Si susseguono le segnalazioni su episodi di violenze sessuali e molestie di gruppo dopo Capodanno. Nel contempo si reitera il copione di sempre: lo scandalo generale dinanzi al maschio immaturo e primitivo che assedia e attacca le donne. Si sostiene la discrasia tra il genere femminile, la cui coscienza evoluta coincide con la libertà di disporre del proprio corpo e di tagliare le relazioni in ogni momento e l’involuto e predone genere maschile. Il maschio, sempre meno uomo- umano, sempre più animale, vuole impossessarsi del corpo e dell’anima della donna per imprigionarli in un delirante desiderio di possesso. Fanno capolino episodi di donne che abusano di minori, ma su di essi non ci si sofferma sufficientemente, poiché smentiscono l’interpretazione semplicistica e astratta dei fatti. Gli stereotipi e le categorie interpretative costruite in modo ideologico non riescono mai ad essere strumenti di comprensione ampia, funzionano solo se applicate ad un numero di casi sempre simili, se poi accadono episodi che li falsificano i media aggirano l’ostacolo. La violenza è da condannare, sempre, ma nello stesso tempo dev’essere compresa in profondità per poterla neutralizzare. Le campagne mediatiche generaliste e le leggi sempre più repressive possono limitare il problema, forse, ma non prevenirlo. L’Italia è la patria di Cesare Beccaria che con l’opera Dei delitti e delle pene ha insegnato al mondo intero che i delitti devono essere prevenuti con l’educazione e sanando le ingiustizie. Non si educa con le campagne mediatiche, questo è acclarato, l’educazione esige una comunità che pratica il rispetto delle persone, e specialmente, che si fonda sulla razionalità veritativa. Non si può educare, se non si ha la chiarezza del bene e della verità. L’Occidente ha rigettato ogni discussione e pratica della verità ed ha sposato la logica neoliberista che si autofonda sullo stesso economicismo. Non è un caso che l’unico modello di donna difeso dal sistema decuplica “uomo in carriera”. Ogni sistema totalitario si fonda su postulati e dogmi indiscutibili, per cui le violenze sono presentate in modo astratto. Giornalisti e giornaliste educati nel nuovo clima culturale si limitano a descrivere i casi, si soffermano in modo pruriginoso sui dettagli in modo da suscitare l’interesse degli spettatori. Nessuno osa ipotizzare interpretazioni differenti rispetto al solito copione che con eguali parole ed immagini rappresenta episodi deplorevoli in una coazione a ripetere che serve solo a mostruosizzare il maschio nella nuova religione mondana del femminismo liberista. Una società-comunità viva dovrebbe utilizzare una pluralità di categorie, fino a mettersi in discussione, se desidera risolvere i problemi che le cronache ci offrono. Vi è un sostanziale rifiuto in tal senso, segno e sospetto, che le tragedie riportate non vogliono essere davvero risolte o peggio ancora, si pratica l’ignoranza per poter consolidare il sistema vigente. Il ripetersi di episodi di violenza e l’affiorare con stupore di radi casi in cui le donne cominciano ad essere le protagoniste delle violenze, ci deve indurre a praticare altre categorie per poter decodificare il presente. Si possono utilizzare le categoria marxiane di struttura e sovrastruttura. Categorie complesse, perché lo stesso Marx oscilla tra un rigido determinismo tra i due poli e una relativa autonomia degli stessi. La nostra struttura economica è palesemente darwiniana: la lotta e il saccheggio dell’altro sono i fondamenti reali su cui si fonda. Operai ed impiegati sono brutalizzati da licenziamenti con email. Aziende fiorenti lasciano il territorio nazionale dopo aver usufruito di finanziamenti per spostarsi in aree geografiche con “costi minori”. Ospedali e scuole sono aziende, per cui salute e merito sono ottenuti con il denaro. La classe sociale determina sempre di più carriera ed aspettativa di vita: la democrazia e la Costituzione sono solo formali. In tale sistema, è legittimo chiedersi, la violenza contro le donne e non solo è solo segno della sopravvivenza di pregiudizi e di tribali retaggi, o anch’essa è parte del ciclo di predazione su cui il sistema sociale si fonda. Il saccheggio generalizzato è favorito dall’atomistica competitiva e dal linguaggio. Si utilizza in questi anni l’espressione distanziamento sociale e non distanziamento fisico per contenere la pandemia. Si nega nella prassi la visione dell’essere umano come “animale sociale”, in quanto l’altro è sempre un nemico da cui ci si deve difendere, e in alternativa una vittima da depredare. Una società in cui proliferano queste pratiche può aspettarsi di favorire solide relazioni rispettose dell’alterità?
Dubitare è lecito, per cui la struttura economica darwiniana favorisce relazioni predatorie. Se il PIL è tutto, se l’essere proprietario significa relazione di solo dominio, se continuamente è ripetuta la parola “godere” nel linguaggio mediatico, tutto ciò non può che diffondere la violenza in modo polimorfo. “Godere” è il presupposto dell’uso dell’altro come mezzo da usare e buttar via. Non è secondario il tramonto della cultura critica e della capacità di riflettere in modo divergente sui dati per concettualizzare il presente. Il pensiero è sostituito dal calcolo e dalla strategia imprenditoriale in ogni gesto. In questa cornice la violenza sessuale potrebbe assumere una luce differente rispetto alla conformistica rappresentazione della guerra dei generi. La verità, forse, è che non si vuole affrontare il problema reale, la società è totalmente violenta, poiché la struttura economica nel suo sviluppo ipertrofico ha ridotto anche la sovrastruttura, ovvero la cultura, a semplice PIL. Gli esseri umani per diventare “umani” necessitano di valori e relazioni liberate dal dominio economico, tutto questo manca, e il virus della violenza si infiltra ovunque. Il sistema regge fin quando il velo dell’ignoranza non solo regna, ma è diventato una barriera tra gli esseri umani portatrice di incomprensioni e violenze. Senza categorie interpretative adeguate continueremo nel triste conteggio delle violenze e a scivolare nell’abisso dell’irrazionale.
Fonte foto: RaiNews (da Google)