Il governo Meloni,
come è noto, ha presentato un DDL che introduce nel nostro ordinamento il reato
di “femmincidio”: qualsiasi soggetto di sesso maschile che uccide una donna “in
quanto donna”, ovvero come “agente del patriarcato”, soggiace alle pena dell’ergastolo
(il DDL prevede modifiche alle pene di fattispecie già esistenti, qualcosa si
agisca sempre come membri qualificati di una organizzazione patriarcale).
Rimandando ad altre sedi l’analisi di questo DDL, ci preme
qui sottolineare la contraddizione tra l’intento di ridurre gli omicidi di
donne e l’art. 28 del decreto-sicurezza (Decreto
Legge n.48, 11/04/2025), il quale prevede per gli agenti di pubblica sicurezza
(praticamente tutti i membri dei vari corpi dello Stato, non solo polizia,
carabinieri e finanza, ma anche militari, forestale, vigili del fuoco, polizia
municipale) la possibilità di acquistare, detenere e trasportare armi da fuoco,
comprese quelle da guerra (ad oggi questa possibilità era prevista sola per
magistrati, prefetti e altri funzionari in posizione apicale).
In questo momento non
deteniamo dei dati certi e precisi sul numero di donne che sono state uccise
per mezzo di armi da fuoco e da membri o ex membri dei corpi dello Stato, ma è
un fatto acclarato da qualsiasi studioso di criminologia che la disponibilità
delle armi da fuoco sia uno dei principali fattori di rischio per quanto
riguarda il verificarsi di omicidi o addirittura di stragi. A ciò si aggiungono
tutti gli studi sui disturbi post-traumatici da stress e in generale sulla
condizione di difficoltà in cui possono trovarsi ad operare gli agenti di
sicurezza, quindi i fattori di rischio e i conseguenti rischi per l’incolumità
propria (basti guardare il tasso di suicidi tra poliziotti, guardie carcerarie,
etc) e altrui.
Uno dei riscontri
statistici che abbiamo trovato è il seguente:
I dati
Nel 2017 gli uomini in divisa che hanno commesso un femminicidio con la
pistola d’ordinanza sono stati 10 su 117, l’
8,5%. Ma questo dato deve essere messo a confronto con altri due: il primo
è il fatto che gli agenti armati fra i 18 e i 65 anni in Italia sono 450mila, il 2.5 della popolazione maschile; il
secondo è che solo il 12,8% dei
femminicidi viene commesso con una pistola. Quindi tre uomini su quattro, fra quelli che sparano contro la propria
compagna, sono agenti della forza pubblica o guardie giurate.
Queste osservazioni,
ovvero che la detenzione di un’ arma da fuoco moltiplichi le possibilità che si
verifichino dei fatti di sangue, sono di una evidenza del tutto manifesta. Se a
questa possibilità si somma quella di detenere legalmente pistole e armi da
guerra senza porto d’armi e da parte
di persone che proprio in ragione delle condizioni di esercizio possono
facilmente versare in condizioni di sofferenza psicologica, le ragioni di
preoccupazione non dovrebbero mancare, soprattutto da parte di chi proclama a
ogni piè sospinto e a reti unificate che in Italia vi sia una strage di donne e
che sia necessario agire per fermarla in tutti i modi e con ogni mezzo (financo
stracciando la Costituzione e interpretando in maniera antiscientifica le
statistiche).
Per noi la
contraddizione è evidente e dimostra che questo governo, nel tentativo di
introdurre il reato di femminicidio, serve solamente gli interessi delle lobby
femministe e uno scambio tra lobby femministe, correnti della magistratura
(data anche l’incombenza della riforma della giustizia) e governo stesso; tutto
questo all’interno di un più generale quadro di repressione del dissenso
strisciante nel corpo sociale. Nessuna prospettiva per uscire dalla sempre più
grave crisi economica e sociale ma il potenziamento degli apparati statali per
quanto concerne le istanze repressive e il controllo capillare della società e,
al contempo, la diminuzione (fino quasi a scomparire) della presenza dello
Stato nell’economia (sostegno alle piccole e medie imprese, agli artigiani, ai
disoccupati, eccetera).
Questo è il governo Meloni, il traghetto verso la scomparsa del ceto medio, la diminuzione degli spazi di democrazia, l’aumento esponenziale dell’incidenza delle multinazionali operanti nel campo delle nuove tecnologie informatiche e di sorveglianza.