Oggi è la Giornata della Memoria,
che ricorda una tragedia dalla quale, per responsabilità delle potenze
imperialiste occidentali e del senso di colpa per l’Olocausto scientemente instillato
nei popoli europei da parte dei sionisti, ne è scaturita un’altra, la
“Nakba” (cioè la “catastrofe”), come la chiamano i
palestinesi, che dura tutt’oggi a partire dal 1947/48.
Una tragedia, l’Olocausto, perpetrata dal regime nazista durante la seconda guerra mondiale, bassamente strumentalizzata per giustificare una brutale operazione colonialista, iniziata già negli anni venti sotto il Mandato britannico della Palestina e con l’immigrazione ebraica e sionista risalente già a fine Ottocento. Proprio sfruttando quel senso di colpa dell’Occidente, gli ebrei sionisti europei hanno potuto creare, ai danni di chi ci abitava, il loro stato coloniale para-europeo, un’Europa al di fuori dell’Europa, cacciando 700.000 persone dalle loro case di Giaffa, Haifa e altre città e regioni della Palestina storica, rubando loro terre, proprietà immobiliari e bancarie e distruggendo interi villaggi, sostituiti con insediamenti di coloni ebrei, provenienti da Polonia, Germania, Ucraina, Lituania, Romania e altri paesi dell’Europa Orientale.
Una tragedia che ha alimentato un
enorme egoismo presso buona parte della comunità ebraica perché non appena vengono denunciati i crimini
di Israele, si risponde tacciando di “anti-semitismo” chiunque osi
ricordarli. Come se la tragedia dei loro bisnonni, nonni e genitori assassinati
nei campi di sterminio nazisti, garantisse agli israeliani il diritto di godere
di una sorta di perenne impunità.
Una tragedia che ha coinvolto non solo il popolo palestinese – che subisce discriminazioni, soprusi, crudeltà gratuite, bombardamenti indiscriminati, eccidi, arresti arbitrati, bambini uccisi anche appena nati, picchiati a cinque anni e arrestati a dieci (tutto ciò all’interno di un brutale regime di apartheid) – ma tutto il Vicino Oriente; in particolar modo in Libano, il secondo paese, subito dopo la Palestina occupata, che ha pagato e continua a pagare duramente gli effetti della Nakba.
Lo scrittore inglese Robert Frisk
(1946-2020), che ha vissuto in Libano per quasi trent’anni, nel suo libro
“Libano, il Martirio di una Nazione” dove ha racchiuso la sua
esperienza di giornalista in Libano durante la Guerra Civile Libanese, ha fatto
risalire le cause del conflitto e l’inizio della tragedia del popolo
palestinese alla nascita di Israele. Frisk ha scritto chiaramente che in Libano
la pace è finita nel 1948 con la nascita dello Stato di Israele.
La massiccia presenza di
rifugiati palestinesi cacciati dai sionisti verso nord e dell’ OLP, rifugiatosi
in Libano dopo essere stato cacciato dalla Giordania, ha aggiunto benzina sul fuoco
a tensioni già presenti causate dal confessionalismo che alimentava a sua volta
il settarismo e le disparità sociali e politiche, tra cristiani, musulmani e
drusi.
La presenza armata dell’OLP ha
dato il pretesto a Israele per intervenire in Libano nel 1978 e nel 1982. L’aggressione
israeliana ha ovviamente provocato ulteriori distruzioni e spargimenti di
sangue in un paese già duramente provato dalla guerra civile, scoppiata nel
1975 a causa delle tensioni già
ricordate e terminata solo nel 1990.
Tutti ricordiamo il brutale
assedio di Beirut Ovest tra il giugno e l’agosto del 1982 e i feroci massacri
perpetrati dalle milizie falangiste e dall’esercito israeliano.
Chi ricorda tali brutalità nei
confronti dei palestinesi e dei libanesi durante le invasioni israeliane (che
da due divennero quattro, con quelle del 2006 e del 2024) viene tacciato di
anti-semitismo dai sionisti e dai filo-sionisti, di destra o di “sinistra”.
Bisognerebbe invece ricordare che
i semiti sono anche gli arabi trucidati da Israele, fondato sulla supremazia
religiosa esercitata di una buona parte di quella comunità di credenti, disgraziatamente
affetta da un anacronistico quanto deleterio messianismo e da un intollerabile razzismo.
I palestinesi, i libanesi e in
generale i popoli medio-orientali, come dicevo, stanno pagando questo prezzo a
causa dei sensi di colpa delle popolazioni occidentali per la tragedia della
Shoah; una strategia psicologica e mediatica che serve a coprire gli interessi
geopolitici occidentali in quell’area.
Oggi si celebra la Giornata della Memoria in modo ipocrita e a senso unico. Si arriva in diversi casi addirittura ad occultare, a causa della russofobia imperante in Occidente negli ultimi anni, che a liberare i prigionieri ebrei da Auschwitz, fu l’Armata Rossa.
Fonte foto: Avvenire (da Google)