Riceviamo e volentieri pubblichiamo:
L’articolo di Sandro Valentini pubblicato una settimana fa https://www.linterferenza.info/contributi/unazione-politica-adeguata-alla-nuova-fase-politica-discutiamone/ apre una discussione importantissima fra i marxisti italiani sul che fare. Io mi sento in totale sintonia con le sue riflessioni, sia sugli accenni di riflessione teorica e strategica, sia sugli accenni sul che fare qui ed ora.
Il conflitto in corso in Ucraina che fra qualche giorno compie due anni dal suo inizio non è una guerra locale, sia pure nel cuore dell’Europa, come lo è stata la guerra della Nato alla Serbia del 1998, ma è l’inizio di una guerra mondiale dell’imperialismo americano contro la Russia e la Cina, “una guerra a pezzi” come spesso l’ha definita il Papa, a cui negli ultimi mesi si è aggiunto un altro pezzo nel Medio Oriente. Il passaggio da un mondo unipolare dominato dagli Usa e dal dollaro ad un mondo multipolare è la po sta in gioco di quest guerra e quindi non è e non sarà un pranzo di gala, parafrasando Mao per la rivoluzione. Questa in corso nel mondo è infatti una rivoluzione, una rivoluzione mondiale, un passaggio epocale, dopo di che tutto ne uscirà cambiato.
Chi vive dentro le fasi storiche di cambiamento non ne è mai pienamente consapevole. Noi non siamo pienamente consapevoli del fatto che stiamo vivendo una fase storica di cambiamento epocale, rivoluzionario, del mondo, una delle fasi più rivoluzionarie della storia dell’umanità. Un cambiamento di doppia grandezza e importanza. Non solo la fine dell’egemonia unipolare americana (che è durata tre quarti del secolo scorso), ma anche la fine dell’egemonia occidentale, di quel piccolo gruppo di paesi europei o di derivazione europea che per molti secoli di colonialismo ha oppresso, sfruttato, saccheggiato, reso in schiavitù il mondo intero, rapinando a mano armata materie prime e forza lavoro a bassissimo costo, portando alla schiavitù, alla povertà assoluta, al sottosviluppo, alla morte per fame e malattie, a guerre permanenti e a ferocissime dittature militari interi continenti come l’Asia, l’Africa e l’America Latina, e contemporaneamente portando all’iper-sviluppo e alla ricchezza sfrenata una piccola minoranza del mondo, con le conseguenze ambientali disastrose per il mondo intero che conosciamo. Questo è il cambiamento più grande, epocale, secolare e rivoluzionario in cui siamo immersi. La connessione fra i paesi del Sud del mondo, che rappresentano la stragrande maggioranza dell’umanità, e la forza economica, politica e militare di paesi come la Cina e la Russia ci spiega meglio di ogni altra cosa il passaggio di fase storica che stiamo vivendo, e perché l’imperialismo americano e occidentale reagisca così male. Un cambiamento di queste dimensioni purtroppo non sarà indolore, perché chi ha detenuto per secoli così tanti e grandi privilegi non li cederà pacificamente. Quelle che viviamo oggi sono le prime doglie di un parto lungo, doloroso e difficile. Assisteremo, o assisteranno i nostri figli e nipoti a reazioni e sommovimenti molto forti e inediti, ad altre guerre e violenze inaudite. E dovremo auspicare che i paesi che saranno il mondo del futuro siano così saggi da produrre e gestire il cambiamento evitando una terza guerra mondiale con l’utilizzo delle armi di distruzione di massa da cui non ci sarebbero né vinti né vincitori.
Dobbiamo considerarci fortunati perché stiamo assistendo a una rivoluzione antimperialista mondiale e al mondo nuovo che sta sorgendo.
Certo, la narrazione mass-mediatica continua a contrapporre l’Occidente – guidato dalla difesa dei diritti civili, dalla “democrazia”, dall’umanitarismo – al rimanente mondo non-occidentale: oscuro, autoritario, oppressivo, arretrato. Ora sappiamo tutti che la storia, ormai, non la studia davvero più nessuno e che essa è stata sostituita dall’opinione volante dell’ultimo tiggì. E tuttavia, anche per il nostro stesso bene, sarebbe il caso che noi occidentali capissimo una cosa. L’Occidente moderno è la società più aggressiva della storia. Nessuna civiltà nella storia è stata maggiormente votata all’espansionismo, alla conquista militare e allo sfruttamento sistematico degli altri popoli della civiltà occidentale moderna e in particolare della sua recente versione “liberale”. L’abbiamo tinteggiata di volta in volta come evangelizzazione dei pagani, come civilizzazione dei primitivi, come emancipazione delle razze inferiori, come esportazione della democrazia, ma il punto di fondo è e rimane questo: l’Occidente ha invaso, conquistato militarmente, colonizzato, sfruttato economicamente e infine bombardato a piacimento tutto il resto del mondo.
Abbiamo gente che parla inglese in Oceania e America del Nord, spagnolo e portoghese nell’America del Sud, gente che parla francese in mezza Africa e gente che parla olandese o derivati in Suriname, Sudafrica e Namibia, perché i proverbiali difensori occidentali dell’umanità e della civiltà hanno massacrato senza pietà chiunque altro ad ogni latitudine, portandogli via la terra, i beni e la cultura. Per un’istruttiva comparazione con quelli che per noi sono i cattivi e i barbari: il russo si parla solo in Russia e confinanti; il cinese solo in Cina e prossimità; il persiano in Iran e dintorni, l’Hindi in India, a fianco dell’inglese.
L’Occidente colonialista, schiavista, assassino, sfruttatore, rapinatore, fascista e guerrafondaio è finito per sempre. Scribacchini prezzolati e commentatori televisivi ignoranti o in mala fede se ne facciano una ragione. Si va verso un mondo multipolare, nel quale tutti i Paesi e tutti i continenti avranno pari peso e dignità. E il destino dell’umanità sarà deciso da tutti, non da una minoranza del 10% di suprematisti bianchi euro-atlantici, che pensano di essere depositari del diritto di dominare il mondo. La Russia di Putin sta facendo da apripista al nuovo mondo che avanza.
In questa incomprensione del colonialismo e dell’imperialismo c’è anche la causa di fondo della nostra crisi. Intendo della crisi del marxismo e delle sinistre occidentali. Non è solo l’errore di Berlinguer che considerava possibile la rivoluzione nei punti alti dello sviluppo capitalistico, rivoluzione che poi si trasformò inevitabilmente nell’ingresso nella stanza dei bottoni. L’errore è molto più di fondo e coinvolge tutti i partiti comunisti europei, eucomunisti e non. Coinvolge meno il Pc portoghese perché la sua rivoluzione (dei garofani) avviene in corrispondenza della liberazione delle colonie portoghesi dal gioco coloniale.
Lo storico ed economista Hosea Jaffe denunciava (Abbandonare l’imperialismo, 2008), il più grande «abbandono» della storia dell’umanità, il «terzo mondo» abbandonato dall’imperialismo del «primo mondo», ma anche dal marxismo occidentale. Quest’ultimo, avendo amputato il capitalismo del suo carattere imperialistico, meritava l’appellativo di «eurocentrico e americanocentrico» e convinceva Jaffe a guardare alla Cina, il paese che ha realizzato la più grande rivoluzione anticoloniale della storia, e alla sua economia «anti-imperialista in sé e nei suoi effetti» quali possibili sostegni di una storia rivoluzionaria alternativa dei paesi anti-imperialisti.
L’unico studioso italiano che ha analizzato e ha ben sistematizzato questa divaricazione fra marxismo occidentale e marxismo mondiale antimperialista è Domenico Losurdo in un libro del 2017 (Il Marxismo occidentale. Come nacque, come morì, come può rinascere). Losurdo va ancora più a fondo nell’analisi e risale alla rimozione da parte del marxismo occidentale della questione coloniale.
È il comunismo bolscevico, con la sua condanna della guerra, come guerra imperialista delle grandi potenze per la conquista delle colonie e per il dominio del mercato mondiale a farsi portavoce della liberazione di questa parte dell’umanità.
È Lenin a rompere con questo marxismo occidentale, elaborando la nozione dell’imperialismo (non presente neanche in Marx e Engels) e della rottura rivoluzionaria nell’anello debole della catena imperialista che ruppe con il marxismo ortodosso di allora che considerava possibile, sottovalutando la questione coloniale e l’imperialismo, la rivoluzione solo nei punti alti dello sviluppo capitalistico e dunque non in Russia, marxismo ortodosso che finì in gran parte ad aderire alla guerra imperialista.
«Il capitalismo si è trasformato in sistema mondiale di oppressione coloniale e di strangolamento finanziario della schiacciante maggioranza della popolazione del mondo da parte di un pugno di paesi “progrediti”. E la spartizione del “bottino” ha luogo fra due o tre predoni (Inghilterra, America, Giappone) di potenza mondiale, armati da capo a piedi, che coinvolgono nella loro guerra, per la spartizione del loro bottino, il mondo intero».
Questo scriveva Lenin nel 1916 nel saggio L’imperialismo, fase suprema del capitalismo. Se non si tiene sempre presente questo concetto non si riesce a capire il mondo di oggi, né il fenomeno dell’immigrazione dai paesi poveri perché depredati (e bene che vada si aderisce alle impostazioni caritatevoli). né il fatto che la lotta di classe si è spostata dalle singole nazioni al piano internazionale e che lo scontro mondiale fra l’imperialismo euro-atlantico e il resto del mondo guidato da Russia e Cina non è geopolitica ma è lotta di classe nell’epoca dell’imperialismo.
Un nuovo mondo sta nascendo sotto i nostri occhi.
Cosa possiamo fare noi in Occidente e in particolare in Italia, oltre che “fare il tifo” per il nuovo mondo, aiutare questo processo mondiale ? Possiamo fare poco, il contributo maggiore lo daranno la Russia, la Cina e i paesi del mondo che stanno aderendo al Brics. Tuttavia quel poco facciamolo !
Se è vero che non ci sono a breve le condizioni oggettive e soggettive per la costruzione di un partito comunista cioè un partito che guidi alla rivoluzione socialista, anche perché non ci sono ancora le condizioni oggettive nel nostro paese per un capovolgimento rivoluzionario della pessima situazione, è altresì innegabile che ci siano le condizioni o se ne stanno determinando a breve per la costruzione di una forza di massa anti-liberista e anti-imperialista di fatto. A ciò possiamo e dobbimo contribuire. Sapendo però alcune cose. Una forza alternativa per essere di massa non può essere di sinistra. Oggi in Italia la parola stessa “sinistra” – per cause che qui sarebbe lungo descrivere – ha perso ogni significato. In Italia, a differenza della Francia, della Spagna e della Germania, se non c’è un soggetto esterno alla sinistra storica che trascini con sé gli spezzoni residui e divisi di vera sinistra rimasti, non riusciremo a occupare quanto meno parti rilevanti dello spazio enorme che si è creato fra la sfiducia nella politica (l’astensionismo è arrivato al 50%) e la paura della guerra e delle sue conseguenze economiche.
E questa forza in grado di catalizzare un polo alternativo con un consenso di massa e capace di una mobilitazione sociale permanente è, nolenti o volenti, il M5stelle.
Vedo che Santoro proprio in questi giorni ha coraggiosamente manifestato l’intenzione di presentare una lista della pace alle prossime elezioni europee. È molto apprezzabile questo tentativo. Tuttavia non si può mettere sullo stesso piano, come se fossero tutti guerrafondai, tutte le forze politiche presenti in parlamento. Ci sarà o no una grande diversità del M5Stelle quando Conte ribadisce che non può fare un’alleanza col PD perché è un partito “bellicista” ? Finalmente una sacrosanta verità ! Io penso che alle prossime elezioni europee sarebbe meglio presentare liste del M5Stelle aperte a tutti i pacifisti e antimperialisti disponibili, piuttosto che una lista in concorrenza elettorale col M5stelle, con il rischio, per le liste minori di non raggiungere il quorum, e per il M5stelle di perdere voti. Questo potrebbe, peraltro, prefigurare la costruzione di un terzo polo alternativo ai due poli euro-atlantici, centro-sinistra e centro-destra, entrambi subalterni agli Usa e alla Nato, al liberismo e al grande capitale finanziario. A ciò dovremmo finalizzare tutti i nostri sforzi, dovunque fossimo oggi collocati.
Fonte foto: Arianna editrice (da Google)