Seguo molto distrattamente le notizie sulla 27a sessione della Conferenza delle parti (COP 27) della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCCC) in coso in Egitto, precisamente a Sharm el-Sheik (e mi pare che già la dica lunga sulla serietà dell’ evento la scelta di questa località, fra le più frequentate dai turisti occidentali minimamente facoltosi per fare del turismo energivoro, emettitore di anidride carbonica in atmosfera e variamente inquinante in maniera assolutamente ingiustificabile dal momento che potrebbero benissimo godersi un più che dignitoso e ritemprante riposo feriale molto più vicino a casa inquinando assai di meno…).
La seguo molto distrattamente sia, in generale, per sfiducia verso tutte le iniziative ambientalistiche (anzi “green”, come solitamente si dice in ossequio alla lingua dell’imperialismo dominante) ufficiali, sia in particolare per l’ assenza dei governi di Cina, India e Russia (i primi due dei quali vergognosamente additati al pubblico ludibrio dal pensiero unico politicamente corretto come pretesi essere -falsamente! – “i maggiori inquinatori del mondo” secondo lo scorrettissimo e disonesto criterio di considerare l’ impatto ambientale dei vari paesi e popoli del mondo in assoluto e non pro capite, come se il fatto di vivere, di essere venuti al mondo fosse una colpa; e come se l’ unica seria, difficile, impopolare iniziativa per limitare coercitivamente le nascite non fosse stata intrapresa qualche anno fa dal governo cinese con qualche innegabile risultato, anche se poi sospesa).
Tuttavia stamane, mentre mi preparavo il primo caffè della giornata, mi sono imbattuto in un servizio del TG1 su questo evento che mi ha profondamente colpito (nel duplice senso che ha destato la mia attenzione ed ha offeso la mia intelligenza).
Dopo il pistolotto iniziale del giornalista (anzi, more quasi solito, della giornalista) sono stati intervistati due scienziatoni mediatici (professoroni universitari che vanno per la maggiore, assai presenti sugli schermi), un fisico e una biologa.
Il primo, direttamente dal ponte di una modernissima ed “ecologisticissima” nave da crociera ormeggiata per l’ occasione proprio a Sharm el-Sheik come “esempio di comportamento ambientalmente virtuoso”, esaltava giulivo le qualità di tale mezzo di navigazione che inquinerebbe “pochissimo” in quanto “i suoi motori funzionano a gas naturale e sono predisposti per passare all’ utilizzo dell’ idrogeno appena sarà tecnicamente possibile e “benedetto dall’ imprimatur” dell’ Unione Europea. Come se bruciare ingentissimi quantitativi di metano per il sollazzo inutile e ozioso di annoiati turisti (per la cronaca, e senza razzismo, occidentali) costituisse un inquinamento “minimale“, “giustificabile”, una sorta di “peccato veniale”. E come se produrre idrogeno dall’ acqua per fare crociere non richiedesse parimenti un consumo elevato e soprattutto ingiustificato di idrocarburi con emissione ingiustificata di anidride carbonica. E senza contare che l’ acqua non potabile e non impiegabile in agricoltura che si consumerebbe per farlo può sì sembrare una risorsa “praticamente illimitata”, ora che non viene ancora impiegata a tale scopo, esattamente come lo sembravano il petrolio e il carbone all’ inizio del loro rispettivo utilizzo industriale, ma non lo é affatto, e se utilizzata sconsideratamente, proprio come il carbone e il petrolio, la sua limitatezza potrebbe diventare prima o poi drammaticamente palese, e questo dovrebbe essere previamente oggetto di seria considerazione. Questo professorone non ha imparato proprio nulla dagli errori del passato! Probabilmente perché gli é stato insegnato fin da studente che deve iperspecializzarsi su un singolo particolare albero, anzi solo su una certa foglia di un certo ramo di tale pianta, ignorando completamente la foresta (metafora per la cultura generale e la filosofia).
Poi i giornalisti ci raccontano che il maggiore problema ambientale sarebbe costituito dalla pretesa di nazioni meno o più tardivamente sviluppate dell’ occidente (imperialista; e non a caso…) di evitare di consumare risorse e di inquinare in misura enormemente minore del “primo mondo” (primo -ma “alla Eddy Merckx”!- fra il molto altro di dubitabile, certamente per distruzione dell’ ambiente pro capite).
Credo che questo sia stato uno dei motivi dell’ assenza da Sharm dei governi di Cina e India, stufi di sorbirsi prediche moralistiche degne di un Savonarola ma provenienti da pulpiti degni di Sodoma e Gomorra: sarei propenso a credere che quando qui da noi gli sport invernali fossero tornati fisiologicamente ad essere il passatempo di una piccolissima minoranza di montanari, le crociere sugli oceani e altre forme di ingiustificato turismo di massa fossero state abolite, quando noi ci sopportassimo come loro il caldo estivo senza ricorrere ai condizionatori, allora giustamente quei governi sarebbero benevolmente disposti a dialogare costruttivamente con noi sulle questioni ambientali.
La biologa si é invece compiaciutamente prodotta nella solennissima, altisonante, retorica proclamazione che un risultato enorme, di straordinaria importanza é già stato raggiunto in quell’ autorevole consesso; la consapevolezza (a parole, N.d.R.) dell’ importanza imprescindibile del mare per la vita sulla terra e della conseguente impellente necessità di rispettarlo!
Ma ve lo immaginate un Albert Einstein o un Enrico Fermi o, per restare in materia, un Charles Darwin che proclamasse compiaciuto con altisonante retorica la formidabile, rivoluzionaria scoperta che se si prende dell’acqua fredda, la si mette in un tegame e si colloca quest’ ultimo su di un fornello acceso, dopo poco tempo quell’ acqua diventa calda?
Di fronte all’ entità del pessimismo della ragione derivante da queste “testimonianze” della nostra condizione di esseri umani sarei propenso a temere che l’ ottimismo della volontà più che indurci a combattere disperatamente (alla lettera), al solo scopo di “vendere cara la pelle” venendo sconfitti “valorosamente” e morendo dignitosamente, non possa fare. Fortuna che, con gli antichi stoici e altri (per esempio Severino Boezio), sono convinto che “la virtù é premio a se stessa” anche a prescindere dai risultati di fatto eventualmente (o meno) conseguiti con le nostre scelte e le nostre azioni.
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