Femminismi


Riceviamo e volentieri pubblichiamo:

Il liberismo è una forma di Totalitarismo che omologa e afferma la sua egemonia culturale mediante l’indottrinamento disciplinare. La libera discussione è ammessa solo se i contendenti sono all’interno della medesima prospettiva, che in tal modo diviene il plumbeo assoluto a cui ci si deve adeguare. Coloro che sono oltre il perimetro stabilito sono oggetto di “scomunica”.

La nuova religione del politicamente corretto uccide la dialettica con l’interdizione.  Il silenzio e l’ostracismo colpisce i dissenzienti o le posizioni ideologiche e politiche disorganiche al capitalismo. Il femminismo liberista è diventato l’arma con cui eliminare dall’orizzonte pubblico ogni discussione plurale sul femminismo. In media nel tempo del pensiero unico si pensa e si pratica solo il femminismo liberista, il quale è una forma di maschilismo anglosassone mascherato. Le donne sono riconosciute come “donne in carriera esattamente come gli uomini” e sono ipersessualizzate“ come il “maschio padrone capitalista”: sono libere di consumare relazioni e di far carriera. Il privato diviene la categoria unica che rinnega ogni forma di impegno sociale e trasforma i soggetti in individui in guerra per le proprie ambizioni. Il pubblico è solo un mezzo, la comunità è solo una parola per il marketing, mentre la famiglia è avversata, in quanto limite alla libertà.  Le differenze tra uomini e donne sono occultate in nome della sola carriera e della libertà erotica.

L’uguaglianza è riconoscimento delle differenze all’interno di un quadro giuridico e valoriale che riconosce la comune umanità-dignità di ogni essere umano. Senza uguaglianza-differenza l’individuo è spogliato della sua concretezza per diventare  soggetto astratto.

Il “femminismo” comunista-sovietico è stato ostracizzato ed è sconosciuto alla quasi totalità delle nuove generazioni, le quali in tal modo si modellano secondo le prescrizioni del capitalismo. Senza raffronti contrastivi non vi è senso critico, ma fatale accettazione del modello unico, per cui la libertà, dogma del capitalismo,  del liberismo-liberalismo è solo fenomeno, dietro il quale si cela il noumeno nella forma del Totalitarismo mascherato.

Lenin e la questione femminista

Lenin si interessò della questione femminile. Il comunismo è uguaglianza formale e sostanziale di tutti gli esseri umani. Clara Zetkin ha riportato in un breve testo la sua conversazione con Lenin su tale tematica.

Il comunismo sovietico operò un vero miracolo, le donne passarono da un sistema zarista-patriarcale all’uguaglianza reale. I passaggi rapidi sono irti di contraddizioni e se a queste si aggiunge che tale conquista fu effettuata mentre il comunismo sovietico era sotto attacco (Prima Guerra mondiale, Guerra civile e conflitto con la Polonia), ne possiamo comprendere il valore. Lo spirito del comunismo era più forte delle condizioni avverse in cui nasceva e si affermava. La conversazione riportata da Clara Zetkin conferma la rilevanza non contrattabile del principio di uguaglianza e dell’emancipazione femminile:

“Il compagno Lenin mi ha spesso parlato della questione femminile. Le riconosceva una grande importanza, poiché il movimento femminile era per lui parte costitutiva e, in certe condizioni, parte del movimento delle masse. È inutile dire che egli considerava la piena eguaglianza sociale della donna come un principio indiscutibile del comunismo[1]”.

La Rivoluzione bolscevica fu Rivoluzione universale, in quanto uomini e donne diedero il loro contributo e il loro sangue alla sua edificazione. Lenin dipinge con ammirazione il coraggio delle donne che marciarono assieme agli uomini per la giustizia e per l’uguaglianza.  Il nemico era l’ineguaglianza gerarchica rappresentata dallo zarismo e dal capitalismo occidentale, francese in particolare, che investiva in Russia per sfruttarne la forza lavoro. Le donne diedero prova di generosità e razionalità sociale in quanto lottarono per l’uguaglianza di tutti e non certo per i soli fini di genere:

“«Esatto, esattissimo — osservò Lenin con un leggero sorriso. — A Pietroburgo, a Mosca, nelle città e nei centri industriali, il comportamento delle donne proletarie durante la rivoluzione fu superbo. Senza di loro, molto probabilmente non avremmo vinto. Questa è la mia opinione. Di quale coraggio hanno dato prova, e quale coraggio mostrano ancora oggi! Immaginatevi tutte le sofferenze e le privazioni che sopportano… Ma resistono bene, non si piegano, perché difendono i soviet, perché vogliono la libertà e il comunismo. « Si, le nostre operaie sono magnifiche, sono delle vere combattenti di classe. Esse meritano la nostra ammirazione e il nostro affetto. «Ma non dovete dimenticare che persino le signore della “democrazia costituzionale” di Pietrogrado lottarono contro di noi con maggior coraggio degli allievi dell’Accademia militare[2]”.

L’uguaglianza e la libertà per il comunismo sovietico non possono che tradursi in impegno politico e sociale. Il potere è di tutti e questo implica la responsabile partecipazione alla vita sociale. Se ci si chiude nel privato si lascia spazio alle oligarchie e si diventa sudditi del sistema, poiché  la vita politica è gestita da un manipolo di uomini e di donne che servono fedelmente i poteri forti. Il comunismo è partecipazione, in questo modo si pone in atto la natura sociale e politica degli esseri umani. Chi partecipa alla vita politica non è suddito ma cittadino.

La libertà delle donne non può consistere nella ipersessualizzazione.  Secondo Lenin l’uguaglianza che si degrada a libero consumo di relazioni erotiche senza filtri etici e politici non può che portare al degrado della vita pubblica e politica. Se il consumare le relazioni diventa  naturale “come bere un bicchier d’acqua”, immagine perfetta per il nostro presente utilizzata da Lenin, l’esistenza è solo ripiegamento sul godimento del corpo. Le relazioni facili diseducano all’impegno politico e consolidano l’individualismo borghese. Il soggetto vive solo per il proprio piacere, le energie si dissipano in mille rivoli, la conseguenza è una sostanziale indifferenza verso il pubblico. L’uguaglianza comunista non è comparabile all’uguaglianza borghese e capitalista, la quale è solo pratica dei piaceri, è consumo senza etica politica e sociale. Lenin non fa il moralista, ma rende evidente una verità che nel tempo del capitalismo non è pensata: l’uguaglianza e la liberazione borghesi sono forme di depoliticizzazione dell’essere umano, degli uomini e delle donne.

Le energie erotiche devono essere sublimate nella partecipazione alla vita politica. La libertà è pratica sociale, pertanto la libera scelta degli affetti e dei piaceri dev’essere interna alla prassi della vita politica. Gli eccessi consumistici allontanano dalla vita pubblica e diseducano all’impegno. Le borghesie capitalistiche inneggiano a tale tipo di libertà, in quanto il potere non è così sottoposto a giudizio e valutazione onto-assiologica, perché si è presi dalla proprie “scelte private”. Libero è colui che contribuisce all’edificazione della società dell’uguaglianza e non subisce nessun tipo di sistema politico. L’uguaglianza borghese e sovietica non sono sovrapponibili come i rispettivi femminismi:

“«Nel suo nuovo atteggiamento nei riguardi delle questioni concernenti la vita sessuale, la gioventù si richiama naturalmente ai principi, alla teoria. Molti qualificano la loro posizione come “rivoluzionaria” e “comunista”. Essi credono sinceramente che sia così. A noi vecchi non ce la danno a intendere. Benché io non sia affatto un asceta malinconico, questa nuova vita sessuale della gioventù, e spesso anche degli adulti, mi appare molto spesso come del tutto borghese, come uno dei molteplici aspetti di un lupanare borghese. Tutto ciò non ha nulla a che vedere con la “libertà dell’amore”, cosi come noi comunisti la concepiamo. Voi conoscete senza dubbio la famosa teoria secondo la quale, nella società comunista, soddisfare i propri istinti sessuali e il proprio impulso amoroso è tanto semplice e tanto insignificante quanto bere un bicchier d’acqua. Questa teoria del “bicchier d’acqua” ha reso pazza la nostra gioventù, letteralmente pazza. « Essa è stata fatale a molti giovani e a molte ragazze. I suoi sostenitori affermano che è una teoria marxista. Bel marxismo quello per cui tutti i fenomeni e tutte le modificazioni. (…)Lenin si alzò bruscamente, batté la mano sul tavolo e fece qualche passo nella camera. «La rivoluzione esige concentrazione, tensione delle forze. Dalle masse e dagli individui. Essa non può tollerare stati orgiastici, del genere di quelli propri delle eroine e degli eroi decadenti di D’Annunzio. Gli eccessi nella vita sessuale sono un segno di decadenza borghese. Il proletariato è una classe che sale. Non ha bisogno di inebriarsi, di stordirsi, di eccitarsi. Non chiede di ubriacarsi né con eccessi sessuali né con alcool. Non deve dimenticare e non dimenticherà la bassezza, il fango e la barbarie del capitalismo. Attinge i suoi maggiori impulsi alla lotta dalla situazione della sua classe e dall’ideale comunista. Ciò che gli è necessario è la chiarezza ed ancora una volta la chiarezza. Così, lo ripeto, niente debolezza, niente sciupio o distruzione di forze. Dominarsi, disciplinare i propri atti non è schiavitù, neanche in amore. « Ma scusatemi, Clara, mi sono molto allontanato dal punto di partenza della nostra conversazione. Perché non mi avete richiamato all’ordine? Mi sono lasciato trasportare dalla foga. L’avvenire della nostra gioventù mi preoccupa molto. La gioventù è una parte della rivoluzione. Ora, se le influenze nocive della società borghese cominciano a raggiungere anche il mondo della rivoluzione, come le radici largamente ramificate di certe erbacce, è meglio reagire in tempo. Tanto più che tali questioni fanno anche parte del problema femminile.»[3]”.

Libertà e giustizia

La libertà e l’uguaglianza per il comunismo sovietico coniugano qualità e quantità. La libertà di scelta degli affetti e del lavoro devono assumere una rilevanza politica, in quanto la consapevolezza che la libertà individuale è legata in modo inevitabile alla libertà sociale,  deve condurre le donne ad essere parte attiva della “dittatura del proletariato”, che in quanto governo della maggioranza esige  la responsabile partecipazione di tutti coloro che si riconoscono nel progetto comunista. Senza lotta per i diritti sociali e per la corresponsabilità politica non vi è né libertà né uguaglianza:

“«Ciascuna di queste lotte ci schiera contro i rispettabili rapporti borghesi e i loro non meno rispettabili ammiratori riformisti, che noi costringeremo a lottare al nostro fianco, sotto la nostra bandiera, il che essi non vogliono, o denunceremo per quello che sono. In altri termini, la lotta mette in luce le differenze tra noi e gli altri partiti, mette in luce il nostro comunismo. Ci assicura la fiducia delle masse femminili che si sentono sfruttate, asservite, oppresse dall’uomo, dal datore di lavoro, da rutta la società borghese. Tradite e abbandonate da tutti, le lavoratrici riconosceranno che devono lottare al nostro fianco. Occorre che vi ricordi di nuovo che le lotte per le nostre rivendicazioni a favore delle donne devono essere legate alla finalità di impadronirsi del potere e di realizzare la dittatura del proletariato? Questo è oggi il nostro obiettivo fondamentale. Ma non basta semplicemente formularlo di continuo, come se suonassimo le trombe di Gerico, perché le donne si sentano attratte irresistibilmente alla nostra lotta per il potere statale. No, no! Le donne devono acquistare coscienza del legame politico che esiste tra le nostre rivendicazioni e le loro sofferenze, i loro bisogni, le loro aspirazioni. Devono comprendere quello che vuol dire per loro la dittatura del proletariato: completa eguaglianza con l’uomo di fronte alla legge e nella pratica, nella famiglia, nello Stato, nella società; la fine del potere della borghesia.»[4].

L’uguaglianza per Lenin è lotta e non certo conservazione, è conquista condivisa del potere e non certo esaltazione dell’individua solo al comando. Lenin rovescia i dogmi su cui si fonda l’attuale retorica dell’uguaglianza, pertanto in questo momento storico in cui il liberismo “sembra essere totalità senza possibilità altra”, necessitiamo di far circolare altre prospettive in modo da favorire il dibattito sociale e politico e uscire dalla totalità decadente del monopensiero-monopartito.

Clara Zetkin

Clara Zetkin[5] è un nome dimenticato nella storia delle donne, in quanto il suo femminismo comunista e antimilitarista è a dir poco disorganico con il femminismo liberista.  Fu indomita fino alla morte. Non vittima ma eroina antifascista. Presidentessa del Reichstag per anzianità invitò alla ribellione contro il nazismo nel 1932, fu esiliata in Unione Sovietica nel 1933 dove morì nello stesso anno. Necessitiamo di ricordare queste figure semi-eroiche per comprendere la decadenza del presente e per ricostruire il comunismo dialettico e universale. La storia è  lo spazio-tempo in cui siamo chiamati a diventare umani nella lotta contro le ingiustizie. Giustizia e libertà non disgiungibili, ma l’uno è nullo senza l’altro. Il comunismo è giustizia nella libertà. Quest’ultima è concretezza universale, poiché è identità riconosciuta nella sua natura universale incarnata nella differenza.

Le parole di Clara Zetkin sono l’espressione compiuta del comunismo quale visione politica universale che allora come oggi può attrarre persone e strati sociali differenti, in quanto il bisogno di giustizia è iscritto nella nobile natura umana che il capitalismo riduce a fanghiglia da cui trarre plusvalore e morte o a bastone da usare e abbandonare:

“Non dobbiamo limitarci a lottare con e per le masse con il nostro programma politico ed economico, vero è che le esigenze politiche ed economiche prevalgono. Ma come offrire alle masse qualcosa di più della semplice difesa del loro pane? Dobbiamo portare loro allo stesso tempo tutta la nobile sostanza interiore del comunismo come visione del mondo. Se ciò avverrà, il nostro movimento affonderà le radici in tutti gli strati sociali, e soprattutto tra gli intellettuali borghesi che i recenti sviluppi storici hanno reso insicuri nel loro pensiero e nei loro sforzi, che hanno perso la loro vecchia visione del mondo senza essere in grado di trovarne una nuova nel mondo e nelle turbolenze di questi tempi. Assicuriamoci che questi cercatori non si smarriscano[6]”.

Dobbiamo prendere atto che solo l’impegno quotidiano a diffondere un’altra verità può portare alla riorganizzazione dell’alternativa politica. Nulla avviene in modo fatale, ma solo le nostre coscienze possono rimettere in moto la storia.


[1]Lenin e il Movimento Femminile Clara Zetkin (1925), Trascritto da Stella Rossa, Aprile 2008

[2] Ibidem

[3] Ibidem

[4] Ibidem

[5]Clara EissnerZetkin (Wiederau, 5 luglio1857 – Archangel’skoe20 giugno1933) è stata una politica e femminista tedesca.

[6] Clara EissnerZetkin, Battagliero fascismo, come lottare e come vincere, Haymarket Books PO

Box 180165 Chicago, 2017 capitolo: Alle Masse!

Fonte foto: da Google

3 commenti per “Femminismi

  1. Giulio larosa
    27 Giugno 2024 at 7:25

    Il materialismo di Vladimir Illic è ascesi, quello di Vladimir Luxuria è degrado. Eroi da una parte servi dall altra. Siamo su opposte barricate.

    • Giulio Bonali
      27 Giugno 2024 at 15:06

      Vladimir -absit iniuria verbis- Luxuria, proprio come Lenin -absit iniuria verbis- Moreno.
      So, anche per esperienza personale, che spesso dare ai figli, con le migliori intenzioni, nomi di ottimi rivoluzionari e in generale di grandi uomini può portare sfiga.
      Non che mio figlio Salvador Allende Bonali -sono diventato comunista grazie anche e soprattutto alla formidabile esperienza cilena di Unidad Popular- sia paragonabile a simili spregevoli personaggi, per fortuna, ma qualche non irrilevante delusione me l’ ha data; se tornasi indietro gli darei un nome più “neutro” (non come genere grammaticale e men che meno sesso, ovviamente).

  2. Giulio Bonali
    27 Giugno 2024 at 14:57

    Non capisco il motivo dell’ insolita (per questo autore) precisazione “riceviamo e volentieri pubblichiamo”, che sembra una qualche forma di presa di distanza da questo ottimo scritto.
    Che invece personalmente (per quel pochissimo o niente che può contare la mia modesta opinione) trovo chiarissimo circa questa questione, spesso male trattata e ideologicamente stravolta in senso reazionario, e condivisibilissimo (mentre non sono stati “ricevuti e volentieri pubblicati” altri articoli dello stesso interessantissimo autore, circa i quali personalmente ho qualche riserva, come é peraltro ovvio e assolutamente fisiologico fra compagni).

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