Il cancelliere austriaco Schallenberg ha citato Papa Francesco che ha definito la vaccinazione un atto d’amore per giustificare le nuove restrizioni per i non vaccinati. Papa Bergoglio si è sempre schierato con le vaccinazioni, mostrando che la nuova chiesa francescana vive all’ombra dei nuovi poteri globali. Atto d’amore non è schierarsi contro, atto d’amore è creare le condizioni per una feconda dialettica che possa chiarire dubbi e incertezze, ma la chiesa tace, e dunque sostiene il nuovo ordine mondiale. L’amore è forza creativa, pertanto non è mai unidirezionale, ma contempla le infinite potenzialità-possibilità nella soluzione di crisi e nelle tragedie storiche. Dopo due anni appiattirsi sulle sole vaccinazioni non avvicina i fedeli alla chiesa e i dubbiosi alla scienza, anzi l’associazione chiesa-scienza è piuttosto inquietante, comunica l’impressione che il pensiero unico incombe sui popoli e ne determina il destino. La pluralità di prospettive si degrada con tale alleanza a pensiero unico. Dalla chiesa di Bergoglio ci attenderemmo parole di conforto per i più deboli che in questo momento sono i dubbiosi, i sopravvissuti agli effetti avversi e coloro che per motivi personali e di salute non possono vaccinarsi e sono guardati con sospetto. La chiesa bergogliana è entrata a gamba tesa nella tifoseria da stadio che vede contrapposte due squadre: vaccinati contro non vaccinati, ciò contribuisce ad aumentare con la tensione la conservazione dello stato presente. Dobbiamo rifiutare tale sterile contrapposizione costruita dal circo mediatico, per comprendere collettivamente la lo stato presente. Nei periodi difficili si svela la verità della storia in cui si è implicati, si hanno maggiori “opportunità” per comprendere le strutture di potere con la loro prassi. Chiesa, scienza e oligarchie transnazionali sono il corpo unico che guidano i popoli verso la precarizzazione, il dogmatismo e la divisione orizzontale con cui non si vuol far scorgere l’evidenza in cui siamo situati. L’egemonia culturale dei nuovi padroni ha trovato nella chiesa una nuova stampella, certo il gregge della chiesa di Bergoglio è sempre più piccolo, ma le sue parole sono usate a livello nazionale e globale per giustificare l’azione divisoria del potere-dominio. La chiesa di Bergoglio dovrebbe dare la voce agli esclusi: ai popoli senza strutture sanitarie come a coloro che dubitano, invece è schierata con il silenzio e il dominio pur presentandosi come francescana e povera. L’egemonia culturale usa più linguaggi per giungere allo stesso risultato; i sudditi devono essere capaci di decodificare i linguaggi che piovono sulle loro teste, ma fino a quando le domande non saranno permesse i dubbi non potranno che aumentare. La parola egemonia deriva dal greco hegéomai, significa precedere, guidare, condurre in ambito guerresco, pertanto la chiesa bergogliana ha rinunciato alla funzione del buon pastore che cerca tutte le pecore per dare ad esse valore, per schierarsi con i cattivi pastori dell’egemonia culturale che conducono i popoli passivamente verso obiettivi prestabiliti. Hegel ci ha insegnato che la verità è la totalità, pertanto la verità è la parola di tutti che deve attivarsi, non per una sterile contrapposizione, ma affinché l’ascolto sia foriero di consapevolezza e speranza di nuove soluzioni in una contingenza tragica e fluida. Bisogna forare l’egemonia culturale guerresca con la parola, il livello zero da cui iniziare è constatare che se le istituzioni diventano un corpo unico come i partiti ciò non rassicura, ma inquieta, in quanto il pensiero unico è sempre vissuto come rassicurante in un primo momento, ma con la sedimentazione nel tempo delle parole ripetute come slogan crea le condizioni per la sfiducia e il sospetto. All’egemonia culturale si deve contrapporre la forza del concetto per creare maglie dialettiche che possano rispondere alle logiche del dominio che vorrebbero toglierci con le domande l’iniziativa politica e la prassi. Al dominio si deve rispondere con la riattivazione dell’egemonia culturale gramsciana che può condurre a uscire dalla caverna platonica in cui siamo. Essa conduce fuori dagli automatismi linguistici e dalle azioni ripetute senza concetto per restituire la categoria di libertà nella storia contro la necessità che incombe e che chiede un vile atto di fede senza parola e logos. Dobbiamo imparare ad essere disorganici al potere per rimettere in cammino la storia, l’alternativa è il virus della passione triste inoculato dai poteri globali divenuti indistinguibili.