Foto: Nigricante (da Google)
Riceviamo e volentieri pubblichiamo:
E’ evidente che stiamo ormai assistendo ad una guerra totale tra i sessi. Maschile e femminile non collaborano più alla costruzione della società e delle loro pacifiche relazioni ma sono spinti a farsi guerra tra loro – con esiti devastanti -, invogliati da vantaggi succosi, attraenti e spiccioli, dati prevalentemente ad una parte per attizzare la reazione dell’altra, (il tutto per portare vantaggi al terzo, quel litigante nascosto che appare come arbitro ma che in realtà fomenta la guerra per mangiarci sopra), regalando patti col diavolo che rendono quella guerra attraente e luccicante. In maniera miope si baratta un piccolo-grande vantaggio personale (quote per genere in barba alla meritocrazia ed all’antisessismo, assegni di mantenimento, assistenzialismo femministoide, discriminazioni al femminile su salute, pensioni, impiego, case e figli, sicurezza sul lavoro, leggi sessiste mascherate da privilegi compensativi, statistiche truccate, falsi storici come l’8 marzo, letture della storia di parte che dipingono la donna sempre vittima e l’uomo sempre carnefice, racconti mitologici sul patriarcato come se non fosse sempre stato ribilanciato dal matriarcato, due sistemi di potere che sono sopravvissuti sempre e solo uno grazie all’altro ma del quale si vuole nascondere una parte) con la perdita totale del concetto umano e sociale di convivenza e collaborazione virtuosa tra esseri complementari e di equità e giustizia, in nome di una contraddittoria lettura della parità che si vuole rappresentata da tutele per sesso.
Tutto questo sta portando in tempi brevi ad una guerra totale. Un pericolo immane, miliardi di persone contro miliardi di persone (i numeri di qualsiasi guerra, in termini di persone coinvolte, sono al confronto noccioline), più o meno consapevolmente spinti a massacrarsi tra loro. Sia ben chiaro: non sto parlando di annientamento fisico (sarebbe autodistruttivo) quanto di soverchia, o meglio ancora di un processo guerresco infinito, devastante ma altamente redditizio per il terzo. Tale tipo di guerra prevede vincitori e vinti come tutte, ma anziché avvalersi della distruzione dell’avversario si avvale del processo di guerra per arricchirsi: più le due parti sopravvivono, più la guerra dura e più frutta.
La situazione reale:
Se i toni vi sembrano sproporzionatamente allarmistici probabilmente non avete mai riflettuto a fondo su ciò che sta accadendo, sulla portata economica della guerra tra sessi, sui miliardi che i media guadagnano sull’argomento, sulla centralità quotidiana del fenomeno pompato ad arte da tutti i mezzi di comunicazione e politica, che frutta miliardi in termini di pubblicità, che sposta enormi capitali per tutele pretestuose, per azioni incontrollate di prevenzione strabiche, o state trascurando elementi volutamente negati o nascosti, prassi guerresche messe in atto quotidianamente dal sistema giuridico, mediatico e politico, oltre che economico, mondiale, declinato nelle varie sfumature a seconda dei Paesi ma accomunate dallo stesso interesse. La portata numerica di tutto questo non ha niente a che vedere col fenomeno reale ma con la sua esagerazione; la guerra dei sessi non si basa su effettive emergenze sociali ma sulla loro lettura allarmistica data da chi ci mangia. I numeri di qualsiasi altra emergenza sociale (morti sul lavoro, malattie, guerre, violenza sui bambini, anziani e malati, discriminazioni di classe, povertà, barbonismo, suicidi per cause economiche, pedofilia) sono infinitamente maggiori, ma non se ne parla né si investe in soluzioni. Basta aprire un giornale per vedere che sono temi spariti dalla lista delle emergenze, basta leggere un qualsiasi programma politico per vedere che non sono priorità. Tutto questo ha uno scopo preciso, un ritorno economico. Chi purtroppo tocca con mano alcuni meccanismi e sistemi micidiali, come quelli del diritto di famiglia, della politica per le famiglie, delle dispute uomo-donna, della violenza intrafamiliare, delle aule di tribunale, dei divorzi, delle false accuse, ne ha ormai piena coscienza e certezza. Il muro di gomma del negazionismo, delle facili dichiarazioni di intenti profferita da incompetenti, del politically correct, delle dichiarazioni politiche sempre disattese, dei contentini di una mano che nasconde le incoerenze macroscopiche dell’altra (vedasi l’appena conclusa campagna elettorale italiana, sommo esempio di contraddittorietà sul tema) negano colpevolmente il livello allarmante del vero scopo di un allarme creato ad arte. Ne scriviamo in tanti, continuiamo a scriverne e sempre ne scriveremo, in vari luoghi ed in varie forme. Che la guerra dei sessi voluta dall’alto sia ormai ad uno stadio avanzato è una certezza, ad ognuno di voi il compito di coscienza di prenderne atto.
I motivi:
Il mio caro amico Davide Stasi, in questo articolo, poneva una domanda semplice: a chi porta vantaggio la guerra tra i sessi? Perché si fa? Chi ci guadagna? E’ facile ed allo stesso tempo complesso rispondergli, poiché generalmente le istanze vincenti raggruppano vari interessi complementari tra loro. Quando una operazione va in porto, generalmente è perché vari componenti ne traggono un vantaggio e si verifica una convergenza di interessi. Dunque, tra le varie parti coinvolte in questa strumentalizzazione, oltre a tutti i soggetti economici, politici e mediatici che possiamo immaginare, che armano i bracci esecutivi (tribunali, forze dell’ordine, legislatori) se la guerra dei sessi non portasse qualche piccolo vantaggio anche ad almeno uno dei sessi coinvolti, o meglio illusioni di vantaggio, difficilmente prenderebbe cosi tanto piede, poiché a ben vedere porta un danno alle parti ed un vantaggio enorme al terzo litigante. Si badi bene: per scatenarla bisogna dare vantaggi ad una parte sola, poiché sebbene nei luoghi di discussione di tali fenomeni si cerchi spesso di far passare una visione a tarallucci e vino dove siamo tutti perdenti allo stesso modo e quindi il problema non esisterebbe, il fenomeno invece si deve avvalere di una enorme disparità di trattamento tra le parti per poter arrivare al conflitto.
Vorrei a questo punto chiarire la mia personale posizione: detesto l’ecumenismo e l’ipocrisia che semplifica le guerre come “da entrambe le parti”, le frasi ipocrite come “ si litiga sempre in due”, o “ la verità sta sempre in mezzo”. Balle. Accade spessissimo che le guerre siano scatenate da una parte e che l’altra ci si trovi coinvolta per necessità, o che la verità stia da una parte e dall’altra ci sia la menzogna. Un sistema civile e giuridico moralmente sano, eticamente evoluto, DEVE prendere atto di questa realtà e non nascondersi dietro a pretesti giustificatori, mollezze pilatesche. DEVE saper distinguere tra bene e male, tra provocatore e provocato, tra vittima e carnefice, tra vero e falso. Se non ne è in grado ammetta la propria inadeguatezza e si faccia da parte. Soprattutto, non si erga a giudice se non è capace di distinguere e giudicare. Le sentenze fotocopia, le prassi inique applicate automaticamente, gli artifici legalizzati per giustificare di volta in volta tutto ed il contrario di tutto a seconda dei propri vantaggi, la disapplicazione dei principi morali e politici in nome degli interessi di parte sono mondezza della quale dovremmo saperci liberare se vogliamo dichiararci società giusta.
Dunque, non semplificherò il significato di questo articolo in nome di quei tarallucci e vino, siamo tutti sulla stessa barca, ci perdiamo tutti, in fondo siamo tutti vittime, uomini e donne tutti vittime di una guerra ingiusta. No. Questo sistema della guerra dei sessi sta portando vantaggi ad una parte e massacro all’altra. Che questo sia fatto in funzione di interessi superiori è ovvio ed è materia di questo articolo, ma negare che ci sia una parte vincente ed una perdente (l’uomo massacrato e la donna premiata) è ipocrita e falso. D’altronde, tutti i sistemi di potere si sono sempre avvalsi di gerarchie, di vassalli premiati per la loro collaborazione a scapito degli altri, di kapò ammessi al banchetto con quattro patate lesse, ma sta di fatto che definire vittime uguali ai sottoposti quei kapò, quelle persone che si avvalgono di una posizione di potere collaborando al potere superiore, è fuorviante e falso. C’è chi mangia terra, chi mangia patate e chi aragoste.
I metodi:
Anzitutto, come deve comportarsi il terzo che gode per far lucrosamente litigare i due litiganti? Semplicissimo: porre uno in posizione di forte squilibrio rispetto all’altro. Favorire smaccatamente una parte (e più è fatto in maniera arrogante e palese, addirittura in maniera ai limiti del legale e più è efficace) e massacrare l’altra. Litigheranno, statene certi. E più saremo al limite del consentito e più lo sfavorito si accanirà, litigherà, e ci farà godere in quanto terzi. Per capire meglio in cosa consistono questi vantaggi civetta (reali, veri, ma miseri in confronto alla destabilizzazione della società, del sistema famiglia e dei figli) rimando ad altri articoli; non è scopo di questo articolo approfondire tali aspetti quanto piuttosto capirne le cause scatenanti e le conseguenze. Rimane un fatto concreto che sia assai più funzionale descrivere le donne come vittime e gli uomini come carnefici. Il contrario sarebbe impresentabile; immaginiamo quanto sarebbe ridicolo se si ascrivessero alle donne tutte le nefandezze del mondo ed agli uomini la parte nobile e pura dell’umanità. Eppure… a parti invertite è esattamente ciò che sta succedendo, e la massa lo trova verosimile.
Lo scenario:
Passano i secoli ma continuiamo ad assistere ad uno spettacolo agghiacciante, violento, guerrafondaio, anzi per dirla tutta facciamo assistere ai nostri figli a questo spettacolo, il che è ancora peggio. Una realtà spaventosa di cui pochi si preoccupano, mascherata da un velo di “società pacifista che condanna le guerre” ma che in realtà ne ripropone di nuove assai più devastanti. Ciò che la nostra società gli mostra è esattamente ciò che stanno imparando e che domani faranno. E’ il momento di domandarsi senza retorica che cosa gli stiamo mostrando: una umanità aggressiva, litigiosa, che si evolve solo nelle forme di guerra ma non cresce di un millimetro nelle forme di pace reale se non con proclami vuoti, che apre le porte delle proprie case a guerre interne, (guerre familiari, di tribunali, guerre per soldi, guerre di false accuse, per soldi sfilati dalle tasche di chi suda per sudare meno noi, guerre in nome di quegli stessi figli che assistono inermi alla rovina di uno dei genitori, dipinto come nemico e massacrato senza pietà), che mostra nel quotidiano che soverchiare è meglio che dialogare. Peggio ancora, una umanità che sfrutta la guerra e la violenza per vantaggio e non sa rinunciarvi, e ne studia nuove forme sempre più giustificabili e “giuste” per arricchirsi con il plauso del mondo o della proprie cerchia casalinga, o per conseguire i propri vantaggi senza critica alcuna. Pulisce le guerre dalle forme impresentabili (uccisioni, bombe, forme ormai superate di arricchimento, ancora funzionanti ma tanto facilmente condannabili nei salotti buoni) e le sintetizza in altre guerre inattaccabili, apparentemente giuste, politicamente corrette, raffinate, sfuggenti, subdole. Per smascherare una guerra, oggi, fatta senza bombe né trincee, occorre molta più lucidità di quanta non ne occorresse ai nostri nonni nel secolo scorso. Ieri le guerre erano evidenti, oggi vanno smascherate.
Agli occhi di un bambino (l’adulto di domattina) le guerre in casa sono molto più “istruttive” di quelle lontane. Per questo, fare differenze tra un bombardamento o una guerra familiare, una guerra tra i sessi, è inutile e fuorviante. Sono tutte forme di aggressività che vengono assorbite e riprodotte; la seconda, tra l’altro, viene assorbita a livello assai più profondo nella fase di costruzione dell’io, poiché si avvale dell’emulazione tra genitore e figlio. Sminuire questo problema etichettandolo come “violenza assistita” quando c’è un episodio-picco violento in famiglia (guarda caso sempre riportato se maschile e nascosto se femminile) e non analizzare tutti gli altri elementi aggressivi e guerreschi in tutte le altre forme è pericolosissimo. Se è vero che i bambini trascorrono la maggior parte del tempo in ambienti femminili (scuole con più del 90% di docenti donne e accudimento domestico in proporzioni ancora più schiaccianti) c’è da chiedersi da dove imparino i comportamenti violenti definiti maschili, o meglio se quei comportamenti violenti non siano per niente “solo” maschili.
In questa epoca di social e di slogan, di meme, di scrittura breve e frettolosa, di articoli con incorporato il bollino indicante la durata prevista per la lettura (non sia mai che ti rubi più di 2 minuti prima di saltare alla propaganda successiva), che vola sopra ovvietà quali “la guerra è sbagliata, viva la pace” mentre vota partiti che mangiano sulle differenze tra “noi e loro”, stiamo creando allarmi senza fornire risposte, stiamo condannando senza capire, stiamo giudicando senza intervenire (sino ad arrivare alle estreme aberrazioni dei “chi siamo noi per giudicare” e del suo gemello “alla forca!”), stiamo alimentando solo la parte superficiale del nostro sdegno – la sottile ed utile scorza, perfetta per essere strumentalizzata – senza crescere di un millimetro in una coscienza più evoluta, senza dotarci di strumenti critici profondi. In un certo senso, ci indigniamo quando sbattiamo conto i pali sul marciapiede ma non ci dotiamo di occhiali per curare la nostra miopia.
Cos’è la guerra:
Parlare di guerra, oggi, è assai complicato. Io stesso, nel comporre questo articolo, ho avuto non poche difficoltà, poiché pare, dal punto di vista patinato della nostra società falsamente depurata e politicamente corretta, un concetto anacronistico, un qualcosa che non ci riguarda. Le guerre da condannare sono solo quella pioggia di bombe che cadono in posti lontani, che ormai siamo certi di aver condannato, che insegniamo a scuola come sbagliate, o quelle in bianco e nero del secolo passato, che ci illudiamo siano ormai lontane. Ed invece è una semplice illusione. Non tanto perché potrebbero ancora accadere (considerazione purtroppo realistica) quanto perché ne stiamo vivendo delle copie assai meglio dissimulate, altrettanto devastanti ma molto più “pulite”. Siamo continuamente in guerra tra noi. Ma stiamo imparando a fare guerre più raffinate.
Perché, dunque, si fanno le guerre? A cosa ed a chi servono? Se dovessimo rispondere a queste domande poste da un bambino, dovremmo semplificare al massimo le risposte. Un esercizio didattico che scatena una serie di interrogativi assai più evoluti, poiché nel cercare di arrivare al cuore della questione (perché ci facciamo reciprocamente del male) si inizia un percorso di consapevolezza e di lettura della società, della natura umana, che non ammette scuse. Se è vero che si fa tanto parlare di violenza assistita, di violenza sui minori, di soprusi, di ingiustizie, è altrettanto certo che si fa ben poco per addentrarsi con coraggio in analisi meno superficiali di campagne pressappochiste, basate sulla retorica del proclama, che sfrutta un disagio ma non fa niente per aiutarne la comprensione.
Dicevamo che oggi le forme di guerra sono assai più evolute (e non certo per il banale aumento di tecnologia, favoletta buona per vendere armi più costose fingendo che nessuno si faccia male) e “presentabili”. Difatti, se il secolo scorso ha visto ben due guerre mondiali più una serie infinita di piccole e medie guerre, in un certo senso esse venivano motivate da propagande subdole ed opportunistiche e si riusciva a passarle per necessarie e giuste. Oggi tutto questo sarebbe assai più difficile. Oggi, una nazione che vuole fare guerra ad un’altra deve avere dei motivi giustificatori assai più forti. Difatti, oggi non c’è guerra che non sia provocata, santificata come “giusta punizione”. Se ieri si poteva dire “andiamoci a prendere un posto al sole”, oggi bisogna dire “andiamo a punire degli assassini”.
Dunque, se volessi mettermi dal punto di vista di colui che vuole fare guerra per i propri vantaggi, come dovrei fare per giustificarmi agli occhi del mondo? In mancanza di assassini da punire, come mi arricchisco? Come fare guerra senza essere condannato dal mondo intero?
Per rispondere a questa domanda, e vedere quanto sia attuale, bisogna anzitutto chiarire un punto: violenza e guerra, per quanto complementari, sono due concetti ben diversi.
Se la violenza è la reazione becera di chi non ha altre armi per vincere, e reagisce scompostamente, una reazione quindi ignorante e semplice per risolvere un conflitto a proprio vantaggio tramite un abuso, la guerra si fonda su principi assai più articolati, “intelligenti”, strategici e autogiustificatori . Che poi si debba, spesso, avvalere dei violenti per essere messa in atto, è una conseguenza ma non la connota. Perché è necessario questo distinguo? Perché non basta leggere il grado di violenza di una guerra per poterla definire tale. Esistono guerre “nonviolente” o che non ricorrono ad atteggiamenti tipicamente violenti, o fisicamente violenti, e confondere le due cose significherebbe non chiamare guerre quelle che in realtà lo sono. Esistono varie forme di violenza non facilmente identificabili come tali, o considerate minori, tanto da non farle rientrare tra i comportamenti violenti, che invece vanno smascherate. Per annientare un individuo non è difatti necessario prevaricarlo fisicamente, si può fare in altri modi, ed essi vanno riconosciuti come violenza anche se apparentemente non lo sono. Rimane comunque il fatto che non è necessaria la violenza per fare la guerra. Anzi, oggi, nell’epoca del politically correct, l’unica guerra possibile su scala mondiale è quella apparentemente non sanguinaria.
Come farla:
Quindi, come sfruttare questo “velo pulito” per fare guerra ed arricchirsi apparendo Giusti tra i Giusti?
Con grande approssimazione, possiamo descrivere quattro fasi evolutive del concetto di guerra, utili a rispondere alla domanda.
Nella prima (grezza, embrionale) si facevano le guerre per conquistare qualcosa, un bottino di guerra (nazioni, terre, reami, ricchezze, popoli) da ottenere tramite la vittoria. Quindi, il risultato dipendeva dalla vittoria della guerra. Il bottino era la vittoria. La guerra avveniva tra due contendenti, dei quali uno godeva.
Nella seconda fase (ben connotata dalle due Guerre Mondiali ma in pieno svolgimento per tutto il secolo scorso), faceva capolino un terzo vincitore, che vinceva sempre, ossia chi forniva i mezzi per la guerra. In questa fase, il bottino di guerra non era più solo il risultato finale, quanto piuttosto (ed in forma a volte maggiore) il processo di guerra, il suo svolgimento. Armi, mezzi, media, potere politico dei ricchi armatori. Non è difficile capire quanto il concetto di guerra sia utile al capitalismo, ossia il terzo che gode. Mente due si ammazzano, il terzo vende strumenti e processi di guerra e ci guadagna sempre. Talmente ci guadagna che diventa co-promotore, soggetto fortemente interessato; pur mantenendo una posizione “esterna” ha un enorme interesse a che la guerra si faccia, ma è ancora – in questa fase – troppo legato all’esito della guerra: se vince il contendente coinvolto nel sistema capitalistico continuo a guadagnarci anche dopo, se vince l’altro finisco di guadagnarci quando la guerra finisce. E’ il caso ad esempio delle guerre petrolifere. In questa seconda fase, però, si sono verificate due realtà che nel tempo hanno costituito un intoppo: impresentabilità del processo di guerra (non posso fare la guerra quando mi pare perché devo giustificarla, altrimenti non ho l’appoggio del mondo globalizzato), limiti oggettivi (ad esempio se vince la nazione che brucia più petrolio ne ho un vantaggio, se vince l’altra ho “solo” venduto armi) e limiti numerici (a chi faccio guerra, adesso?). Questi limiti ad un processo di arricchimento sulle spalle di gente che si fa la guerra sono da tenere bene a mente, e sono gli stimoli che hanno spinto a passare alle fasi successive; il capitalismo porta con sé l’arricchimento illimitato, ed ogni limite è una sua contraddizione. Bisognava quindi evolvere in altri sistemi.
La terza fase (evoluzione della seconda) vede salire al potere il “terzo”; quell’arricchimento portato dalle guerre gli ha fornito tali mezzi economici da superare il potere politico, il popolo stesso, e gli ha fornito il potere esecutivo (le lobby). In questo caso, le guerre sono promosse da quel terzo, che oltre al bottino proveniente dal processo di guerra e quello proveniente dalla vittoria si becca anche il potere durante la guerra, aumentato in caso di vittoria. Ora, per quanto questa fase sia stata ottimale all’arricchimento puro, si è scontrata con gli avversari che a loro volta avevano adottato lo stesso schema. Superpotenze che hanno posto in fase di stallo per decenni le guerre: se tu fai guerra la faccio pure io e ricominciamo dagli organismi unicellulari tra milioni di anni. Einstein difatti diceva che non sapeva come sarebbe stata combattuta la terza guerra mondiale ma la quarta di sicuro sarebbe stata combattuta con le clave. Certo, si possono sempre fare guerre “minori”, e difatti si sono fatte e si stanno facendo, ma in confronto ad una bella guerra mondiale portano noccioline; inoltre hanno dei limiti “geografici” e numerici: se si escludono gli Stati amici o utili a sé, quelli amici ed utili alla controparte, o ci si scontra su Stati utili sia all’una che all’altra potenza e si rischia di nuovo lo stallo, oppure una volta bruciate quelle poche possibilità (Iraq e simili) il filone si esaurisce.
Altro limite, e considerazione fondamentale per capire la quarta fase, è che in ogni caso le guerre riguardano oggi (in termini prettamente utilitaristici, arricchimento da guerre) sempre meno persone. Non è difatti pensabile, oggi, una guerra Mondiale; si fanno le guerre con pretesto, che (mi sia perdonato l’eccesso di cinismo necessario a descrivere questo quadro calcolato) coinvolgono poche persone e fruttano poco.
Noccioline, rispetto ad una guerra totale. Una guerra totale, che coinvolga in maniera “indolore” il numero più alto possibile di individui senza ammazzarli (ricordiamo che la violenza è solo una delle risorse della guerra) e dove il processo di guerra sia assai più redditizio del bottino finale (ormai difficile da raggiungere e diventato quindi secondario), che porti vantaggio ad entità sovranazionali unite dal comune scopo di arricchirsi.
Come fare quindi per mettere in atto una guerra moderna, pulita, altamente redditizia, che coinvolga miliardi di persone, che frutti a tempo indeterminato, che sia presentabile, che si autoalimenti, che sia controllabile, che porti vantaggi misurati SOLO al sistema capitalistico, che non trovi avversari degni per lungo tempo, che costituisca quindi la quarta fase ottimale? Chi mettere contro chi, nella maniera più efficace possibile?
L’umanità stessa, contro sé stessa. Metà popolazione contro l’altra metà. Non si ammazzeranno (o meglio continueranno a farlo da entrambe le parti, come sempre è stato, ma ne leggeremo i numeri in maniera strumentale e useremo i dati per confermare la nostra tesi, svincolata totalmente dalla realtà delle dinamiche sociali ed umane), non getteranno mai bombe, ma di sicuro questa guerra porterà (e già porta) un sacco di soldi e potere a chi la sa sfruttare. Una guerra di questa portata corrisponde perfettamente ai requisiti richiesti sopra elencati, ed è presentabilissima; la storia degli ultimi decenni, infarcita dalla retorica martellante del femminismo antimaschile, ha servito sul piatto d’argento tutti gli elementi necessari. La condanna totale del maschile ad opera del femminismo è già divenuta Verbo, Verità incontestabile, Maestà intoccabile ed indiscutibile. Provare a criticare una donna per verificarlo. Di più, il senso di colpa è già stato perfettamente impiantato nell’uomo, dove nella stragrande maggioranza dei casi ammetterà che si, gli uomini si sono sempre avvantaggiati del potere sulla donna e di posizioni di vantaggio e potere rispetto a lei (la più grande bugia della storia). Un condizionamento psichico totale, autoattivante, un meccanismo ad orologeria che paralizza qualsiasi reazione del condannato. Tu uomo, maschio, nato maschio e quindi geneticamente colpevole, devi pagare le colpe del tuo essere e dei tuoi avi (colpe che ovviamente definisco io e che tu non puoi osare contestare). Il perfetto controllo del bersaglio, immobile, prostrato ed autoflagellantesi.
Tale meccanismo è di altissima efficacia, vende la guerra come sacrosanta, immobilizza il nemico, mimetizza la propria portata, si avvale di una retorica assai utile a tutte le parti coinvolte. Mille volte più potente di qualsiasi arma.
Un esempio emblematico:
Immaginiamo, tanto per fare un esempio qualsiasi, durante la Guerra Fredda quali energie dovevano essere spese per “colpire” un nemico politico, annientarlo o destituirlo. Enorme dispiego di mezzi e tempo, successo incerto, alto rischio. Oggi, una “pallottola d’argento” sparata sui giornali, da continente a continente, una bella accusa di stupro o di molesti ad una donna (magari risalente ad anni fa) ha un effetto immediato ed infallibile. Una pallottola del genere colpisce in poche ore ed ha effetto certo (quale politico o uomo d’affari riuscirebbe oggi ad uscire indenne da tale accusa?). Un’arma micidiale, al confronto della quale ogni guerra per il potere sul campo risulta roba da dilettanti.
Basta vedere il caso Strauss Kahn, che in poche ore ha perso il suo posto ed il potere è stato conquistato dalla pretendente tanto facilmente quanto rubare le caramelle ad un bambino, o il caso Assange, o quello Weinstein, o Clinton. Ma la lista è enorme (un piccolo esempio: http://www.dagospia.com/rubrica-3/politica/sesso-spionaggio-migliori-lsquo-trappoloni-erotici-rsquo-danni-161651.htm). Sapreste farmi il nome di un personaggio qualsiasi che riuscirebbe a rimanere indenne, oggi, dopo tale accusa? Sapreste dirmi quale tycoon riuscirebbe a rimanere saldo al proprio posto dopo aver ricevuto tale accusa? Ora, è evidente che non è tutto qui, la portata di tale guerra è immensa e non si ferma certo a questi possibili utilizzi, ma tale esempio rende bene l’idea della portata di tale arma e soprattutto di come sia ormai attuale e già depositata nelle stanze dei bottoni.
Credo che Einstein abbia sbagliato di poco: quella con le clave sarà la quinta guerra. La terza è già cominciata. Non annienterà fisicamente l’umanità ma di certo scuoterà nelle fondamenta la nostra stessa esistenza, e metterà in serio pericolo la nostra sopravvivenza, poiché ci renderà nemici tra di noi.
Fonte: https://stalkersaraitu.com/2018/03/09/la-vera-grande-guerra/