Riceviamo e volentieri pubblichiamo:
Nell’antico Han Shu (biografia della storia dinastica degli Han che ha regnato tra il 206 a.C.al 25 d.C.) l’azione del funzionario Yin Wenggui (尹翁歸) è sintetizzata nel detto “杀一儆百” (Colpirne uno per educarne cento).
杀 (sha): uccidere, distruggere
一 (yi): uno
儆 (jing): ammonire, avvisare
百 (bai): cento
Il motto nella cultura orientale non ha nulla di inquietante, poiché il funzionario Yin Wenggui integerrimo con un raro senso della giustizia ed un forte intento pedagogico colpiva chi commetteva ingiustizia in modo da educare coloro che vivevano nell’ingiustizia. Il detto descrive l’agire del buon governo. I carnefici erano avvisati, l’ingiustizia non restava impunita, ma la giustizia li avrebbe raggiunti. Si anticipa nel testo l’associazione tra delitto e pena come del resto farà Cesare Beccaria in Dei delitti e delle pene nel 1764. Il detto sarà usato da Mao Zedong e dalle Guardie rosse durante la rivoluzione culturale e in seguito dalle Brigate Rosse, le quali il 3 marzo 1972 fotografarono l’ingegnere Idalgo Macchiarini, dirigente della Sit-Siemens, con un cartello al collo sul quale era scritto “Mordi e fuggi. Niente resterà impunito. Colpiscine uno per educarne cento. Tutto il potere al popolo armato!”.
Lo stesso detto è stato risemantizzato nel tempo con finalità disparate e tradendo l’intento originario.
Colpire per dominare
La condizione pandemica rischia di far emergere la conflittualità sociale, la globalizzazione è agente di squilibri sociali e pertanto nessun dominio può vivere nella certezza della propria stabilità. La globalizzazione consente a virus, merci e ricchezze di transitare con velocità immensa da un continente all’altro, si regge sulla velocità e sugli scambi. Tale condizione la rende fragile, in quanto la complessità in movimento è ingovernabile, le variabili non sono “profetizzabili”, sfuggono alle previsioni dei potenti e delle oligarchie, anche quando, le utilizzano per la loro stabilità. Il detto dell’antico Han Shu, può essere utilizzato in questa circostanza per capire il potere e ipotizzare le sue azioni, le quali non sono mai neutre. In questi giorni i sindacati dopo aver taciuto, mentre il governo annunciava prima e metteva in atto dopo “l’obbligo vaccinale” per i docenti, discutono “con scandalo” del provvedimento che di fatto costringe i docenti renitenti alla vaccinazione senza assumersi la responsabilità dell’obbligo con una legge che possa risarcire coloro che potrebbero subire effetti infausti dalla vaccinazione, casi rari, ma possibili. I sindacati non difendono i lavoratori in un momento di fragilità. Si ricatta con la fame, con la sospensione dello stipendio, ma se si hanno problemi di natura fisica causati dal vaccino “è stata libera scelta”, pertanto non vi è risarcimento. Il detto può essere nuovamente risemantizzato per comprendere l’azione del potere, si colpisce una minoranza (15% tra docenti ed Ata del personale scolastico) per educare tutti. Il trattamento che ha subito una categoria abbandonata da sindacati e cittadini serve, probabilmente, per mostrare alle altre categorie che qualora l’obbligo di fatto venga esteso subiranno lo stesso trattamento e si verifica la reazione dei cittadini. I docenti sono deboli e divisi, pertanto colpire una categoria che nell’immaginario è privilegiata non suscita scandalo, ma nel contempo è una sollecitazione ad ogni categoria alla vaccinazione di Stato. Potenza ed impotenza si toccano, si scambiano in un gioco di chiaroscuri: la potenza del governo che schiaccia i più deboli mostra la sua impotenza, poiché i renitenti hanno resistito fino ad ora, ed il potere mostra di essere “dominio”, palesa il suo vero volto, mentre partiti e movimenti di opposizione dimostrano di essere parte integrante del sistema. Il potere mostra la sua verità, poiché denuncia se stesso con le sue dinamiche. Inquieta in una democrazia l’assenza di opposizione e ciò riguarda tutti. La destra e la sinistra sono intercambiabili, omologate al punto da mettere in pericolo la sostanza etica e giuridica della democrazia. Vi è democrazia dove vi è libertà di scelta, ovvero se i soggetti hanno informazioni e specialmente possono scegliere senza essere ricattati. Una scelta effettuata sotto ricatto non è libera ma è violenza. Si è oggetto di decisione e non soggetto attivo e critico, non a caso nel primo articolo della Costituzione si legge:
“L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione”.
Nessuna libertà può essere assoluta, ma una democrazia vera e profonda pone le condizioni per una libera scelta nel rispetto delle condizioni contingenti, ma quando si agisce di imperio in tempi ridottissimi con il ricatto della fame non è democrazia bisogna prenderne atto, e ciò non riguarda solo la categoria investita in pieno agosto da tale provvedimento, ma tutta la popolazione, perché ciò che accade ad un cittadino potrà accadere ad altri e ciò è un dato che riguarda il popolo sovrano. La democrazia è viva, se ogni cittadino è parte di un corpo unico, se le soluzioni sono condivise e sono rispettose delle differenze.
Fonte foto: Sempione News (da Google)