peraltro accompagnato dal mantra del “diritto di Israele a
difendersi”; mentre si tratta di un genocidio imperfetto. E, ancora, la
“deportazione” dei bambini del Donbass viene automaticamente catalogata come
crimine di guerra mentre quella, esplicitamente preannunciata dalle autorita’
di Kiev, è passata sotto silenzio.
E ci fermiamo qui. Non fosse altro perché il libro della Wagenknecht è stato scritto quattro anni fa e pubblicato nell’anno successivo.