La mia critica al politicamente corretto


Riceviamo e volentieri pubblichiamo:

Il 5 ottobre 2024 ho partecipato ad un interessante dibattito sul tema del “politicamente corretto” come nuova ideologia da combattere. In questa occasione ho incontrato Fabrizio Marchi, direttore de “L’INTERFERENZA”, rivista web di ricerca politica e filosofica il quale mi ha invitato a scrivere e a dare il mio contributo.
Di seguito il mio intervento al convegno.
“Metterei a fuoco il tema di cui stiamo discutendo in termini di “critica” al politicamente corretto. Io la intendo soprattutto come una espressione dell’attuale fase di evoluzione del capitalismo. Siamo in una fase in cui la concentrazione del capitale finanziario genera una concentrazione elitaria del potere. Il livello sovranazionale decide lo sviluppo e la diffusione delle nuove tecnologie che rappresentano il nuovo modo di produzione. Ma l’analisi concreta ed attuale della fase mostra ancora un capitalismo in crisi. L’idea di una rapida globalizzazione della produzione, del consumo e dello sfruttamento delle risorse planetarie nata con gli accordi di globalizzazione dei primi anni novanta si sta rivelando illusoria perché non si tratta di un
processo univoco ma al contrario sta dando luogo ad una riorganizzazione multipolare dei rapporti di produzione. Il processo di delocalizzazione si sta rivelando solo come de-industrializzazione e si scontra sempre più con le differenze identitarie e culturali del mondo reale. Esse hanno dato luogo nei paesi emergenti ad arroccamenti che oggi si stanno mettendo in rete e si ergono antagonisti al dominio elitario imperialista. Si sta profilando quindi il rischio concreto e credibile della fine dell’egemonia statunitense e ll
superamento finale della centralità del dollaro nel commercio internazionale.
La risposta è la guerra ma essa non basta. C’è un attacco strutturale alle differenze in tutti i campi, da quello linguistico a quello antropologico e addirittura biologico. L’elite capitalista globale sta dichiarando guerra a tutto ciò che può generare identità collettiva, e si tratta di una guerra distruttiva ed ipertecnologica. Le multinazionali hanno decomposto la classe operaia nei paesi avanzati e stanno trasformando i produttori in consumatori ansiosi e dipendenti. Ma si scontrano con le identità di popolo e l’emersione di nuove istanze di sovranità. Non ce la fanno a diffondere omogeneità nei comportamenti individuali e collettivi per cui lanciano un attacco alle idee e premono sui governi per l’omologazione del pensiero e del linguaggio. Il loro obiettivo non è solo il superamento delle diversità ma anche e soprattutto la nuova comunicazione. Un piano di semina globale delle nuove parole, quelle che servono ad accogliere l’intelligenza artificiale. Una comunicazione addestrata e funzionale alla diffusione veloce delle tecnologie.
Queste sono in perenne innovazione e si fanno strumento di comando e controllo sui comportamenti collettivi. Ecco, questo è il “politicamente corretto”.
Nelle istituzioni tecnocratiche ci sono documenti internazionali come ad esempio l’AGENDA VENTI TRENTA, che lanciano con linguaggio mimetizzato esattamente questi obiettivi. Ci vengono proposti con lingua
biforcuta: egualitarismo, inclusione, sostenibilità sono parole che nascondono negazione delle differenze, diritti di minoranza che vengono difesi imponendo alle maggioranze i gusti e i comportamenti totalmente
estranei alla cultura locale, nonché politiche sanitarie all’insegna dell’obbligo ecc. Ancor più grave è il fatto che nelle strategie attuative emerge una cultura che nega le libertà di scelta in nome dell’inclusione
reprimendo e sanzionando chi non si adegua. Ne è un esempio il regolamento “carriera alias” che è in corso
di diffusione nelle scuole medie superiori italiane. In esso il diritto di scelta dell’identità di genere viene assegnato all’adolescente indipendentemente dal coinvolgimento familiare. Se Mario di sedici anni si
dichiara Maria la scuola è obbligata a prenderne atto amministrativamente e i registri e i documenti elettronici agiscono automaticamente per via algoritmica. Nelle gite scolastiche Maria dev’essere messa
con la camerata femminile? Si faranno terze camerate e terzi bagni? In Italia ancora no ma in Inghilterra, che è più avanti nella implementazione del “polically correct”, se l’insegnante si rifiuta di chiamare Mario col
nome Maria anche in semplici conversazioni d’aula verrà sanzionato disciplinarmente. Inoltre si crea una pericolosa confusione laddove si dice che la distinzione di genere va superata in nome della lotta all’omofobia. La quale invece è tutta un’altra cosa perche di fatto nella stragrande maggioranza dei casi il libero orientamento sessuale non è per niente messo in discussione.
Quindi il politicamente corretto apre una prospettiva di pensiero unico autoritario. E la difesa dei valori e delle identità culturali è un nuovo fronte di lotta. A mio avviso dobbiamo vederlo come nuovo valore di
istanza sovrana. Oggi non sono sotto attacco solo i diritti sul lavoro ma anche la manifestazione del dissenso per via politica (DL 1660) ma anche la libertà di scelta sanitaria e i valori etici di rifermento. E su quest’ultimo punto si apre a mio avviso un altro fronte di lotta che è quello della difesa della famiglia. Lo schema engelsiano espresso nel suo saggio Origini della Famiglia, della Proprietà Privata e dello Stato è superato. La famiglia non va vista come la cellula fondamentale della società borghese ma come il viatico
indipendente per la libera trasmissione ai figli e ai nipoti dei valori identitari e dei comportamenti sociali da tenere. Nell’ottica della innovazione tecnologica iper veloce le multinazionali devono superare le resistenze della nostra generazione e puntano su una nuova mentalità delle nuove generazioni. Hanno bisogno di una mentalità aperta alle nuove tecnologie e inconsapevole del valore della critica. Quindi puntano
chiaramente alla distruzione della famiglia. Essa viene quotidianamente raffigurata come luogo di violenza ed oppressone nonché luogo di trasmissione del pregiudizio (patriarcato ecc). Ma non e cosi.
La famiglia non è pertanto né di destra né di sinistra come non lo è più la politica reale che stiamo subendo.
Dobbiamo muoverci su obiettivi di composizione diplomatica dei conflitti anche approntando sintonie con le forze cattoliche che si sforzano di resistere al relativismo etico. Il nostro compito è affermare una prospettiva di un riconoscimento internazionale multipolare per il nostro Paese e trasmettere diritti e valori alle nuove generazioni lasciando loro lo spazio di lotta per la sovranità popolare”.

“Francesco Boschetto. Valdagno (Vicenza)”

Fonte foto: da Google

1 commento per “La mia critica al politicamente corretto

  1. Enza
    9 Ottobre 2024 at 21:08

    “Un piano di semina globale delle nuove parole, quelle che servono ad accogliere l’intelligenza artificiale. Una comunicazione addestrata e funzionale alla diffusione veloce delle tecnologie.”

    Mi è piaciuto tutto l’intervento e in particolare questo passaggio che è molto significativo sulle strategie del capitalismo camuffato da politicamente corretto, caro ai nostri progressisti…

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