Un 25 aprile di rivolta e contro la guerra

Premessa:

Ritengo che lo scenario da me tratteggiato nell’intervento che segue, non sia concretamente realizzabile. Almeno per questo 2018, cioè, mancano le condizioni oggettive e soggettive.
Malgrado si tratti quindi di una visione a oggi “fantapolitica”, ritengo valga ugualmente la pena immaginarne l’attuazione. I nodi di contraddizione che sono qui implicati, infatti, riguardano l’urgenza storica del presente e l’atto di riflettere su di essi potrebbe, nel prossimo futuro, rivelarsi propedeutico all’azione.

Dalla sovranità limitata allo stato di occupazione:

Il 25 aprile è una ricorrenza particolare, perché ha un’articolazione sia sociale che istituzionale.
Quest’anno, suddetta ricorrenza si svolge pochi giorni dopo che le autorità italiane hanno spezzato il fondamento del patto sociale fra Stato e cittadini. Quel patto, infatti, è in primo luogo incentrato sul tema della sicurezza personale. E’ a partire dal tema della salvaguardia dell’incolumità personale di ciascun cittadino, infatti, che risiede la legittimazione del fatto che lo Stato detenga il monopolio dell’uso della forza.
Nel momento in cui uno Stato, però, decide di prender parte a una guerra che potrebbe determinare un’escalation mondiale e nucleare, quel fondamento di legittimazione scompare giacché la scelta del potere costituito consta del mettere a repentaglio la vita dei propri cittadini, ovvero e per l’appunto la loro sicurezza personale.
Nel corso della Storia, questa dinamica l’abbiamo vista avvenire più volte attraverso il nazionalismo: l’egemonia delle idee nazionaliste, in innumerevoli occasioni storiche, ha coalizzato l’opinione pubblica di intere nazioni legittimando così la loro entrata in guerra.
Stavolta, invece, tutto accade per il motivo diametralmente opposto: i governanti italiani non impongono lo stato di guerra per motivi nazionalistici, cioè per questioni connesse a reali o presunti interessi strategici dell’Italia. No, in questo caso l’imposizione della guerra avviene per asservimento della classe dirigente italiana agli ordini impartiti da un’altra nazione, vale a dire gli Stati Uniti. Possiamo quindi affermare che, in questa fase, l’Italia stia passando dalla condizione storicamente data di paese a sovranità limitata a quella di Stato sotto occupazione.
Il fatto che gli uomini al governo siano cittadini italiani a loro volta, non cambia la sostanza giacché, da sempre e ovunque, uno stato di occupazione può essere garantito da forze e uomini collaborazionisti.
Non essendoci una giustificazione nazionalista e cioè legata a interessi concreti reali o presunti, va da sé che il consenso popolare intorno a questa decisione di entrata in guerra si basi sull’assoluta ignoranza dei rischi in corso. La stragrande maggioranza dell’opinione pubblica, cioè, è oggi totalmente ignara del fatto di trovarsi sull’orlo di una guerra mondiale.

UN 25 APRILE CHE DELEGITTIMI IL GOVERNO COLLABORAZIONISTA
Sarebbe necessario, allora, che il 25 aprile – la festa congiunta di società e istituzioni – sia occasione di smascherare la natura collaborazionista e criminale degli uomini attualmente alla guida dello Stato. In buona sintesi, questo 25 aprile potrebbe e dovrebbe diventare un’occasione di rivolta e di delegittimazione delle istituzioni, ovvero una messa a nudo dell’avvenuta rottura del patto sociale.
Nell’utilizzare il termine “rivolta”, non mi riferisco alle forme della guerriglia urbana. Una massa di persone che gridi “traditori assassini” all’indirizzo degli uomini di Stato nel corso d’una cerimonia pubblica di deposizione floreale, per esempio, potrebbe implicare un fermo di polizia ma essere decisamente più efficace di un tafferuglio col reparto Celere.
In ogni caso, anche qualora qualche carica di polizia si rivelasse inevitabile, la contrapposizione con le forze dell’ordine e le forze armate dovrebbe comunque essere limitata il più possibile. Questo perché la condizione di Stato sotto occupazione impone non tanto di fare scontri con poliziotti e carabinieri quanto, al contrario, di verificare molto attentamente quali e quanti uomini di esercito e polizia siano disposti a simpatizzare per un movimento di liberazione nazionale.

Conclusione:
Ritengo che quanto ho appena scritto sia al 100% legale, ovvero perfettamente conforme ai dettami della Costituzione della Repubblica e alla loro salvaguardia. Il discorso svolto dal premier Gentiloni ieri alla Camera, specularmente, ritengo sia stato al 100% eversivo della legalità costituzionale”.

3 commenti per “Un 25 aprile di rivolta e contro la guerra

  1. Gian
    18 Aprile 2018 at 20:31

    Ha ragione l’autore, non è concretamente realizzabile, anzi è pura utopia…

    Di sicuro questo non si realizza con quelli che sono ormai i tipici frequentatori delle celebrazioni del 25 aprile: piddini e “antifa” dei centri sociali, che non appena sentono “sovranità” e “nazione”, gli si rizzano i dreadlocks sulla testa, gli sale la pressione, il viso si fà paonazzo, gli scatta il riflesso pavloviano, e cominciano a spaccare le vetrine…

    Non si danno le condizioni nel 2018 e non si daranno mai con questi.

    Scusate il pessimismo…

    • giulio larosa
      20 Aprile 2018 at 13:30

      assolutamente d’accordo. L’ultimo 25 aprile lo festeggiai in piazza parecchi anni fa. Ospiti d’onore erano i palestinesi. Oggi di andarmi a mischiare con quelli de “il macellaio Assad” e altra plebaglia dedita a canne e alcool non ho voglia.
      Peccato perche’ come dice l’ autore ci sarebbero ottime motivazioni ed argomentazioni.

  2. 20 Aprile 2018 at 21:44

    E pensare che in realta’ siamo noi più forti del capitale, dei burattinai e dei burattini. Considerando che NOI forza lavoro creiamo e manteniamo lo status quo.

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