Ed eccoci qua, dopo l’ennesima crociata giustizialista e manettara (logicamente, solo a senso unico) a criticare, come a sempre, la visione politically correct della “sinistra”, o presunta tale, nostrana. L’attacco verso sei ragazzi da parte della stampa liberale italiana, congiunta nei suoi sforzi, non deve stupirci. Il sistema “informativo” italiano, cristallizzazione mediatica della borghesia, è stato, è, e sarà sempre finalizzato a dividere le masse in mille e più pezzi, per distruggerne l’unità e la lotta verso le gerarchie finanziarie e borghesi e di classe che le opprimono.
Quest’ultimo fatto è eclatante. Nel novembre del 2008, a Firenze, un gruppo di sei ragazzi e una ragazza decisero di fare del sesso di gruppo al termine di una serata in una discoteca. Quest’ultima, la mattina stessa, si recò prima al pronto soccorso e poi al commissariato per denunciare quanto accaduto come “stupro di gruppo”. Non è mia intenzione né tanto meno mia competenza entrare nel merito della sentenza che ha di fatto smentito la sua versione (i giudici segnalano ben 29 contraddizioni nel suo racconto), ma sottolineare come la stampa nostrana, da sinistra a destra, si sia tutta schierata a priori in difesa della ragazza, con una martellante propaganda secondo la quale il tribunale che ha assolto i sei ragazzi, avrebbe rigettato le tesi dell’accusa sulla base di pregiudizi e stereotipi legati al suo modo di vita.
Niente di tutto ciò, come peraltro si evince dalla lettura della sentenza. .
E’ evidente che i magistrati sono giunti a quella decisione sulla scorta dell’analisi dei fatti, attraverso varie testimonianze, test scientifici, tabulati e intercettazioni, insomma prove concrete, che confermano che la ragazza (la cui versione dei fatti è zeppa di contraddizioni e incongruenze) era presente a se stessa, non aveva abusato di alcoolici, e non è stata sottoposta ad alcun tipo di pressione, né psicologica e né tanto meno fisica.
Ma la nostra grande “sinistra anticapitalista”, compresa quella che si definisce comunista doc, come reagisce di fronte a questa sentenza?
Non fa una piega e ripete a memoria le stesse cose che ripete la stampa di regime. Logicamente, per sembrare più credibile, deve fare un’analisi di classe! Si pongono dunque in parallelo i diritti civili e quelli sociali, sostenendo che quando quest’ultimi sono schiacciati, di conseguenza lo sono anche quelli civili. Sacrosanto! Ma perché allora questa sedicente sinistra dura e pura ne parla solo quando lo fa la propaganda della TV di classe (logicamente padronale)? Leggiamo questa denuncia, stavolta si sociale, che non ci viene da nessun “partituncolo” di sinistra bensì, udite udite, dall’organo di stampa del PD!
Eccolo: Sono italiane le nuove schiave dei campi
Nell’articolo in questione si denunciano tutta una serie di soprusi padronali di cui le donne italiane e straniere sono vittima in Sicilia, Campania e soprattutto Puglia. Ma questi sedicenti partiti comunisti che parlano tanto di sentenze di classe, perché non si ravvedono di un fatto così eclatante consumato sotto i loro occhi (tanti partiti comunisti sono relativamente forti in queste zone ed è impossibile non vedere cose del genere) e non lo pongono in bella mostra sui loro siti nazionali come invece hanno fatto per la sentenza della Fortezza da Basso? Eppure qui la vittima non è una sola donna, ma decine di migliaia! Estrapoliamo ora qualche pezzo dell’articolo e cerchiamo di farne un’analisi di classe.
Sono soprattutto italiane, più affidabili, ma soprattutto più “mansuete” delle lavoratrici straniere, protagoniste in passato di proteste e denunce. Per costringere le italiane al silenzio non servono violenze fisiche. Basta la minaccia “domani resti a casa”.
Mi duole dirlo ma la classe proletaria italiana non lotta più…. la sua coscienza di classe è stata completamente divelta e solo un interminabile lavoro ideologico potrà ricostruirla. Si, lo so, è facile parlare, ma una vera Sinistra dovrebbe fare quadrato e trovare una situazione. I lavoratori e le lavoratrici, da soli/e fisicamente, e isolati/e anche moralmente dalla società odierna sempre più individualista, non possono far nulla! Del resto, questa non è certo una novità e anzi, mi scuso per la banalità del concetto!
“Nei paesi ci sono delle persone, generalmente sono delle donne, che fanno da tramite tra chi vuole lavorare e il caporale. Raccolgono i nominativi per lui – racconta Antonietta di Grottaglie – Il caporale decide dove mandare a lavorare le braccianti e quello che deve essere dato come salario.
La famosa aristocrazia proletaria che Lenin e tante volte Marx inquadravano in seno alle società avanzate capitaliste. Il nerbo, insieme alla piccola media borghesia, dei consensi elettorali che giungono ai partiti borghesi, perché sono i primi ad avere in gioco degli interessi. Questa è la struttura su cui si poggia oggi il consenso elettorale della società capitalistica ed è questa che sarà l’anello, in un futuro che si spera quanto più possibile prossimo, di congiunzione e di conflitto al contempo, tra due visioni e due schieramenti, cioè quello comunista e quello liberaldemocratico (a chiacchiere…).
La donna si presta di più a un lavoro piegato di tante ore […] Sfruttate come lavoratori immigrati. Gli orari di lavoro e la paga variano a seconda del tipo di raccolta. Ma la regola sono impieghi massacranti e sottosalario. Alle fragole si lavora per sette ore, ma se sono mature e vanno raccolte subito si arriva anche a 10 ore. Nei magazzini di confezionamento si arriva anche a 15 ore. Ogni donna deve raccogliere una pedana di uva pari a 8 quintali. Se ci mette più tempo la paga resta uguale, per cui alla fine il salario reale è meno di 4 euro l’ora. […]vivono una condizione di sfruttamento pari agli immigrati. Nel sottosalario, a parità di mansioni con gli uomini, c’è un’ulteriore differenza retributiva: se la paga provinciale sarebbe di 54 euro e all’uomo ne danno in realtà 35, la donna non va oltre 27 euro.
Ed è qui che più di altri un partito comunista dovrebbe pungere. La disparità di salario. Marx lo sottolineava già ai suoi tempi come il capitale spingesse per lo sfruttamento delle donne e dei minori per ricavare sovraprofitto! Semplici scuse, “approfittabilità” o evidente gap fisico. La discussione deve essere approfondita. Se ne parlava già al tempo e se ne discute oggi ma mai abbastanza, dato che si preferisce “cavalcare l’onda” della TV borghese per solo scopo elettorale.
Nei campi italiani succede di tutto, approfittando della disperazione e della crisi economica. C’è chi aspira a diventare una “fissa” della squadra del caporale come se fosse una specie di nota di merito in graduatoria. Chi subisce molestie sessuali o la richiesta di prostituirsi per poter lavorare. Ci sono donne caporali che sono anche proprietarie di pullman. Ma la figura più ambigua è quella che tutti chiamano “la fattora”, una sorta di kapò al femminile con una funzione di ricatto. È lei la persona di fiducia del caporale che controlla le lavoratrici sul campo.
Il mercato crea, per buona pace dei grandi pensatori borghesi, delle ricattate, che però, alla faccia del femminismo che difende il genere femminile in quanto tale, sono tenute a bada da aguzzine dello stesso sesso in cambio di favori economici e di una posizione di comando all’interno del posto di lavoro! Alla faccia della solidarietà femminile! E qui anche un giornale vicino alla borghesia atlantista e “compradora” sembra sottolinearlo: la schiavitù non è data dal sesso, ma dal mercato! Vince ancora il materialismo sull’idealismo (nei senso filosofico dei termine), il marxismo sul revisionismo piccolo borghese post sessantottino, l’approccio scientifico su quello “utopistico”. Vedo già le femministe fare la fila sul ponte di brooklyn per suicidarsi!
Ricordiamo che Marx è materialista e quindi anti idealista, vede la società come una gigantesca sovrastruttura creata dalla struttura economica, e quindi il postulato femminista (che non si basa sui rapporti di produzione ma di genere) è completamente contrario alla sua analisi.
“Non ho mai visto un pullman essere fermato da una pattuglia della polizia, anche se ne incontriamo molte”, continua Antonio. Secondo Deleonardis questo è un sistema di caporalato legalizzato. “È una situazione conosciuta da tutti sul territorio. Qui c’è una tolleranza di un sistema di illegalità, non si vuole colpire il caporalato.
Cristallizzazione sociale dell’economia… lo stato che opprime una classe a vantaggio di un’altra. Non vi sentite un pò presi per i fondelli dal capitalismo?
Amina […]È diventata mamma sei mesi fa […] Sta raccontando a due operatrici della Caritas di Foggia che è appena scappata, che l’hanno costretta a stare piegata sui campi dei padroni italiani dall’alba alle dieci di sera, che non l’hanno mai pagata, che le hanno preso i documenti. E che per riprenderseli, e andarsene, è stata costretta ad avere dei rapporti sessuali con il suo caporale romeno.
Forse credevate che gli sfruttatori e gli sfruttati avessero una nazionalità? L’economia e le grandi leggi dei mercati non fanno distinzioni. L’unica possibilità è emanciparsi oppure la schiavitù. Non devo dirvelo io, penso ovviamente che il lettore sia abbastanza sveglio da capirlo da solo, prendete quindi anche queste banalità come un semplice rafforzativo che vi induca a cementare, nel vostro pensiero, la giusta coscienza di classe!
Restano per l’estate o anche solo per qualche settimana, e poi se ne vanno. Rientrano in Italia dopo qualche mese o l’anno successivo.
Lavoro stagionale, un classico! Mi serbo ovviamente di affermare che questo, in regime capitalista, è d’obbligo. Se infatti il prezzo dei salari e dei diritti aumentasse, di riflesso lo farebbero anche i prodotti. Il datore (il padrone) punta sempre ai ricavi aziendali e quindi ad alzare i prezzi, che non sarebbero però concorrenziali. Scientificamente quindi, se non cambia tutto il sistema del “mercato libero” senza lacci e lacciuoli, è impossibile una ripresa dei salari.
Dal 2011 il caporalato è un reato penale sulla carta. Ma si fatica ad applicare la legge, a vedere i caporali dietro le sbarre e a punire le aziende agricole che si servono di loro. […]Il nome Quanta l’ho letto solo sulle buste paga e sui Cud che arrivano a casa. Ma io non mi sono mai rivolta all’agenzia interinale, lavoravo sempre e solo con il solito caporale”. È la testimonianza di Maria, lavoratrice di Brindisi impiegata nelle raccolte agricole stagionali attraverso l’agenzia interinale Quanta di Rutigliano, in provincia di Bari. Sono migliaia le storie come la sua. Per mascherare di legalità il caporalato, l’intermediazione illecita avveniva usando la filiale barese di un’importante agenzia di somministrazione del lavoro.
Ancora la supremazia dell’economia sulla legge, ma se vediamo bene
se il caporalato è diventato un reato penale lo si deve allo sciopero dei braccianti africani di Nardò che nell’estate del 2011 rifiutarono di obbedire all’ennesimo ordine del caporale che chiedeva un supplemento di lavoro sui pomodori per la stessa paga di 3 euro e 50 centesimi a cassone.
Ecco il perché di alcune leggi. La lotta di classe quindi, almeno dal punto di vista giuridico ha pagato e toccherà a noi italiani continuarla. Perché non parlo degli stranieri? Semplice, loro l’hanno capito, non se lo sono mai scordati!
La conclusione che ne ricavo è, per quel che concerne l’odierna sinistra, alquanto desolante. Se una notizia del genere salta fuori da un giornale come Repubblica e non dai sedicenti partiti comunisti, beh siamo alla frutta, siamo ben lungi dal ristabilire la coscienza di classe in un proletariato ormai ideologicamente “borghesizzato” da infime teorie quali nichilismo e individualismo libertario e/o liberale. I “partituncoli” pseudo comunisti oggi tendono solo a cavalcare l’onda assumendo posizioni solo apparentemente di classe e completamente lontani dalla realtà, e non fanno più serie analisi sociali e di classe. Come si può tornare ad attecchire e a radicarsi nelle classi sfruttate e subordinate con analisi del genere e come si può sfondare nel campo nemico per isolare la grande borghesia, andando avanti di questo passo?
Non bisogna prendere per buone quelle false prese di coscienza! Analizzare secondo metodo scientifico, materialista e dialettico la società che ci circonda non è facile, e questi articoli possono aprirci la mente nel trovare le lacune nei nostri pensieri. Di certo però cavalcare la cresta di certe onde fittizie per poi ignorare i reali problemi delle donne (e degli uomini) dei ceti proletari, denota una certa ambiguità se non un’ aperta complicità con il sistema capitalistico. Si tenga ben presente che parlo in generale e non voglio e non intendo parlare male solo di un partito o di taluni partiti in particolare. Il femminismo, ad esempio, e il vizio di fargli il verso, è ben radicato a sinistra ed estremamente complicato da estirpare.