Riceviamo e volentieri pubblichiamo:
Quale è la fake che definisce questa semplice domanda : Cosa rappresenta oggi essere di sinistra? Essere politicamente corretti. Accettare il pensiero unico in maniera acritica e credere, presuntuosamente che, in quanto detentrici del pensiero unico, le élites devono guidare un popolo ignorante e rozzo, irritante per la sua mancanza di educazione. Ma è comunque un popolo che esprime un malessere, che coglie delle contraddizioni che sono reali e drammatiche, nella narrazione idilliaca del pensiero unico che vede nel neoliberismo e nei suoi diktat “il migliore dei mondi possibili”. Essere oggi di sinistra si riduce tutt’al più ad un atteggiamento caritatevole, le sezioni scimiottano la caratis. Questa è la sinistra oggi. Ma è solo una grande menzogna. La verità è che essere di sinistra richiederebbe piuttosto una visione diversa della società, un nuovo mondo possibile, un rapporto capovolto con il lavoro e la produzione. Di tutto ciò non vi è più traccia Ma il colpo più grande alla sinistra è stata la rimozione del conflitto , la sua emarginazione attraverso una narrazione che esso sia un male, il peggiore dei mali. Il termine conflitto, come tanti altri termini importanti che disegnano la struttura linguistica e comportamentale degli esseri umani, è oggi messo al bando. Trasformato in sinonimo di odio. Utilizzare questo termine in dinamiche politiche è considerato taboo. Esso è identificato come il male assoluto. Eppure conflitto ha un altro significato. Conflitto è “polemos” un dio. Più che un dio. Eraclito ne fa la base del suo pensiero filosofico: «Pólemos è padre di tutte le cose, di tutte; e gli uni disvela come dèi e gli altri come uomini, gli uni fa schiavi gli altri liberi». È il Polemos/conflitto inteso come confronto anche aspro, che viene indicato come «padre di tutte le cose», motore capace di aiutarci a trovare una soluzione ai contrasti, per esempio quando descrive un mondo diviso in due, tra «schiavi e uomini liberi». Occorre riappropriarsi del conflitto. Soprattutto oggi in cui la diseguaglianza che genera il conflitto è figlia di una crescente economia disumana.