ECONOMISTI E POLITICI DI FRONTE ALLA CRISI
Noi della sinistra molle e talvolta anche dura non ce ne siamo accorti. Troppo occupati, come siamo, a correre in soccorso del vincitore o a piangerci addosso. Ma i nostri vincitori- i famigerati ordo liberisti- stanno entrando in crisi: al punto di rimettere in discussione i dettami fondamentali della loro fede.
Hanno cominciato alcuni studiosi. Poi c’è stata la grande analisi-inchiesta patrocinata dal Financial Times e dal Brookings institute e i sussurri sono diventati grida, all’insegna di un consenso crescente.
Così, ci si dice oggi che il mondo è entrato in una fase di “stagnazione cronica”dovuta a “mancanza di domanda”. Ad accentuare la crisi, fattori contingenti quali guerre commerciali e generali condizioni di incertezza e di insicurezza o strategie ispirate a stupida ortodossia, quali l’austerity “made in Germany” ( che, tra l’altro, non ha affatto contenuto l’esposizione finanziaria degli stati e delle imprese). Rimane, però, il fatto che né gli elevati profitti delle stesse imprese né la considerevole massa dei risparmi privati si traducono in investimenti e in spese.
Che fare allora ? E’ a questo punto che i Nostri alzano le braccia. Ammettendo che non solo le loro ricette non funzionano ma anche, e soprattutto, che leggi economiche propugnate per decenni hanno perso la loro validità.
Bassi prezzi delle materie prime, sgravi fiscali ( particolarmente negli Stati Uniti), danaro a costo zero, basso costo del lavoro, incentivi a gogò; tutto l’armamentario a disposizione è stato messo in campo. Ma con scarsissimi risultati. Mentre, per altro verso, lo spauracchio dell’inflazione, anche in una situazione di piena occupazione, sembra definitivamente scomparso dall’orizzonte.
A questo punto i Nostri si fermano. Passando, per così dire, la mano alla politica.
“Forse sarebbe il caso di dare un po’ d’ordine al sistema economico e politico internazionale che non può essere basato sulle scelte arbitrarie di pochi. Forse sarebbe il caso di riscrivere le regole Ue anche recando qualche dispiacere alla Germania. E forse, infine, sarebbe il caso di ridare un ruolo centrale agli stati, soli possibili protagonisti di una politica di investimenti massicci e mirati”. Questo ci dicono. Ma, a quanto pare, nessuno gli sta a sentire. Magari per riprendere il discorso da dove l’hanno lasciato.
Ma, forse, chiedere questo sarebbe pretendere troppo. La sinistra, e in particolare quella italiana, ha trascorso un’intera generazione ad abiurare completamente la sua fede passata; psicologicamente e politicamente impossibile ripartire in senso contrario.
A quanto ricordiamo un’operazione del genere riuscì solo ad Enrico IV. Ma era sostanzialmente un miscredente. E si trattava di diventare il re di tutti i francesi.
CARCERI
Italia
Secondo una statistica pubblicata da “Le Monde”, l’Italia, con 60 mila carcerati, ha un tasso d’incarcerazione inferiore alla media europea ( 100 carcerati su 100000 abitanti; i livelli più alti in una serie di paesi dell’Est).
Come mai, allora, le sue carceri sono sovraffollate ( come quelle francesi, ungheresi e romene ) ?
Questo accade per tre ragioni. Primo, perché c’è un numero troppo alto di detenuti in attesa di giudizio ( 33% contro una media europea del 23%). Secondo, perché non si percorre la via delle pene alternative, soprattutto per i detenuti condannati a pene inferiori a 3 anni ( 44% della popolazione carceraria europea; non ci sono i dati per l’Italia).
Terzo perché la vena giustizialista, propria del nostro paese, ma non solo, non comporta, qui da noi, la costruzione di nuove carceri, magari meno punitive delle vecche
CHICAGO
Dal primo al terzo mondo nell’arco di una diecina di chilometri
Sono quelli percorsi dal tram che collega la zona nord della città ai suoi quartieri centro-meridionali. Nei primi la speranza di vita raggiunge se non supera i 90 anni. Nei secondi, stagna intorno ai 70.